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Un voto che pesa di più sul futuro di Salvini che sulla tenuta del governo

Claudio Cerasa

Trappole elettorali. Vinca il Sì o vinca il No, il leader della Lega farà fatica a rivendicare il risultato. E alle regionali i successi del centrodestra saranno attribuiti con molta probabilità agli altri, gli insuccessi a lui

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Nelle prossime ventiquattro ore, gli occhi attenti degli osservatori saranno concentrati a valutare quale impatto avranno avuto i risultati elettorali sui fragili equilibri della maggioranza di governo. E non c’è dubbio che il destino dei leader che trainano questa maggioranza sia legato in particolare a tre risultati: l’esito del referendum costituzionale, il risultato della Toscana e quello della Puglia. In un modo o in un altro, le altre partite sembrano essere già segnate e per il Partito democratico, che conta di vincere quantomeno in Campania, poco cambierebbe qualora il centrosinistra dovesse risultare sconfitto in Veneto, in Liguria, nelle Marche e in Valle d’Aosta. La Toscana e la Puglia, come sappiamo, sono invece regioni che potrebbero avere un impatto sulla leadership del Pd, per non parlare di cosa potrebbe accadere al Pd e al M5s in caso di vittoria del No al referendum costituzionale, ma la verità è che per quanto le elezioni possano andare male per la maggioranza di governo è facile pronosticare che i problemi saranno scaricati molto sulle leadership dei partiti e poco sulla leadership del governo. E dunque, sì, certo, non c’è dubbio che più saranno le vittorie del centrodestra, alle urne, e più saranno i problemi nella maggioranza.

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Nelle prossime ventiquattro ore, gli occhi attenti degli osservatori saranno concentrati a valutare quale impatto avranno avuto i risultati elettorali sui fragili equilibri della maggioranza di governo. E non c’è dubbio che il destino dei leader che trainano questa maggioranza sia legato in particolare a tre risultati: l’esito del referendum costituzionale, il risultato della Toscana e quello della Puglia. In un modo o in un altro, le altre partite sembrano essere già segnate e per il Partito democratico, che conta di vincere quantomeno in Campania, poco cambierebbe qualora il centrosinistra dovesse risultare sconfitto in Veneto, in Liguria, nelle Marche e in Valle d’Aosta. La Toscana e la Puglia, come sappiamo, sono invece regioni che potrebbero avere un impatto sulla leadership del Pd, per non parlare di cosa potrebbe accadere al Pd e al M5s in caso di vittoria del No al referendum costituzionale, ma la verità è che per quanto le elezioni possano andare male per la maggioranza di governo è facile pronosticare che i problemi saranno scaricati molto sulle leadership dei partiti e poco sulla leadership del governo. E dunque, sì, certo, non c’è dubbio che più saranno le vittorie del centrodestra, alle urne, e più saranno i problemi nella maggioranza.

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Ma non ci vuole molto a capire che, con una pandemia in corso e con duecento miliardi dell’Europa da gestire nei prossimi mesi, comunque andranno a finire le elezioni sarà difficile che queste possano avere un grande impatto sul futuro del governo. Può ammaccarsi la leadership di Nicola Zingaretti, forse. Può sfracellarsi la reggenza di Vito Crimi, forse. Può ridimensionarsi il progetto di Matteo Renzi, forse. Ma nulla di più. Ciò che invece promette di essere messo in discussione con forza all’interno di questa tornata elettorale è qualcosa che riguarda un leader che con la maggioranza non c’entra e che risponde al nome di Matteo Salvini. E per quanto possa sembrare difficile immaginarlo oggi, ci sono diverse ragioni per cui questa due giorni elettorale peserà più sul futuro del leader dell’opposizione che sul futuro del governo. La prima ragione ha a che fare con la natura delle sfide delle regionali. E per quanto ci si possa girare attorno, Matteo Salvini ha solo un’opzione per vedere rafforzata la sua leadership: una vittoria in Toscana, unica regione ad avere come frontrunner del centrodestra una salviniana pura come Susanna Ceccardi (che però ha scelto negli ultimi giorni di campagna elettorale di acquistare pagine a pagamento sui giornali locali della Toscana senza inserire alcun riferimento grafico ai simboli della Lega di Salvini). Qualsiasi altro risultato nelle altre ragioni rischia di essere un boomerang per il leader del centrodestra. Un boomerang sarebbe una vittoria mostruosa di Luca Zaia in Veneto, leghista non salviniano che si presenta alle elezioni con una lista personale con cui potrebbe prendere più voti della Lega di Salvini. Un boomerang potrebbe essere una vittoria rotonda di Raffaele Fitto in Puglia (candidato espressione di Fratelli d’Italia), di Francesco Acquaroli nelle Marche (candidato espressione di Fratelli d’Italia), di Giovanni Toti in Liguria (candidato fino a qualche tempo fa espressione di Forza Italia e su molti temi distante anni luce da Salvini: vedi alla voce Mes) e di Stefano Caldoro in Campania (candidato espressione di Forza Italia) perché ognuna di queste vittorie potrebbe suggerire al centrodestra di spostare il baricentro sempre più lontano dal metodo salviniano.

      

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Viceversa, una sconfitta del centrodestra in Puglia, in Campania e nelle Marche difficilmente verrebbe attribuita al tipo di candidato e presumibilmente verrebbe attribuita a chi come Matteo Salvini in questo momento rappresenta il punto di sintesi della coalizione di centrodestra. Rispetto alle regionali, dove Salvini potrebbe però incassare un successo strategico in Val d’Aosta, la condizione della leadership di Salvini è quella di chi sa che i successi elettorali difficilmente verrebbero attribuiti a lui mentre gli insuccessi elettorali verosimilmente gli  verrebbero attribuiti con gusto . E in tutto questo ragionamento non si può non notare come anche sul referendum costituzionale la situazione non sia delle più semplici per il leader del centrodestra. E quale che sia l’esito elettorale, per Matteo Salvini rischiano di esserci solo molti guai. Una vittoria del Sì al taglio del numero dei parlamentari – Sì che Salvini ha voluto a tal punto, nel corso di questa legislatura, da averlo fatto votare quattro volte su quattro al suo partito, tre volte in più del Pd – sarebbe una vittoria attribuibile più ai partiti di maggioranza che ai partiti di opposizione. E anche l’eventuale vittoria del No difficilmente potrebbe essere rivendicata da Salvini come uno schiaffo al governo e come una vittoria dell’opposizione: Salvini è, come detto, per il Sì, come lo è Giorgia Meloni, mentre Silvio Berlusconi ha scelto con più prudenza la strada del nì, pur avendo fatto votare in Parlamento il suo partito a favore del taglio, e una eventuale vittoria del No sarebbe una bocciatura anche della sua leadership oltre che un riconoscimento, anche all’interno della Lega, della bontà delle tesi dei non salviniani (Giancarlo Giorgetti è per il No). Dunque anche qui, come sul resto, Salvini si ritrova in questa tornata elettorale in una mezza trappola. E se si aggiungono alle molte trappole elettorali i guai giudiziari che promettono di cadere sulla testa della Lega nei prossimi mesi non è un azzardo dire che queste elezioni, per quanti guai possano creare ai leader della maggioranza, alla fine per Salvini rischiano incredibilmente di essere un referendum più sul suo futuro che sul futuro del governo.

 

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