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Meloni di Visegrád

Luciano Capone

Perché la posizione filo Orbán della leader di FdI, in difesa del veto di Polonia e Ungheria sul Recovery fund e contro il rispetto dello stato di diritto, è anti italiana e anti europea

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Possibile che Giorgia Meloni sia più nazionalista ungherese dei nazionalisti ungheresi? La leader di Fratelli d’Italia ha difeso attraverso i social network la decisione dei governi di Polonia e Ungheria di mettere il veto al pacchetto di bilancio dell’Unione europea da oltre 1.800 miliardi di euro, bloccando così sia il quadro finanziario pluriennale dell’Ue (il bilancio 2021-27 da 1.076 miliardi) sia il Recovery fund da 750 miliardi per affrontare la pandemia. Il motivo dell’opposizione dei due paesi dell’est Europa sono le condizionalità sullo stato di diritto previste dall’accordo tra Parlamento europeo e presidenza tedesca dell’Ue. Ovvero un meccanismo a garanzia dei princìpi e degli interessi dei cittadini europei.

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Possibile che Giorgia Meloni sia più nazionalista ungherese dei nazionalisti ungheresi? La leader di Fratelli d’Italia ha difeso attraverso i social network la decisione dei governi di Polonia e Ungheria di mettere il veto al pacchetto di bilancio dell’Unione europea da oltre 1.800 miliardi di euro, bloccando così sia il quadro finanziario pluriennale dell’Ue (il bilancio 2021-27 da 1.076 miliardi) sia il Recovery fund da 750 miliardi per affrontare la pandemia. Il motivo dell’opposizione dei due paesi dell’est Europa sono le condizionalità sullo stato di diritto previste dall’accordo tra Parlamento europeo e presidenza tedesca dell’Ue. Ovvero un meccanismo a garanzia dei princìpi e degli interessi dei cittadini europei.

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Secondo la Meloni lo stato di diritto, e cioè i princìpi contenuti all’art. 2 del Trattato sull’Unione europea, è solo un pretesto: “I soliti noti dell’eurosistema – scrive – vogliono vigliaccamente utilizzare i soldi del Recovery fund per piegare quelle nazioni, come Polonia e Ungheria, che vogliono difendere le radici classiche e cristiane d’Europa e i propri confini dall’immigrazione illegale di massa. ‘Se non accettate la clausola dello stato di diritto (cioè cedere la propria sovranità all’eurosistema) niente soldi per combattere il Covid’. Quanto fa schifo questo ricatto? Al momento Polonia e Ungheria hanno risposto come era facile prevedere: non si sono piegati e hanno posto il veto sul bilancio Ue”.

 

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Non c’è una parola vera nella dichiarazione della Meloni: non è affatto vero che il rispetto dello stato di diritto, secondo il regolamento a protezione del bilancio europeo, preveda la rinuncia alle “radici classiche e cristiane” oppure l’apertura all’“immigrazione illegale di massa”. Le condizionalità che definiscono la violazione dello stato di diritto sono fondamentalmente tre: compromettere l’indipendenza della magistratura, non punire gli abusi di potere o i conflitti d’interesse (ad esempio nell'erogazione dei fondi europei), limitare o impedire la punizione delle violazioni di legge. Sebbene il governo ungherese attraverso il ministro della Giustizia Judit Varga e la stessa Meloni abbiano paragonato l’Unione europea all’Unione sovietica per questi paletti, si tratta di regole e princìpi su cui si basano gli stati democratici e che sono vincolanti in quanto scritti nei Trattati europei. E, a voler essere precisi, sono proprio quei princìpi calpestati dai regimi comunisti dell’est. La Meloni ribalta la realtà anche quando in questo conflitto attribuisce il “ricatto” all’Europa, quando è evidente che sia il contrario. Sono Ungheria e Polonia a tenere, attraverso il veto, sotto ricatto l’Europa costringendola a scegliere tra il rispetto dello stato di diritto e la reattività nella risposta all’emergenza economica dovuta al Covid: se non togliete la clausola dello stato di diritto niente soldi per combattere il Covid.

 

Ungheria e Polonia – su questa strada non seguite neppure dagli altri paesi del gruppo di Visegrád – usano il ricatto del veto anche a costo di penalizzare i propri cittadini. Come ricorda David Carretta nella newsletter Europa Ore 7, i due paesi sono tra i grandi beneficiari del bilancio Ue e del Recovery fund: nel 2018 Varsavia ha ricevuto 16,3 miliardi (3,4% del pil) e con il Recovery fund la Polonia dovrebbe ricevere più di 27 miliardi aggiuntivi in sei anni; mentre Budapest ha ricevuto 6,3 miliardi dal bilancio Ue (5& del pil) e con il Recovery fund arriveranno altri 7,5 miliardi (primo beneficiario pro capite).

 

Ciò che preoccupa Viktor Orbán, come ricordava Micol Flammini sul Foglio, sono i controlli su come vengono spesi i fondi europei che arrivano in gran quantità a famigliari e imprenditori vicini al suo partito Fidesz. Non è un caso se persino i nazionalisti ungheresi di Jobbik, all’opposizione di Orbán perché più a estrema destra di lui, condannano “il governo di Orbán che pone il proprio interesse di potere prima degli interessi economici del paese”. Il problema non è tanto che la Meloni si senta più nazionalista ungherese degli ultranazionalisti di Jobbik, ma che in questo modo danneggia gli interessi nazionali italiani. Due volte. Prima perché giustifica la minaccia di chi ritarda l’erogazione dei fondi del Recovery che servono all’economia italiana per affrontare la crisi pandemica, e poi perché difende chi non vuol rendere conto di come vengono spesi (o sperperati) i soldi europei pagati anche dai contribuenti italiani.

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