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Sansa senso

Il candidato unitario che non unisce Pd e M5s. Campagna mesta in Liguria

Valerio Valentini

È il campione dell'alleanza giallorossa, ma né Pd né M5s lo sostengono davvero. Orlando inabissato, i grillini nel caos s'affidano a Toninelli (sì, Toninelli, quello del ponte). I dubbi sul referendum

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Roma. Che qualcosa non sia riuscito bene, in quest’amalgama, che la sintesi tanto affannosamente ricercata non sia infine stata trovata, lo si capisce già sulla soglia. Perché, mettendo il naso dentro al Circolo dell’autorità portuale di Genova, là dov’è stata istituita la sede del comitato elettorale, la prima cosa che si vede è un manifesto che sa di paradosso: “Il decalogo del No”. Cosa bizzarra, in effetti, perché entrambi i partiti che a quel comitato fanno riferimento, e cioè M5s e Pd, sono a favore del Sì, al referendum costituzionale. Ma del resto si dice – e più che dirlo lo si sussurra, per paura che si sappia – che perfino lui, Ferruccio Sansa, sia orientato a votare contro il taglio dei parlamentari.

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Roma. Che qualcosa non sia riuscito bene, in quest’amalgama, che la sintesi tanto affannosamente ricercata non sia infine stata trovata, lo si capisce già sulla soglia. Perché, mettendo il naso dentro al Circolo dell’autorità portuale di Genova, là dov’è stata istituita la sede del comitato elettorale, la prima cosa che si vede è un manifesto che sa di paradosso: “Il decalogo del No”. Cosa bizzarra, in effetti, perché entrambi i partiti che a quel comitato fanno riferimento, e cioè M5s e Pd, sono a favore del Sì, al referendum costituzionale. Ma del resto si dice – e più che dirlo lo si sussurra, per paura che si sappia – che perfino lui, Ferruccio Sansa, sia orientato a votare contro il taglio dei parlamentari.

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Accidente secondario, certo, una stonatura che ha a che vedere con la coscienza del singolo, e che però racchiude tutto il dramma di un’intesa mai nata, di una crociata lanciata con riluttanza, forzando il corso delle cose. E così Sansa, l’intransigente accusatore della corruzione del Pd e dell’incompetenza del M5s messo alla guida della coalizione sostenuta da Pd e M5s, il candidato unitario che non riesce a unire, è costretto a una campagna elettorale tutta in solitaria, un poco dimessa nonostante la sua caparbietà sincera, il suo sforzo quasi commovente che lo porta a girare in lungo e in largo la terra che tanto ama e da cui forse non è riamato come meriterebbe a giudicare da quei post su Facebook che quasi mai arrivano ai mille like, e per lo più si fermano sotto ai 300, pochi commenti e manco tutti positivi.

 

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Il Pd lo sostiene mica tanto, nelle sue iniziative pubbliche. E di certo mai coi suoi esponenti più illustri, che pure assai si sono spesiAndrea Orlando su tutti – per questo “esperimento” e che però adesso non ci tengono granché a mettere la faccia sulla sconfitta annunciata delle regionali del 20 settembre. “E’ fisiologico che Sansa voglia far valere la sua figura di candidato – dice Franco Vazio, deputato dem di Albenga – specie perché deve fronteggiare la presenza ipertrofica di Giovanni Toti”.

 

Ma forse c’è pure quella sorta di incancrenita diffidenza verso i partiti che Sansa, imperterrito censore d’ogni malcostume, si porta dietro. Ecco che allora s’è costruito la sua ridotta pattuglia di pretoriani, e solo con loro si confida: l’ex deputato di Sel Stefano Quaranta, che gli fa da coordinatore della campagna, l’amico di sempre Marco Preve, che con lui ha scritto vari libri e che insieme a lui s’è dunque candidato.

 

Poi, ovviamente, a complicare tutto ci stanno i Cinque stelle. E cioè Vito Crimi, il reggente per caso che neppure risponde al telefono dei consiglieri regionali. C’è Marco Rizzone, il deputato che ha curato la trattativa col Pd e che dopo il fattaccio dei 600 euro del bonus Inps ha fatto le valigie e arrivederci. C’è Beppe Grillo, che ha accettato Sansa senza entusiasmo, e ora s’è premurato soltanto di mettere in lista il suo dentista di fiducia (suo di Beppe, s’intende): “Ma a me non mi cercate”. E c’è Luigi Di Maio, che Sansa lo ha sempre detestato (ricambiato), e che dunque, mentre si spende anima e cuore per la candidata pugliese Laricchia, con la Liguria non vuole avere niente a che fare. “Ve l’avevo detto che se sceglievate quello là, a me non mi avreste visto”, ha detto ai suoi colleghi ministri che gli chiedevano se non fosse il caso di farla qualche capatina, dalle parti di Genova.

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Dove però, sia pure in ritardo, qualche notabile grillino arriverà. “Verrà Danilo”, hanno annunciato da Roma, col comprensibile principio di mancamento degli attivisti liguri. Perché il Danilo in questione è Toninelli: e mandare proprio lui a Genova – in quella Genova dove dire Toninelli significa evocare l’abbelinato, dove l’ex ministro voleva ricostruire al posto del Morandi “un ponte dove le persone possono vivere, giocare, mangiare” – vuol dire volersi fare del male da soli. E forse anche Sansa dev’esserci rimasto un po’ così, se è vero che ha chiesto di far venire Nicola Morra, presidente dell’Antimafia. Che certo è Morra, pure lui, ma almeno non è Toninelli. Solo che, siccome i due non si sopportano, s’è dovuto mettere mano alla scaletta: al mattino Morra, alle tre del pomeriggio Toninelli.

 

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E allora si capisce anche perché, rimasto in mezzo al guado, Sansa preferisca quanto meno restarci da solo. Ché d’altronde quando l’union sacrée gialorossa c’ha tenuto a mostrarsi compatta intorno al suo candidato civico, a Narni, non è andata bene. E se proprio dovrà essere il nuovo Vincenzo Bianconi, la nuova cavia messa lì a dimostrare in corpore vili l’impraticabilità dell’alleanza praticata, forse Sansa preferisce farlo con un po’ di dignità.

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