Giuseppe Conte con Vito Crimi (foto LaPresse)

deliri a 5 stelle

Il M5s spernacchia Conte, e sulle regionali tira dritto: "Niente alleanze col Pd"

Valerio Valentini

I candidati grillini nelle Marche e in Puglia non si ritirano. Crimi li difende. L'appello del premier all'unità cade nel vuoto. Se valessero le regole della politica, si direbbe che Giuseppi è stato delegittimato dal suo stesso partito

Se la politica avesse un senso, oggi Giuseppe Conte dovrebbe prendere atto che il suo partito lo ha delegittimato. "Ma da noi la logica politica vale fino a un certo punto", ama ripetere il ministro, con semiserio disincanto, grillino Federico D'Incà, che da responsabile dei rapporti col Parlamento le aporie della fede e della prassi a 5 stelle le conosce bene. E dunque, siccome la politica non esiste, a Palazzo Chigi già mettono le mani avanti, spiegando che comunque il premier ci ha provato, fino alla fine, con ogni mezzo. Insomma, ha la coscienza pulita, lui: il resto, si vedrà.

 

La mossa, obiettivamente, è stata alquanto intempestiva. Esibirsi in un accorato appello all'unità, nelle Marche e in Puglia, a ventiquattr'ore dalla chiusura delle liste elettorali, dopo che i candidati grillini alle regionali di settembre hanno ricoperto d'ingiurie i loro sfidanti dem sul territorio. "Trovo ragionevole che le forze politiche che sostengono il governo provino a dialogare anche a livello regionale. In Puglia e nelle Marche presentarsi divisi espone al rischio di sprecare una grande occasione", dice il premier in un'intervista al Fatto quotidiano. E appunto: le vecchie, logore leggi della politica, o forse perfino del buonsenso, porterebbero a credere che se il presidente del Consiglio si espone così, a poche ore dalla chiusura dei giochi, lo faccia perché l'operazione è stata pianificata con arguzia, concordata, se non coi suoi alleati del Pd, quanto meno coi vertici del M5s, che è il suo partito di riferimento, e coi candidati che quel partito esprime sui territori. 

 

E invece passano due ore e Antonella Laricchia, arcigna candidata del M5s in Puglia, impegnata da settimane a ribadire l'impossibilità di un accordo con quel poco di buono di Michele Emilia, smentisce il premier sul suo profilo Facebook, e lo fa per giunta con quella morigeratezza di toni tipica del galateo a cinque stelle. "Più importanti dei miei vantaggi personali (mi hanno promesso poltrone certe, prestigio assicurato) o di Giuseppe Conte (una maggioranza parlamentare teoricamente più rinsaldata), ci sono GLI INTERESSI DEI PUGLIESI", scrive la Laricchia, che a ritirarsi non ci pensa proprio. "La mia presenza non è scontata, chiaramente sono sacrificabile in ogni momento, se qualcuno lo decide dall’alto. MA NON CHIEDETEMI DI PIEGARE LA TESTA", prosegue la grillina, "piuttosto trovate il coraggio di tagliarla, se volete salvare la mala politica di Emiliano e Fitto, perché finché non sarò rimossa da questo ruolo che mi è stato attribuito, andrò avanti a guidare questa opportunità di cambiamento". 

  

E a quel punto Gianni Mercorelli, candidato grillino nelle Marche, non vuole certo essere da meno. "Non mi vendo per una poltroncina", ribadisce, con l'aria un po' incredula di chi si ritrova a dover ripetere le stesse cose da settimane, senza evidentemente essere preso sul serio. "D'altronde a me Vito Crimi, il capo politico, non ha mai chiesto un passo indietro", ci raccontava due giorni fa. E magari qualcuno aveva dubitato della credibilità della sua versione. 

 

Sennonché è Crimi a confermare che è davvero così. Che degli appelli del premier, della moral suasion del Pd, lui non sa che farsene, perché sono i gruppi locali del M5s che decidono, e a Palazzo Chigi è bene che ne prendano atto. "Va rispettata la decisione legittima di quei territori che compiono scelte diverse", dichiara Crimi, "perché non vedono le condizioni per intraprendere un percorso comune, e nessuna forzatura deve essere fatta"

 

E insomma Conte finisce spernacchiato dal suo stesso partito, su una questione non proprio secondaria rispetto alla salute del suo governo nei prossimi mesi. Se ci fosse la politica a governare le dinamiche del M5s, si direbbe che oggi il premier è stato di fatto sfiduciato dai suoi. Ma a volte, che la politica non conti nulla, è un vantaggio per tutti. 

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