PUBBLICITÁ

i gemelli diversi/1

L'opzione Dibba: “Sogno di resuscitare il M5s come fece Salvini con la Lega”

Simone Canettieri

L’ultima velleità del Che di Vigna Clara: il suo ritorno fa paura. Il voto su Rousseau continua a essere il suo miglior alleato

PUBBLICITÁ

Roma. Oggi no. Domani forse. Dopodomani sicuramente. Alessandro Di Battista, bis papà e barman errante in Abruzzo, non esclude il ritorno. Ma con i suoi tempi. E, magari, solo quando il M5s sarà diventato un materia gassosa. Impalpabile. Da ricostruire. “Con percentuali da Ncd” (come da profezia del suo amico Max Bugani), senza più i lacci di un’alleanza con il Pd, che a Dibba fa venire l’orticaria, e dunque con la vocazione delle origini: tetti, barricate, rabbia, situazionismo. Qualche pernacchia ben assestata contro il sistema cinico e baro. Funzionerà? E chi lo sa. Prima però ci dovrà essere – ma qui la cronaca sembra dargli una mano – un bel colpo di spugna. Il tracollo elettorale finale.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Roma. Oggi no. Domani forse. Dopodomani sicuramente. Alessandro Di Battista, bis papà e barman errante in Abruzzo, non esclude il ritorno. Ma con i suoi tempi. E, magari, solo quando il M5s sarà diventato un materia gassosa. Impalpabile. Da ricostruire. “Con percentuali da Ncd” (come da profezia del suo amico Max Bugani), senza più i lacci di un’alleanza con il Pd, che a Dibba fa venire l’orticaria, e dunque con la vocazione delle origini: tetti, barricate, rabbia, situazionismo. Qualche pernacchia ben assestata contro il sistema cinico e baro. Funzionerà? E chi lo sa. Prima però ci dovrà essere – ma qui la cronaca sembra dargli una mano – un bel colpo di spugna. Il tracollo elettorale finale.

PUBBLICITÁ

 

Ma attenzione: qui c’è la suggestione che si veste da sogno, quasi progetto. L’ex parlamentare non punta a essere il Bobo Maroni della Lega, bensì guarda, ambisce, e a volte lo dice alle poche persone di cui si fida, il vecchio Matteo Salvini del nuovo Movimento. Colui cioè che prese un partito in terapia intensiva al 3 per cento, scassato, e lo portò di nuovo in doppia cifra. Rifondazione e felpa, insomma. Con tutte le incognite del caso.

 

PUBBLICITÁ

E nel frattempo? “Faccio il papà, dico la mia in prima persona sul dibattito politico (ora collabora anche con il sito Tpl) e prima del referendum uscirò di nuovo”, confida agli amici che gli scrivono, lo invocano come se fosse il Messia, gli chiedono il miracolo che non arriva mai, gli mandano le agenzie di stampa con le crocette sull’ultimo incontro segreto (che tale alla fine non è) di Luigi Di Maio, il suo ex gemello diverso, o sulle ultime cose non fatte da Vito Crimi. Ma alla fine, tutti i dibba-boy, stanchi del silenzio strategico del loro paladino si interrogano. Interdetti. Aprono le braccia. E vorrebbero quasi tirargli una martellata sul ginocchio: “Perché non parli?”

 

Ma il Che Guevara di Vigna Clara ancora non se la sente di fare il Mosè. Anzi, ad ascoltare certi ritratti velenosissimi, i suoi nemici nel Movimento gli riconoscono una certa indolenza romana che sembra disegnarlo in pantofole. Neghittoso. Facile alla sparata e basta. E dunque poco interessato alla pugna, soprattutto su questo Titanic. “Aspetto, vedo, scrivo”, continua a ripetere, tra un pannolino e l’altro. Convinto che alla fine, prima o poi, Godot arriverà con le elezioni. E quello sì che sarà il suo momento. L’occasione della vita per tirare fuori dai jeans sdruciti il secondo mandato parlamentare, ancora profumato e intonso, che tutti gli altri, i suoi ex amici, vorrebbero derogare come legge sacra.

 

Di sicuro internamente, ma anche fuori (cioè nel governo) Di Battista fa ancora un po’ paura. Un bau bau da evocare alla bisogna. L’ultima storiella ieri. Quando è uscita la possibilità che Davide Casaleggio anticipi in questi giorni su Rousseau il voto per decidere se il M5S dovrà dotarsi di un organo collegiale o rimanere con un capo politico. Particolare non banale. Per la procedura burocratica occorre la modifica dello statuto che passa appunto dagli iscritti della piattaforma. Come si sa: Dibba aveva già provato, forte dell’asse con il figlio di Gianroberto, a candidarsi alla guida di tutto il cucuzzaro. Ma Grillo lo aveva incenerito. Meglio un ufficio politico con tutti dentro (da Taverna a Fico, passando per Di Maio e Patuanelli) e magari un portavoce. Soluzione democristiana (scuse preventive per il banale accostamento) per tenere insieme il corpaccione parlamentare grillino e tutte le anime.

PUBBLICITÁ

 

PUBBLICITÁ

E così ieri è uscita che se Crimi e Casaleggio lanciassero oggi questo voto per decidere se mantenere il capo oppure no, una trentina di parlamentari se ne andrebbero. Disgustati. Perché? Hanno paura – se rimanesse il capo unico – del ritorno del subcomandante Dibba. Una mossa, a scavare bene, dettata da chi più che altro sta facendo la guerra a Casaleggio; da chi vorrebbe proporgli un contratto di servizio, una consulenza da lavoratore atipico; estromettendolo dalla gestione diretta del Movimento. Ah, che mal di testa.

 

PUBBLICITÁ

Nel dubbio – racconta chi ha parlato con Crimi – per adesso, fino alle regionali, non ci sarà nulla di tutto questo. E quindi a tutta faida, ancora una volta. Con Dibba in fase popcorn. Muto. Sorridente e a tratti rassegnato al presente poco gentile. Ma convinto che, prima o poi, riuscirà a salire al volo sull’autobus grillino. Con il rischio di fare come Fantozzi quando la mattina provava a prendere la corriera al volo per andare al lavoro. Ma perché tutto questo pessimismo? In fin dei conti se ce l’ha fatta Salvini, spiegano gli amici dell’ex deputato, perché non può riuscirci il nostro eroe?

PUBBLICITÁ