PUBBLICITÁ

ritorno in classe con polemica

Non solo la Azzolina. La riapertura della scuola è una grana per tutto il governo

Valerio Valentini

Il Pd ha dato ordine di silenzio: "Fino al 14 settembre non si attacca la ministra". E lei sa che al Nazareno considerano Viale Trastevere "cosa loro". La guerra di nervi tra dem e M5s, in cui anche Conte rischia parecchio

PUBBLICITÁ

Roma. Certe volte è più infido il silenzio, della critica. Quello del Pd sul destino prossimo della scuola, ad esempio, alle orecchie di Lucia Azzolina deve arrivare con un certo fastidio, corredato com’è di tutti quei pettegolezzi, di tutte quelle velenose indiscrezioni che serpeggiano tra i corridoi del ministero a Viale Trastevere. “D’altronde questo è sempre stato il ministero del Pd, al Nazareno lo considerano un po’ cosa loro”, ha detto la Azzolina ai suoi parlamentari, radunati ieri mattina in videoconferenza, col tono di chi è ben consapevole delle insidie che s’approssimano. E pure delle opportunità: perché quei dieci miliardi che, mal contati, dal gran calderone del Recovery fund potrebbero essere destinati alla scuola, sono un dettaglio tutt’altro che secondario, nella sfida di nervi tra la titolare grillina dell’Istruzione e chi ne medita l’avvicendamento: “Altrimenti non si spiegherebbe come mai – ha osservato lei coi suoi parlamentari, coinvolti in questa dimostrazione d’affetto e solidarietà alla ministra pericolante – proprio mentre stiamo varando il più importante investimento della storia recente sull’edilizia scolastica, si inneschino queste polemiche”.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Roma. Certe volte è più infido il silenzio, della critica. Quello del Pd sul destino prossimo della scuola, ad esempio, alle orecchie di Lucia Azzolina deve arrivare con un certo fastidio, corredato com’è di tutti quei pettegolezzi, di tutte quelle velenose indiscrezioni che serpeggiano tra i corridoi del ministero a Viale Trastevere. “D’altronde questo è sempre stato il ministero del Pd, al Nazareno lo considerano un po’ cosa loro”, ha detto la Azzolina ai suoi parlamentari, radunati ieri mattina in videoconferenza, col tono di chi è ben consapevole delle insidie che s’approssimano. E pure delle opportunità: perché quei dieci miliardi che, mal contati, dal gran calderone del Recovery fund potrebbero essere destinati alla scuola, sono un dettaglio tutt’altro che secondario, nella sfida di nervi tra la titolare grillina dell’Istruzione e chi ne medita l’avvicendamento: “Altrimenti non si spiegherebbe come mai – ha osservato lei coi suoi parlamentari, coinvolti in questa dimostrazione d’affetto e solidarietà alla ministra pericolante – proprio mentre stiamo varando il più importante investimento della storia recente sull’edilizia scolastica, si inneschino queste polemiche”.

PUBBLICITÁ

 

Segnali, dunque, che “Lucia non ci pensa neppure, a mollare”, come assicura chi la conosce bene. E anzi, ha già deciso che nei prossimi giorni troverà un modo per comunicare direttamente coi docenti, che spesso non ricevono correttamente le informazioni dai loro presidi o magari s’avventurano a ricercarle nel mare magno e mefitico dei social, dove la propaganda di Salvini avvelena i pozzi. E però, se dei nemici dichiarati diffida com’è giusto che sia, la ministra si fida ben poco anche dello strano silenzio che, dal fronte teoricamente amico, da qualche settimane ha avvolto il suo operato: critiche piovute dal mondo del sindacato (“Ho detto la verità, raccontando una realtà con cui mi scontro ogni giorno”, s’è giustificata la Azzolina a proposito della sua denuncia di sabotaggio da parte di Cgil, Cisl, Uil e non solo), dagli assessori regionali (“Avanzano pretese che vanno ben oltre le loro effettive competenze”), perfino dai direttori scolastici (“Ma io non impongo a nessuno il banco a rotelle: saranno i presidi a decidere per i loro istituti”). Come se insomma al Nazareno, dopo il pizzino ferragostano di Zingaretti in cui si paventava il rischio di “una rivolta di massa sulla scuola”, avessero ora delegato ad altri il ruolo del pungolo.

 

PUBBLICITÁ

“Di certo noi non daremo alibi alimentando polemiche inutili, è la ministra che deve lavorare”, sibilano i parlamentari del Pd, ligi all’ordine di scuderia, al mandato della reticenza. Dario Franceschini, del resto, viene descritto coi connotati di sempre: quelli del pompiere. Già a metà maggio, quando a Palazzo Madama, sulla faccenda dei concorsi per le nuove assunzioni di docenti, l’inciampo pareva inevitabile, si era speso per far deporre le armi ai suoi senatori più intransigenti (compreso il capogruppo Marcucci). E così, anche ora, avrebbe raccomandato di tenere i toni bassi: un atteggiamento che ha a che vedere più con la prudenza dei serpenti, però, che non con la semplicità delle colombe: ché fino al 14 settembre, giorno della fatidica riapertura, non bisogna in alcun modo fornire alibi al M5s.

 

E poi forse c’è pure un altro timore, nella mente del capodelegazione del Pd: una paura che si compone della stessa sostanza di cui è fatta la speranza della Azzolina, per paradossale che sembri. Il punto è, infatti, che un eventuale fallimento nel piano di ritorno in classe sarebbe difficilmente imputabile alla sola ministra dell’Istruzione. Certo, lei è quella che c’ha messo la faccia, e che dunque rischia di perdercela. Ma la riunione convocata ieri a Palazzo Chigi da Giuseppe Conte sta a dimostrare che è chiaro a tutti che le responsabilità della figuraccia ricadrebbero su tutti. Perché, nella riapertura della scuola, è coinvolto senz’altro il ministero dei Trasporti che dovrà garantire, da un giorno all’altro, lo spostamento in sicurezza di nove milioni di persone; e di certo sarà travolto dagli accidenti vari ed eventuali anche il ministro Speranza, responsabile diretto, peraltro, dei rapporti col Comitato tecnico scientifico. Da dove originano gran parte dei problemi della Azzolina. “Quando abbiamo criticato la ministra – dice Gabriele Toccafondi, responsabile della scuola per Italia viva – lo abbiamo fatto proprio per denunciare una certa subalternità della politica ai comitati di epidemiologi”. E in effetti anche lei, ieri, sul Cts non ha speso parole entusiastiche, quando i suoi parlamentari le hanno chiesto che senso avesse inserire nei protocolli del governo il rispetto obbligatorio della distanza di almeno un metro tra uno studente e l’altro, che è come pretendere l’impossibile, dentro le scuole. “Io purtroppo non ho potere di veto, nei confronti delle decisioni del Cts”, s’è lamentata lei.

 

E insomma ieri, al cospetto del premier, a discutere di scuola c’era mezzo governo, compreso il commissario Arcuri (che non sempre ha aiutato la ministra, con certe sue uscite sui banchi monoposto) e Agostino Miozzo, coordinatore di quel Cts che non pochi guai addusse ai tecnici del ministero. E c’erano anche i capidelegazione di maggioranza. A ribadire, insomma, che il ritorno a scuola è un filo sottile su cui marcia, sia pure caracollando, il destino dell’intero governo. E in questo senso generale di precarietà, in questa vertigine collettiva, forse la Azzolina trova un che di stranamente confortante.

PUBBLICITÁ
Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