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Fuori dall’aula di giustizia c’è un altro processo che vede Salvini imputato

Non solo Catania. Le ambiguità sull’Europa, l’euro, la Nato e i punti di riferimento internazionali mettono in discussione la leadership del Capitano. Una resa dei conti tutta all’interno del centrodestra

Claudio Cerasa

Il processo che ormai da mesi si sta celebrando nel centrodestra vede negli alleati di Salvini i promotori di un’accusa al centro della quale c’è il vero tema su cui si è andata a schiantare negli ultimi mesi la leadership salviniana: l’impossibilità di continuare a essere ambigui su alcuni valori non negoziabili, come possono essere l’appartenenza all’Europa, l’euro, la fedeltà alla Nato e la capacità di mantenere le giuste distanze dalle democrazie illiberali

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Il weekend appena trascorso, complice l’adunata del centrodestra a Catania in occasione della prima udienza del processo contro Salvini, ha consegnato agli elettori di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia un’immagine della propria coalizione che, purtroppo per il centrodestra, o forse per fortuna, poco corrisponde al reale. L’immagine offerta dall’adunata di Catania è quella di un centrodestra profondamente solidale con il Capitano e la presenza in questi giorni degli alleati della Lega a Catania in teoria dovrebbe essere lì a significare un fatto preciso: caro Salvini, stai sereno, il nostro leader sei tu e noi faremo di tutto per proteggerti. Stai sereno, appunto.

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Il weekend appena trascorso, complice l’adunata del centrodestra a Catania in occasione della prima udienza del processo contro Salvini, ha consegnato agli elettori di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia un’immagine della propria coalizione che, purtroppo per il centrodestra, o forse per fortuna, poco corrisponde al reale. L’immagine offerta dall’adunata di Catania è quella di un centrodestra profondamente solidale con il Capitano e la presenza in questi giorni degli alleati della Lega a Catania in teoria dovrebbe essere lì a significare un fatto preciso: caro Salvini, stai sereno, il nostro leader sei tu e noi faremo di tutto per proteggerti. Stai sereno, appunto.

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La verità, al netto dell’immagine di coesione mostrata a Catania, è che da mesi, ormai, si è andato a innescare un processo per certi versi parallelo a quello che Salvini dovrà affrontare a Catania e quel particolare processo è portato avanti, con una certa costanza, non solo dagli avversari del Capitano ma anche dai suoi alleati del centrodestra, decisi a trasformare il profilo dell’ex ministro dell’In - terno in qualcosa che è sempre meno simile a un collante e sempre più simile a un parafulmine. Lo abbiamo già visto all’indomani delle elezioni regionali – gli alleati di Salvini sono riusciti a far passare il messaggio che le elezioni che il centrodestra non ha perso sono state comunque perse da Salvini, incapace di fare l’unica cosa che Salvini era stato chiamato a fare, ovverosia battere Eugenio Giani in Toscana con la “sua” Susanna Ceccardi. Ma lo stiamo vedendo anche nel dibattito politico quotidiano. E se ci si presta un po’ di attenzione si noterà che, con modi diversi e con toni diversi, non c’è giorno in cui gli alleati di Salvini non offrano ragioni più o meno implicite per consigliare agli elettori di non fidarsi troppo di Salvini.

 

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Il partito di Silvio Berlusconi, per esempio, da mesi combatte le pazzie del salvinismo sui temi europei e da mesi Forza Italia sostiene ciò che lo stesso Salvini considera inaccettabile: l’euro è una moneta irreversibile e solo i clown possono metterla in discussione; l’Unione europea sta facendo il massimo per dare ai paesi membri gli strumenti giusti per affrontare i postumi della pandemia; i paesi come la Gran Bretagna che hanno scelto di fare un passo di lato dall’Unione europea sono destinati a fare una fine peggiore rispetto a quelli che l’Unione europea la difendono; il Recovery fund è uno strumento prezioso per traghettare l’Europa verso una nuova stagione di solidarietà; il Mes destinato alle spese sanitarie è uno strumento che l’Italia farebbe bene ad attivare per dare risposte immediate all’emergenza sanitaria; i problemi dell’immigrazione si risolvono non facendo squadra con i paesi di Visegrád ma facendo squadra per ridimensionare il loro potere di veto.

