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la casta degli anticasta

Tridico, Appendino e Parisi. I disastri anti casta del M5s spiegati con tre nemesi

Luciano Capone

Aumentano gli stipendi, gonfiano i rimborsi e non si dimettono dopo una condanna. Hanno usato la loro diversità come una clava (o una gogna) contro gli avversari politici, ma una volta al governo i grillini si sono comportati non come i “vecchi partiti”, ma peggio. Archiviati pauperismo e giustizialismo, l'ultimo principio del M5s è l'ipocrisia

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Il M5s negli anni ha gonfiato i suoi consensi sulla base di due promesse, che erano al contempo due princìpi e due segni di “diversità” rispetto agli altri partiti: lotta ai “privilegi della casta” (taglio degli stipendi e delle “poltrone”) e giustizialismo (nessun indagato o condannato in primo grado: “Al minimo dubbio, nessun dubbio” diceva il guru Gianroberto Casaleggio). Questi tratti distintivi sono stati usati come una clava (o una gogna) nei confronti degli avversari politici ma la realtà ha mostrato che, una volta al governo, il M5s si è comportato non solo come i “vecchi partiti”, ma anche peggio.

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Il M5s negli anni ha gonfiato i suoi consensi sulla base di due promesse, che erano al contempo due princìpi e due segni di “diversità” rispetto agli altri partiti: lotta ai “privilegi della casta” (taglio degli stipendi e delle “poltrone”) e giustizialismo (nessun indagato o condannato in primo grado: “Al minimo dubbio, nessun dubbio” diceva il guru Gianroberto Casaleggio). Questi tratti distintivi sono stati usati come una clava (o una gogna) nei confronti degli avversari politici ma la realtà ha mostrato che, una volta al governo, il M5s si è comportato non solo come i “vecchi partiti”, ma anche peggio.

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I casi più emblematici sono quelli recenti dell’aumento di stipendio del presidente dell’Inps Pasquale Tridico e della condanna in primo grado per falso in atto pubblico del sindaco di Torino Chiara Appendino. Si dirà che giudicare gli esponenti del M5s sulla base dei loro princìpi – pauperismo, demagogia e giustizialismo – rappresenta il trionfo culturale del grillismo proprio nel momento del suo declino politico. Un ribaltamento della frase oraziana sui greci conquistati che conquistano il selvaggio vincitore romano (in questo caso i selvaggi sarebbero i conquistati). Alla fine è un bene se anche il partito anti casta per eccellenza si rende conto che, anche nella pubblica amministrazione, bisogna pagare di più le persone per fare in modo di attirare i più bravi. Ed è un bene se il partito giustizialista per eccellenza si rende conto che anche dopo una condanna in primo grado vale la presunzione di non colpevolezza e si può, pertanto, continuare a mantenere un incarico politico. Ma le cose sono un po’ più complicate di così.

 

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Partiamo dal caso Inps. È ovvio che il presidente di una delle più grandi agenzie del paese meriti uno stipendio adeguato alle responsabilità e alle competenze che il ruolo richiede (e naturalmente 60.000 euro, lo stipendio che prima percepiva Tridico, era inadeguato perché troppo basso). Ma l’aumento di stipendio è più che raddoppiato, salendo a 150.000 euro – ovvero il 50% in più di quanto percepiva il predecessore Tito Boeri. Sono aumentate anche le poltrone, con l’introduzione di un consiglio di amministrazione che in teoria avrebbe dovuto affiancare al presidente persone con competenze specifiche (ad esempio sull’informatica, visti i guai recenti del sito) e invece è stato occupato con la solita logica spartitoria (il vicepresidente, che durante il governo gialloverde spettava alla Lega, con il cambio di maggioranza è passato in quota Pd/Cgil). L’aumento di stipendio non è servito a prezzare meglio una selezione del più competente per quel ruolo, ma a remunerare la fedeltà al partito. Tridico ha trasformato l’Inps in una macchina di propaganda grillina, diffondendo dati falsi sul Reddito di cittadinanza (“ha ridotto la povertà del 60%”) e quota 100 (“effetti positivi sull’occupazione”) oppure prestandosi a proposte fantasiose (chi ricorda il “software anti evasione” che un anno fa Tridico aveva inventato con Luigi Di Maio per trovare 5 miliardi? Che fine ha fatto?). La stessa cosa è accaduta per l’Anpal, l’Agenzia per le politiche attive del lavoro. Il M5s ci ha piazzato Mimmo Parisi, con il compito di trovare lavoro ai beneficiari del Reddito di cittadinanza: gli unici ad aver trovato lavoro sono quelli che avrebbero dovuto trovare il lavoro agli altri, i navigator. E mentre Di Maio faceva le foto dei biglietti aerei in economy e Roberto Fico si faceva fotografare (per un giorno) in autobus, Parisi ha speso 140 mila euro in rimborsi soprattutto per viaggi in business class per il Mississippi, quando il suo predecessore Maurizio Del Conte ne spendeva circa 20 mila.

 

Stipendi e rimborsi più alti in cambio di istituzioni e servizi più scadenti. I cittadini così sono stati fregati due volte, prima da elettori e poi da utenti. Allo stesso modo è sorprendente la reazione della Appendino dopo la condanna: “Porterò regolarmente a scadenza il mio mandato”, ma “mi autosospendo dal M5s”. Il problema non è solo che in questo modo il M5s non faccia rispettare le proprie regole secondo cui “la condanna, anche solo in primo grado” è “incompatibile con il mantenimento di una carica elettiva” (Art. 6 Codice etico). Ma è sconcertante che la Appendino resti sindaco di Torino mentre si “autosospende” dal M5s, come se le istituzioni meritino standard inferiori rispetto a quelli del partito. Giudicare gli esponenti del M5s secondo il metro che essi stessi si sono dati non è un cedimento culturale al grillismo, ma è utile a mostrare che pur mettendo da parte la questione della competenza questo partito non ha alcuna “diversità” etica rispetto agli altri. Forse solo un po’ più di ipocrisia.

 

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