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Fare come in Germania, please

Meno calcetto e più coprifuoco per tutti

Rinunciare di sera a un po’ di libertà copiando subito il modello Merkel. Cosa chiudere prima che sia troppo tardi, per non sprecare il piccolo vantaggio che abbiamo

Claudio Cerasa

Le piccole privazioni di libertà di cui oggi ha bisogno l’Italia sono probabilmente simili a quelle adottate in Germania: multe salatissime a chi non rispetta le regole, coprifuoco per tutti dalle 23 di sera e chiusure ancora più severe laddove la diffusione del virus inizia a essere di nuovo fuori controllo.

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Non si tratta di essere contro la movida, non si tratta di voler creare allarme, non si tratta di voler trasformare in un’emergenza un problema ancora risolvibile, ma si tratta solo di voler guardare in faccia la realtà: meno calcetto, più coprifuoco. La domanda giusta a cui rispondere oggi per provare a ragionare intorno all’evoluzione della pandemia è una e soltanto una e coincide con un gioco di parole da cui dipende il destino del nostro paese: si può difendere la nostra libertà senza accettare serenamente alcune piccole e importanti privazioni di libertà?

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Non si tratta di essere contro la movida, non si tratta di voler creare allarme, non si tratta di voler trasformare in un’emergenza un problema ancora risolvibile, ma si tratta solo di voler guardare in faccia la realtà: meno calcetto, più coprifuoco. La domanda giusta a cui rispondere oggi per provare a ragionare intorno all’evoluzione della pandemia è una e soltanto una e coincide con un gioco di parole da cui dipende il destino del nostro paese: si può difendere la nostra libertà senza accettare serenamente alcune piccole e importanti privazioni di libertà?

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Per rispondere a questa domanda non ci si può limitare a osservare i semplici e preoccupanti dati offerti ieri dalla Protezione civile – in ventiquattro ore in Italia si sono registrati 8.804 casi (ieri 7.332), i morti sono raddoppiati rispetto al giorno prima (da 43 a 83) e le persone in terapia intensiva sono 47 – ma occorre fare un piccolo sforzo, occorre allargare il nostro punto di osservazione e occorre rendersi conto di un fatto difficilmente contestabile: l’Italia, come ha giustamente segnalato il deputato del Pd Filippo Sensi, rispetto a molti altri paesi europei ha un ristretto vantaggio temporale – inizia cioè ad avere numeri preoccupanti sul coronavirus non da mesi ma da giorni – e compito del governo oggi è non sprecare questo piccolo vantaggio competitivo perdendosi in dibattiti senza senso ma è agire con urgenza per proteggere i cittadini e spezzare prima che sia troppo tardi la catena del contagio. Facile a dirsi, ovvio.

 

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Ma in concreto l’appello a fare di più che cosa può significare?

 

Stella Kyriakides, commissario per la Salute e la sicurezza alimentare dell’Unione europea, ieri, intervenendo nel corso della giornata dedicata dalla Commissione alla strategia messa a punto da Bruxelles per “la gestione coordinata delle prime dosi di vaccino in Europa”, ha ricordato saggiamente che fino a quando non ci sarà un vaccino, e anche quando le prime dosi di vaccino arriveranno, “le misure di mitigazione, quali il distanziamento fisico, la chiusura dei luoghi pubblici e l’adattamento dell’ambiente di lavoro, continueranno a essere il principale strumento di sanità pubblica per il controllo e la gestione dei focolai di Covid-19”. E in questo senso, le parole di Kyriakides ci permettono di arrivare al vero punto della questione che potremmo grosso modo sintetizzare così: l’Italia sta facendo tutto quello che dovrebbe fare per evitare di trovarsi un domani nelle stesse condizioni in cui si trovano oggi paesi come la Francia e come il Regno Unito, costretti pochi giorni fa a proclamare il coprifuoco in buona parte delle loro nazioni a partire dal prossimo sabato? La risposta è sì, se si pensa all’aumento dei posti in  terapia intensiva (più 70 per cento rispetto al pre pandemia), se si pensa al numero di posti letto nell’area semi intensiva (4.225 posti in più rispetto al pre pandemia), se si pensa all’aumento delle cure domiciliari (l’Italia, negli ultimi mesi è passata da essere due punti sotto la media Ocse, 4 per cento, circa 611 mila persone, a essere 0,7 punti sopra la media Ocse, ovvero 923 mila persone), se si pensa al numero dei tamponi (negli ultimi due giorni l’Italia è arrivata a effettuare tra i 160 mila e i 170 mila tamponi, superando la media quotidiana di 156 mila tamponi al giorno raggiunta la scorsa settimana dalla Germania), se si pensa all’organizzazione delle scuole (al 10 ottobre sono 5.793 i casi di positività al Covid-19 tra gli studenti italiani, pari allo 0,080 per cento del totale, con 1.020 casi tra il personale docente, lo 0,133, e 283 casi tra il personale non docente, lo 0,139 per cento). Ma la riposta è invece no se si pensa a ciò che poteva essere fatto sui trasporti (chiedere a chi prende la mattina una metro a Milano), se si pensa a ciò che si poteva fare sul Mes (che aspettiamo a prenderlo?), se si pensa a ciò che poteva essere fatto per assumere medici e infermieri a sufficienza per fronteggiare i mesi che ci aspettano (leggete il nostro Enrico Bucci) e se si pensa a ciò che stanno facendo alcuni paesi europei, come la Francia, come il Regno Unito e come la Germania.

 

In Francia, due giorni fa, il presidente Emmanuel Macron ha annunciato il coprifuoco nella regione di Parigi e in altre città per quattro settimane dalle 21 alle 6. Nel Regno Unito, Boris Johnson ha già sperimentato la chiusura di bar, pub, palestre e sale da gioco, e la chiusura anticipata alle 22 dei ristoranti, nelle zone più a rischio del suo paese e da sabato prossimo porterà alcune misure restrittive anche a Londra. In Germania, da sabato prossimo, verranno chiusi i bar e i ristoranti tra le 23 di sera e le sei di mattina; e il caso tedesco è forse quello più interessante da mettere a fuoco per l’Italia perché arriva in una fase in cui i contagi sono preoccupanti ma non ancora allarmanti, avendo registrato ieri la Germania un numero di positivi record, sì, 6.638 casi, ma ancora inferiore per esempio rispetto all’Italia. E qui arriva il dunque: per difendere la nostra libertà occorre accettare serenamente alcune piccole e importanti privazioni di libertà. E le piccole privazioni di libertà di cui oggi ha bisogno l’Italia sono probabilmente simili a quelle adottate in Germania: multe salatissime a chi non rispetta le regole, coprifuoco per tutti dalle 23 di sera e chiusure ancora più severe laddove la diffusione del virus inizia a essere di nuovo fuori controllo. Emmanuel Macron ha giustificato il coprifuoco in Francia sostenendo di poter portare i contagi da 20 mila casi al giorno a 5 mila casi al giorno e di poter ridurre la capienza delle terapie intensive dal 32 per cento al 10 per cento. Per evitare che l’Italia si ritrovi nelle stesse condizioni in cui si trova la Campania – il governatore De Luca ieri è stato costretto a chiudere le scuole per due settimane e a stabilire un coprifuoco per tutti a partire dalle 21 e chissà che anche in Lombardia non venga adottato qualche provvedimento simile per le università – conviene forse pensare un po’ meno al calcetto e un po’ più al coprifuoco. E’ ora di agire, please.

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