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I nostri totally unnecessary endorsement

Claudio Cerasa

Come usare le regionali per archiviare il trucismo, sperimentare alternative nel centrodestra e rafforzare l’europeismo nel governo? Zaia, De Luca, Toti, Mangialardi, Giani, Scalfarotto. Le nostre pazze scelte a spasso per l’Italia

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Archiviare la leadership salviniana, sperimentare alternative nel centrodestra, investire sui piani europeisti del governo, limitare la subalternità al grillismo, testare la vitalità dei progetti di centro. Mancano ormai pochi giorni alle elezioni regionali e per quanto possa essere appassionante il dibattito sul referendum costituzionale è facile immaginare che le elezioni che avranno un riflesso maggiore sugli equilibri della politica saranno più quelle legate al futuro delle regioni rispetto a quelle legate al futuro numero dei parlamentari. Sul secondo tema, il referendum, vi abbiamo detto ciò che pensiamo – e più passano i giorni più ci sembra ovvio che una riforma giusta, per quanto imperfetta, sia una riforma non da abbattere ma semmai da correggere. Sul primo tema, invece, ovvero sul tema delle regionali, le candidature che verranno presentate agli elettori, il 20 e il 21 settembre, quando al voto andranno circa 18 milioni di persone, offrono come non mai spunti utili per ragionare sul futuro della nostra politica. E gli spunti di riflessione – e di divertimento – sono così tanti che verrebbe voglia di fare una piccola pazzia e offrirvi, per ogni regione, i nostri totally unnecessary endorsement (ci riserviamo però in modo autorevole, su richiesta di Maurizio Milani, di lasciare libertà di coscienza in Valle d’Aosta).

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Archiviare la leadership salviniana, sperimentare alternative nel centrodestra, investire sui piani europeisti del governo, limitare la subalternità al grillismo, testare la vitalità dei progetti di centro. Mancano ormai pochi giorni alle elezioni regionali e per quanto possa essere appassionante il dibattito sul referendum costituzionale è facile immaginare che le elezioni che avranno un riflesso maggiore sugli equilibri della politica saranno più quelle legate al futuro delle regioni rispetto a quelle legate al futuro numero dei parlamentari. Sul secondo tema, il referendum, vi abbiamo detto ciò che pensiamo – e più passano i giorni più ci sembra ovvio che una riforma giusta, per quanto imperfetta, sia una riforma non da abbattere ma semmai da correggere. Sul primo tema, invece, ovvero sul tema delle regionali, le candidature che verranno presentate agli elettori, il 20 e il 21 settembre, quando al voto andranno circa 18 milioni di persone, offrono come non mai spunti utili per ragionare sul futuro della nostra politica. E gli spunti di riflessione – e di divertimento – sono così tanti che verrebbe voglia di fare una piccola pazzia e offrirvi, per ogni regione, i nostri totally unnecessary endorsement (ci riserviamo però in modo autorevole, su richiesta di Maurizio Milani, di lasciare libertà di coscienza in Valle d’Aosta).

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La prima regione da cui partire è il Veneto dove, se avessimo la possibilità di votare lì, sceglieremmo senza dubbio Luca Zaia e ci faremmo in quattro per mettere un segno sulla sua lista personale. Lo faremmo, naturalmente, non solo perché Zaia è un buon amministratore (a inizio 2020, le stime della crescita del pil nel Veneto erano pari al doppio rispetto alla media nazionale, +1,1 per cento) ma anche per una ragione più cinica: dare fiducia a una Lega non esagitata (cinesi che mangiano i topi a parte) e non antieuropeista (Zaia non ha mai fatto propria la retorica antieuro) può essere un modo utile per ricordare al centrodestra che al suo interno esiste un’alternativa valida e popolare al trucismo salviniano.

 

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Dal Veneto ci spostiamo velocemente lungo l’Adriatico e arriviamo così prima nelle Marche e poi in Puglia, dove i nostri totally unnecessary endorsement cambiano un po’ di direzione. Se avessimo la possibilità di votare nelle Marche, per esempio, voteremmo per il candidato del centrosinistra, Maurizio Mangialardi, ex sindaco di Senigallia, non fosse altro perché, oltre a essere riuscito a mettere insieme una coalizione europeista che va dal Pd fino a Italia viva passando per Azione, Più Europa e Articolo 1, ha scelto di impostare buona parte della sua campagna elettorale su una magnifica scommessa europea: come usare gli eventuali fondi del Mes, previsti per le spese sanitarie, e come costruire con gli altri governatori un fronte ampio per invitare il governo a non tergiversare con i fondi europei. Non faremmo invece la stessa scelta in Puglia, ché Michele Emiliano è troppo persino per chi ha un pelo sullo stomaco spesso come il guscio delle cozze pelose, dove tra Raffaele Fitto, un Capezzone che ce l’ha fatta, e Ivan Scalfarotto, un Nick Clegg che non ce l’ha ancora fatta, la nostra scelta ricadrebbe sul secondo, per una ragione squisitamente politica: Scalfarotto è sostenuto da una coalizione interessante, formata da Italia viva, Azione, Più Europa, e capire quanto vale quella coalizione può aiutare, anche i leader di quei partiti, a regolarsi sul futuro e a comprendere quanto possa avere senso investire, un domani, su un progetto anti populista alternativo a quello del Pd.

 

Dalla Puglia ci spostiamo in Campania, dove nonostante la presenza di un galantuomo come Stefano Caldoro – la Campania è forse la regione che in questa pazza tornata elettorale esprime la miglior classe dirigente – ci piacerebbe prendere la residenza nel fine settimana solo per poter votare con tutti i mezzi consentiti il grande Vincenzo De Luca (ci auguriamo ci siano molti cinesi in fila alle urne). E dalla Campania risaliamo su, arrivando prima in Toscana e poi in Liguria. In Toscana, naturalmente, voteremmo per sleepy Eugenio Giani, centrosinistra, non fosse altro che una sconfitta in Toscana costringerebbe il governo a dover discutere per i prossimi sei mesi più del tema Recovery Pd che del tema Recovery fund.

 

Mentre in Liguria la nostra totally unnecessary choice ricadrebbe su un candidato che lunedì pomeriggio ci ha fatto venire litri di latte alle ginocchia – speculando, come ha fatto Giovanni Toti, sulla foto di una classe di Genova all’interno della quale alcuni alunni, in un momento di gioco stavano disegnando seduti per terra, usando per un giorno le sedie al posto dei banchi – e che in ogni caso preferiremmo votare al posto del candidato alternativo, Ferruccio Sansa, espressione di un patto politico che può aver senso attivare quando ci si trova costretti dallo stato di necessità (il governo rossogiallo è nato per non perdere l’Europa, non per non perdere Imperia) ma che ha meno senso attivare quando in ballo c’è semplicemente il governo di una regione (il Pd in Emilia-Romagna ha vinto senza allearsi con il M5s e nelle regioni in cui sembra avere oggi possibilità di successo, la Campania e la Puglia, alle regionali si presenta senza essere alleata con il M5s). Dalla Campania alla Toscana passando per la Puglia, la Liguria, il Veneto e le Marche, il filo conduttore delle nostre scelte è quello che abbiamo provato a sintetizzarvi all’inizio dell’articolo: archiviare la leadership salviniana, sperimentare alternative nel centrodestra, investire sui piani europeisti del governo, limitare la subalternità al grillismo, testare la vitalità dei progetti di centro. Chi porta i popcorn?

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