 

E’ l’Europa, come si vede, il terreno su cui gli alleati di Salvini mollano – provando a non farsi vedere da Salvini – parecchi schiaffi al Capitano. Ed è l’Europa, se ci si pensa un attimo, il terreno su cui, l’alternativa vera al salvinismo nel centrodestra, ovvero Giorgia Meloni, sta provando a costruire un pezzo della sua leadership futura.

 

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Il gruppo parlamentare europeo di cui Giorgia Meloni è diventata portavoce la scorsa settimana – Ecr – come scritto sul Foglio da David Carretta è “una costruzione artificiale di partiti euroscettici che ancora oggi stanno insieme più per convenienze che per convinzioni” che si limita a raccogliere quelle forze politiche in cerca di identità che non vogliono stare né con il Ppe di Angela Merkel né con l’estrema destra di Matteo Salvini e di Marine Le Pen. Dal punto di vista del peso in Parlamento e del peso in Europa il gruppo Ecr non conta quasi nulla, avendo appena 62 parlamentari contro i 67 dei Verdi, i 76 di Identità e Democrazia, i 97 di Renew, i 148 del Pse, i 187 del Ppe. Ma dal punto di vista simbolico essere alla guida di Ecr ha un valore per Giorgia Meloni se si prova a capire in che senso rivendicare la leadership dei Conservatori e Riformisti europei significa a suo modo mollare un’altra serie di schiaffi al modello del centrodestra sognato da Salvini. Ecr è euroscettico, ma non eurofobo. E’ sovranista, ma non anti europeo. E soprattutto – al contrario di ciò che pensa Salvini e di ciò che pensano i suoi prestigiosi alleati in Europa (l’AfD, alleato della Lega in Identità e Democrazia, è il partito il cui portavoce, Christian Lueth, è stato appena espulso per aver detto a un militante che i migranti non costituiscono un grosso problema per l’AfD perché “potremmo sparargli o gasarli”) – è un gruppo che ha tra i suoi maggiori elementi identitari un odio profondo per tutti coloro che scelgono di appecoronarsi alla dottrina della madre Russia. E basta farsi un giro sul sito ufficiale dell’Ecr per accorgersi di quanto il tema sia in cima all’agenda del gruppo guidato da Giorgia Meloni, il cui alleato è incidentalmente il partito italiano più appecoronato alla dottrina della madre Russia.

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Prima notizia, al centro, sul sito dell’Ecr: “Crimea is Ukraine”. Articolo riportante la posizione ufficiale del gruppo: “Dal 2014 la Russia occupa illegalmente la penisola di Crimea, parte integrante e riconosciuta a livello internazionale dell’Ucraina. L’Ue deve chiarire alla Russia che ai sensi del diritto internazionale riconosce il fatto che LA CRIMEA E’ UCRAINA” (le maiuscole sono originali). Il processo che abbiamo appena descritto è un processo lento, sottile, subliminale, a volte implicito, ma è un processo che ormai da mesi si sta celebrando nel centrodestra e che vede negli alleati di Salvini i promotori di un’accusa al centro della quale c’è quello che in fondo è il vero tema su cui si è andata a schiantare negli ultimi mesi la leadership salviniana: l’impossibilità, nella stagione in cui viviamo oggi, di continuare a essere ambigui su alcuni valori non negoziabili, come possono essere l’appartenenza all’Europa, la difesa dell’euro, la fedeltà alla Nato e la capacità di mantenere le giuste distanze dalle democrazie illiberali che, Orbán a parte, si ispirano al modello illiberale della Russia.

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Il processo di Catania potrebbe dare preoccupazioni a Salvini, ma il processo che in prospettiva potrebbe contribuire a logorare la leadership del Capitano più di ogni guaio giudiziario è quello messo in campo non dagli avversari di Salvini ma dai suoi alleati. E chissà che per non cambiare la leadership di centrodestra alla fine Salvini non sia costretto a cambiare qualcosa. Intanto, popcorn per tutti.

 

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