grillismo sui social
Così i leoni da tastiera del M5s si fanno agnelli per evitare grane legali
L'ultimo è stato Davide Barillari (espulso ad aprile): insultò Renzi e adesso si scusa per i "toni del messaggio". I casi Di Maio e Di Battista, l'oltranzismo della Castelli
Quanto costa insultare liberamente Matteo Renzi? E' una domanda che andrebbe posta a Davide Barillari, consigliere regionale del Lazio espulso dai 5 stelle lo scorso aprile dopo 10 anni di militanza. Ieri sulla pagina Twitter di Barillari è comparso uno status piuttosto insolito: lo stesso che era arrivato a chiedere le manette per i genitori dell'ex premier ha ammesso, di tutto punto, “di aver esagerato nei toni” di un tweet dell'agosto 2019, e ha chiesto “scusa a Renzi”. Lo stesso a cui, qualche mese fa, dava garbatamente della "faccia da scemo".
Nell'ottobre del 2017, chi seguiva le pagine Facebook di Alessandro di Battista e Luigi Di Maio a un certo punto si imbattè, a distanza di poche ore l'uno dall'altro, in un messaggio tutto da decrittare. Recitava: “La competenza professionale di chi ha redatto il ricorso in Sicilia è fuori discussione”. Anche qui, senza il supporto di un contesto esplicativo, parve un hackeraggio. E invece, come spiegarono i conoscitori dei cinque stelle, era il semplice arretramento, pura strategia legale, per evitare più succose richieste di risarcimento e arginare potenziali querele da parte di Lorenzo Borrè, avvocato siciliano che aveva assistito prima Marika Casamattis, candidata a Genova con i cinque stelle ma poi esautorata dallo stesso Grillo, e Mauro Giulivi per l'appunto nella famosa compilazione delle liste alle regionale isolane. I due big del movimento gli avevano dato dell'azzeccagarbugli e lui giustamente aveva preteso un dietrofront: richiesta accordata per non rimetterci di tasca.
C'è però anche chi ha preferito non piegarsi alla giravolta testimoniale, come Laura Castelli. Il viceministro all'Economia nel 2016, quando era deputata e nella sua Torino si votava per il nuovo sindaco, pubblicò una foto di Piero Fassino abbracciato a una donna titolare di un'azienda vincitrice di un appalto indetto dal comune. Il messaggio diceva: “Che legami ci sono tra i due?”. Per quel contenuto la Castelli è andata a processo per diffamazione aggravata, con altri 18 suoi follower che espressero giudizi diffamatori su internet. E pensare che, emulando i suoi vertici, sarebbe bastato poco per smentire il proprio oltranzismo e in due righe far leggere ai propri seguaci che, pur di evitare rogne, a scusarsi sono buoni pure loro. Seppur strumentalmente.