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Oltre i contagi c'è di più

Le due velocità dell’Italia pandemica

C’è un paese che non litiga e si occupa di produrre risultati e c’è un paese che litiga e non riesce a far tesoro delle sue circolari (occhio all’11/8). La carezza di Mattarella alla scienza italiana è uno schiaffo alla politica incapace di imparare dai propri errori

Claudio Cerasa

Rispetto ai prossimi mesi il problema vero non ha a che fare con la possibilità o meno che gli italiani continuino a essere responsabili (lo saranno) ma ha a che fare con la possibilità o meno che governo e opposizione sappiano imparare dagli errori commessi

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Sergio Mattarella non l’ha detto in modo esplicito, ma nel bellissimo discorso pronunciato ieri mattina al Quirinale, in occasione della cerimonia di celebrazione dei “giorni della ricerca”, il presidente della Repubblica è come se avesse gentilmente invitato la classe politica italiana a mettere da parte le scemenze, ad archiviare i litigi e a imparare a vivere nella pandemia traendo qualche lezione utile da ciò che ogni giorno in Italia ci mostra il mondo della scienza. “In questa emergenza mondiale – ha detto – è bene che le squadre non competano tra loro, ma si propongano di dialogare, scambiandosi intuizioni, informazioni, studi, come la scienza tende sempre a fare. E’ tempo di collaborazione e di alleanze globali, non di barriere e di egoismi. Si devono condividere impegni e conoscenze come si condivide la sofferenza e la responsabilità. I ricercatori italiani stanno facendo valere le loro qualità, e questo è motivo di orgoglio per il nostro paese”.

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Sergio Mattarella non l’ha detto in modo esplicito, ma nel bellissimo discorso pronunciato ieri mattina al Quirinale, in occasione della cerimonia di celebrazione dei “giorni della ricerca”, il presidente della Repubblica è come se avesse gentilmente invitato la classe politica italiana a mettere da parte le scemenze, ad archiviare i litigi e a imparare a vivere nella pandemia traendo qualche lezione utile da ciò che ogni giorno in Italia ci mostra il mondo della scienza. “In questa emergenza mondiale – ha detto – è bene che le squadre non competano tra loro, ma si propongano di dialogare, scambiandosi intuizioni, informazioni, studi, come la scienza tende sempre a fare. E’ tempo di collaborazione e di alleanze globali, non di barriere e di egoismi. Si devono condividere impegni e conoscenze come si condivide la sofferenza e la responsabilità. I ricercatori italiani stanno facendo valere le loro qualità, e questo è motivo di orgoglio per il nostro paese”.

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Cercare un qualche elemento positivo all’interno di un momento negativo è solo in apparenza un’operazione spericolata, perché nonostante le tensioni politiche, le risse istituzionali, gli errori di prevenzione, le depressioni nazionali e i litigi tra alleati, l’Italia di oggi non è fatta solo di contagi che crescono, di terapie intensive che si riempiono e di saracinesche che si abbassano. Ma è fatta anche di altro. E’ fatta di medici straordinari che negli ospedali riescono ancora a fare la differenza. E’ fatta di centri di ricerca in cui stanno nascendo i primi farmaci anti Covid. E’ fatta di laboratori all’avanguardia nella sperimentazione del vaccino. E’ fatta di imprese che per affrontare la pandemia hanno scelto, a partire dalla produzione di mascherine, di puntare sulla propria riconversione industriale.

 

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Sergio Mattarella non lo ha detto in modo esplicito, ma le sue parole di elogio per il mondo della scienza e della medicina è come se segnalassero la presenza sempre più oggettiva di un’Italia a due velocità.

 

La prima Italia è quella che si industria per evitare che durante una stagione pandemica vi siano squadre decise a competere tra loro (ha ricordato sempre ieri Mattarella che “il vero nemico, di tutti e di ciascuno, è il virus; che il responsabile di lutti, di sofferenze, di sacrifici, di rinunce, di restrizioni alla vita normale è il virus”). La seconda Italia è quella che trova invece il modo di litigare anche durante la stagione pandemica e l’immagine più nitida di questa parte di paese la si trova purtroppo tra alcuni fotogrammi sconfortanti consegnati nelle ultime ore dal mondo politica. Ministri contro ministri. Segretari contro altri segretari. Ministri contro governatori. Sindaci contro governatori. Allineare la seconda Italia con la prima Italia non è solo un tema di carattere filosofico ma è anche un tema di carattere maledettamente pratico. E significherebbe per la seconda Italia prendere atto di una verità che meriterebbe di non essere nascosta: rispetto ai prossimi mesi il problema vero non ha a che fare con la possibilità o meno che gli italiani continuino a essere responsabili (lo saranno) ma ha a che fare con la possibilità o meno che le forze di governo e quelle di opposizione sappiano imparare dagli errori commessi in questi mesi.

 

Gestire una fase come quella di oggi è un’impresa assoluta ma non tutto quello che sta capitando in queste ore era del tutto imprevedibile. Ed è sufficiente andare a ripescare una circolare riservata del ministero della Salute firmata da Giovanni Rezza e Andrea Urbani l’11 di agosto e indirizzata alle regioni (“Elementi di preparazione e risposta a Covid-19 nella stagione autunno-invernale”) per capire che lo scenario che stiamo vivendo in queste ore era uno dei quattro ipotizzati già ad agosto al ministero della Salute: “Situazione di trasmissibilità non controllata con criticità nella tenuta del sistema sanitario, con valori di Rt regionali sistematicamente e significativamente maggiori di 1.5 nel suo intervallo di confidenza inferiore per periodi lunghi (almeno un mese). (…) Uno scenario di questo tipo potrebbe portare rapidamente a una numerosità di casi elevata e chiari segnali di sovraccarico dei servizi assistenziali, senza la possibilità di tracciare l’origine dei nuovi casi. A questo proposito, verranno valutate (…) anche misure già adottate con successo nella fase più intensa dell’epidemia, proporzionate alla gravità della situazione contingente”.

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Imparare dai propri errori significa sfruttare questi mesi di semi lockdown non solo per terrorizzare l’Italia ma per fare altro: assumere gli infermieri che non si sono assunti, rendere i trasporti pubblici meno insicuri di oggi, fare dei medici di base il primo presidio dei contagiati, rafforzare le terapie intensive che non si sono rafforzate, fare tutti i tamponi necessari a gestire il tracciamento dei possibili positivi e interrogarsi se sia ancora accettabile avere un Servizio sanitario nazionale che accetti come se nulla fosse le inadempienze organizzative di alcune regioni. E’ tempo di collaborazione e di alleanze globali. E’ tempo, sembra aver suggerito ieri il presidente della Repubblica, che chi governa abbia il coraggio di imparare dai propri errori.

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