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L'insostenibile trasparenza di Fraccaro

Marianna Rizzini

Sottosegretario ombra (nel senso che sta nell'ombra), ha fatto dell'invisibilità il suo segreto per sopravvivere alla faide interne al M5s. Dalla difesa della Raggi alla guerra sulle nomine: grillismo a inchiostro simpatico

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Come con l’inchiostro simpatico: qualcosa c’è, ma non si vede. E non si deve vedere: perché se si vede, tutta l’operazione crolla. E per i Cinque Stelle il modello “inchiostro simpatico” è diventato uno dei modi, forse l’unico, per poter galleggiare oltre le tensioni tra gialli e rossi e tra gialli e verdi (prima, ma anche, chissà, vedi mai, in prospettiva), e poter dunque sperare di sopravvivere politicamente, questione del doppio mandato a parte. E insomma c’è, al vertice degli specialisti in metamorfosi verso lo stato di invisibilità, il trentanovenne sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro da Montebelluna, colui che, due sere fa, su Facebook, postava il resoconto del Consiglio dei Ministri presentandolo come una specie di tredicesima fatica di Ercole (“è durato tutta la notte il CdM dedicato al decreto semplificazioni che rappresenta una pietra miliare nel lavoro di questo Governo. Abbiamo approvato riforme inedite per un paese più forte, moderno ed efficiente, in grado di ripartire con più slanci”). Si dà il caso, infatti, che Fraccaro, un tempo considerato non soltanto un soldato scelto e fedele di Luigi Di Maio ma anche un caterpillar della democrazia diretta e del verbo grillino prima maniera, si sia via via trasformato in una sorta di trasparentissimo “segretario” (così lo chiamano i Cinque stelle più ironicamente malevoli), nel senso del sottosegretario che adotta la trasparenza per farsi il modello “inchiostro simpatico” è diventato uno dei modi, forse l’unico, per poter galleggiare oltre le tensioni tra gialli e rossi e tra gialli e verdi (prima, ma anche, chissà, vedi mai, in prospettiva), e poter dunque sperare di sopravvivere politicamente, ">via via più vicino al premier Giuseppe Conte nel suo ruolo istituzionale, e per allontanarsi dall’immagine e dal lessico di pretoriano dell’ex vicepremier, ora ministro degli Esteri.

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Come con l’inchiostro simpatico: qualcosa c’è, ma non si vede. E non si deve vedere: perché se si vede, tutta l’operazione crolla. E per i Cinque Stelle il modello “inchiostro simpatico” è diventato uno dei modi, forse l’unico, per poter galleggiare oltre le tensioni tra gialli e rossi e tra gialli e verdi (prima, ma anche, chissà, vedi mai, in prospettiva), e poter dunque sperare di sopravvivere politicamente, questione del doppio mandato a parte. E insomma c’è, al vertice degli specialisti in metamorfosi verso lo stato di invisibilità, il trentanovenne sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro da Montebelluna, colui che, due sere fa, su Facebook, postava il resoconto del Consiglio dei Ministri presentandolo come una specie di tredicesima fatica di Ercole (“è durato tutta la notte il CdM dedicato al decreto semplificazioni che rappresenta una pietra miliare nel lavoro di questo Governo. Abbiamo approvato riforme inedite per un paese più forte, moderno ed efficiente, in grado di ripartire con più slanci”). Si dà il caso, infatti, che Fraccaro, un tempo considerato non soltanto un soldato scelto e fedele di Luigi Di Maio ma anche un caterpillar della democrazia diretta e del verbo grillino prima maniera, si sia via via trasformato in una sorta di trasparentissimo “segretario” (così lo chiamano i Cinque stelle più ironicamente malevoli), nel senso del sottosegretario che adotta la trasparenza per farsi il modello “inchiostro simpatico” è diventato uno dei modi, forse l’unico, per poter galleggiare oltre le tensioni tra gialli e rossi e tra gialli e verdi (prima, ma anche, chissà, vedi mai, in prospettiva), e poter dunque sperare di sopravvivere politicamente, ">via via più vicino al premier Giuseppe Conte nel suo ruolo istituzionale, e per allontanarsi dall’immagine e dal lessico di pretoriano dell’ex vicepremier, ora ministro degli Esteri.

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Molti Fraccaro sono passati, per così dire, rispetto al governo Conte 1, quando l’attuale sottosegretario era ministro dei Rapporti con il Parlamento. Per non dire dell’anno precedente, il 2017, quando Fraccaro, con Alfonso Bonafede e Danilo Toninelli, si metteva all’opera, su impulso dimaiano, per mettere sotto tutela l’azione politica non proprio brillante del sindaco di Roma Virginia Raggi. C’è stato infatti un Fraccaro ancora legato al se stesso degli esordi, quello che fondava, nel 2010, il primo meet up di Trento, netto su taglio dei vitalizi e del numero di parlamentari, sempre descritto come più dimaiano di Di Maio. E c’è stato un Fraccaro più diplomatico che a Roma, dopo il caso Marra, si poneva come cordone sanitario tra il sindaco in imbarazzo e il resto del mondo – e lo si trovava, nei pressi del Campidoglio, a volte, intento a rispondere ai cronisti con frasi “dico non dico” che potevano essere il prodromo del “vedo non vedo”, atteggiamento adottato successivamente, quando, a cambio di governo avvenuto, l’autunno scorso, nell’inner circle del ministro degli Esteri ci si domandava dove stesse andando a parare Di Maio.

 

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E lui, Fraccaro, non pareva più neanche quasi un fedelissimo del ministro medesimo, da quanto si era fatto immobile, statuetta posata sul comò di Palazzo Chigi. Prima viene il ruolo (il suo), pareva essere diventata la linea guida: un ruolo di cui Fraccaro si era in qualche modo invaghito durante il Conte 1, osservando l’allora sottosegretario leghista Giancarlo Giorgetti. E però la carica non fa l’uomo e viceversa, tanto più che per quella carica, agli albori del Conte 2, si era pensato, nel M5s, a Stefano Buffagni, ora viceministro al Mise, così come nel governo Conte 1 si era pensato a Fraccaro per il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti poi andato a Danilo Toninelli. E la conquista della carica, per Fraccaro, è stato il peccato originale: arrivata la partita delle nomine, con le riunioni nel suo ufficio dei referenti dei partiti e con Alessandro Di Battista a criticare da lontano (e a scrivere un appello firmato anche dalle ex ministre a Cinque stelle Barbara Lezzi e Giulia Grillo), è partita anche la rivolta interna contro il sottosegretario, con tanto di assemblea densa di j’accuse. E’ stato il caso Eni, in particolare, con la riconferma ad amministratore delegato di Claudio Descalzi, a provocare lo scontento nel M5s, e uno iato di toni e pensieri tra Fraccaro e la fronda, con contorno di campagna anti Descalzi sul Fatto quotidiano e poi nomina alla presidenza di Eni di Lucia Calvosa, componente del cda di Seif, società editrice del Fatto stesso. Idem per Enel: resistenze interne e mugugni anti-Fraccaro. Il quale Fraccaro ancora di più si è rifugiato nell’ombra di Conte, tra visibilità (ma istituzionale) e invisibilità, e tra impegni pubblici e vita in famiglia, con figli e moglie ascoltatissima, al netto del non sempre decifrabile portavoce. E mentre l’estate avanza e il governo si barcamena, Fraccaro si mimetizza dietro a post di trasparente, innocua grandeur: “Manovra economica senza precedenti”, “risposte ambiziose alla crisi”, “guardare con più forza al futuro”. Quale futuro? Intanto, forse, il suo.

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