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polvere di 5 stelle

Le regionali del M5s, cronaca di una morte annunciata

Valerio Valentini

Dalla Toscana alle Marche, fino in Liguria, i grillini si preparano al disastro del 20 settembre. Perfino in Campania il voto disgiunto per De Luca cresce. E in Liguria i 5s sabotano Sansa. E il Pd che farà?

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Roma. Se il collasso generale, che pure sarebbe logico secondo le leggi della politica, alla fine non ci sarà, è solo perché il tracollo delle regionali non coglierà nessuno di sorpresa. E dunque, alla fine di questo lutto maturato in anticipo sull’accertamento della morte, si continuerà a far finta che non sia successo nulla, che va bene così. Perfino adesso, che quasi ovunque i consensi rispetto a cinque anni prima verranno dimezzati, falcidiati, ridotti a cifre irrilevanti, il M5s potrà illudersi di esistere ancora. E il Pd, perseverando nell’obbrobrio di questa “alleanza strutturale”, subdolamente esulterà per aver fatto deflagrare le contraddizioni di un Movimento senza più identità né prospettive, e allora dovrà decidere del proprio destino in base a quello, infausto, del suo evanescente compagno di governo.

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Roma. Se il collasso generale, che pure sarebbe logico secondo le leggi della politica, alla fine non ci sarà, è solo perché il tracollo delle regionali non coglierà nessuno di sorpresa. E dunque, alla fine di questo lutto maturato in anticipo sull’accertamento della morte, si continuerà a far finta che non sia successo nulla, che va bene così. Perfino adesso, che quasi ovunque i consensi rispetto a cinque anni prima verranno dimezzati, falcidiati, ridotti a cifre irrilevanti, il M5s potrà illudersi di esistere ancora. E il Pd, perseverando nell’obbrobrio di questa “alleanza strutturale”, subdolamente esulterà per aver fatto deflagrare le contraddizioni di un Movimento senza più identità né prospettive, e allora dovrà decidere del proprio destino in base a quello, infausto, del suo evanescente compagno di governo.

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In Liguria, per dire, c’è perfino chi pensa che Andrea Orlando l’abbia pianificato, l’autosabotaggio, per poter poi aprire il rodeo verso il congresso del Pd: perché lui, che del partito è vicesegretario, nella sua terra l’accordo ha saputo farlo col M5s, ma quello che doveva essere il preludio al connubio giallorosso anche in altre regioni è rimasto una frase sospesa sulle illogicità grilline e le timidezze del Nazareno. Chissà. Sta di fatto che, senza inoltrarsi nei complottismi, difficilmente si spiega il senso di un accordo costruito intorno a un candidato, Ferruccio Sansa, più grillino dei grillini, nel mentre che quelli che dovevano essere i suoi più accaniti sostenitori, e cioè i Cinque stelle, decidevano che proprio il candidato presidente, per paradossale che sembri, diventava il loro rivale da battere. “Se prendiamo meno della lista Sansa, ci diamo tutti all’ippica”, s’è sfogato coi compagni di governo Vito Crimi, fissando una linea di galleggiamento assai modesta. Perché la lista di Sansa è accreditata di un 6-7 per cento, nei sondaggi di queste ore.

 

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Possibile che il M5s, nella terra di Beppe Grillo, faccia peggio? Possibile, a giudicare dai pronostici che, sulla provincia di Imperia, danno i grillini intorno al 3 per cento. Certo, a Genova dovrebbe andare meglio. Se non fosse che proprio lì la lista della fuoriuscita Alice Salvatore, e magari pure quella dell’altra espulsa Marika Cassimatis, dreneranno non poco consenso. E insomma, se di quel 24 per cento raccolto alle regionali di cinque anni fa, restasse anche solo un terzo, ci sarebbe comunque di che confortarsi, nel M5s ligure.

 

Quello toscano, invece, s’accontenterebbe di dimezzarlo, il bottino del 2015, quando Giacomo Giannarelli ottenne il 15 per cento. Stavolta non sarà lui, a guidare il M5s, ma quella Irene Galletti che incarna forse un volto più accomodante del grillismo, ma che resta schiacciata nella narrazione polarizzata tra l’arrembante leghista Susanna Ceccardi e il galantuomo democratico Eugenio Giani: di qua l’assediante, di là il difensore del fortino. E nel mezzo, un M5s che in Toscana s’è sfarinato negli anni, dopo faide intestine a Firenze (dove il referente sarebbe Alfonso Bonafede) e a Siena, dove il partito locale è di fatto sparito dopo il pasticcio della mancata certificazione della lista alle comunali del 2018.

 

La contrapposizione frontale tra destra e sinistra, d’altronde, produrrà i suoi effetti anche in Campania. Lì il M5s ambisce a superare il 15 per cento, col suo simbolo, ma con la candidata Valeria Ciarambino, amica d’infanzia di Luigi Di Maio, pomiglianese doc e dunque padrona indiscussa del Movimento locale, che a stento arriverà al 10. L’ultimo sondaggio nelle mani dei grillini napoletani fotografa l’effetto del voto utile, quasi tutto dirottato verso Vincenzo De Luca: 17 per cento alla lista, 9 per cento alla candidata.

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E d’altronde in Campania il M5s ha ormai la forza apparente dei guappi di cartone, stando alla fatica con cui perfino nell’hinterland napoletano i fedelissimi di Di Maio hanno chiuso le liste nei comuni al voto, spesso affidandosi all’abbraccio col Pd più per mancanza di alternative (e di gente da reclutare) che non per sincera vocazione progressista. Anche in vista delle amministrative di Napoli, l’anno prossimo, l’unica via possibile è quella di un accordo col Pd partenopeo, guidato da quel Marco Sarracino che, come il suo mentore Orlando, nell’intesa strutturale coi grillini ci crede davvero. E non è un caso che a capitanare il dissenso degli ortodossi, in città, sia proprio Matteo Brambilla, il candidato sindaco del 2016 che nel convergere di M5s e Pd vede approssimarsi la sua fine.

 

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Sono più profonde, invece, le fratture nelle Marche. Dove, saltato l’accordo col Pd, è saltato pure il M5s. E così i due consiglieri regionali, Maggi e Pergolesi, fuoriusciti dopo il niet all’alleanza giallorossa, hanno dato vita a una lista civica che raccoglie molti dei delusi locali, e guarda all’esperimento lanciato a Pesaro dal sindaco Matteo Ricci, che mesi fa ha precorso i tempi e ha convinto una consigliera comunale grillina, Francesca Frenquellucci, a entrare nella sua giunta. Così, il M5s nelle Marche ambisce a ottenere almeno un terzo di quel 21 per cento raccolto tre anni fa.

 

Sarebbe invece un successo, per i grillini veneti, raggiungere il 5 per cento, e tanto basta a testimoniare dello stato di salute del grillismo nel nord-est. In Puglia, al contrario, le aspettative sono alte. Forse perfino troppo, se è vero che tra i grillini locali che sostengono l’oltranzista Antonella Laricchia circolano proiezioni che accreditano il M5s al 23 per cento. E magari proprio lì, dov’è più forte la speranza, sarà più drammatico anche il risveglio il 21 settembre.

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