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Conte e il patto del sombrero. Così il premier prova a vendere il Mes a Spagna e Portogallo

Carmelo Caruso

Inizia il viaggio di stato nella penisola iberica, con l'obiettivo di tornare in Italia e dare la notizia: “Non siamo i soli che accetteranno quei soldi”

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Roma. Cerca un po’ di Africa in giardino, ma la trova nella Mancia e nella tenera Lisbona. Al contrario di Alcide De Gasperi che si faceva piccolo piccolo di fronte agli statunitensi (“Tutto è contro di me tranne la vostra personale cortesia”), Giuseppe Conte vola in Spagna e Portogallo come federatore dell’alleanza latina, artefice del “patto del sombrero”, per piegare i diavolacci del rigore.

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Roma. Cerca un po’ di Africa in giardino, ma la trova nella Mancia e nella tenera Lisbona. Al contrario di Alcide De Gasperi che si faceva piccolo piccolo di fronte agli statunitensi (“Tutto è contro di me tranne la vostra personale cortesia”), Giuseppe Conte vola in Spagna e Portogallo come federatore dell’alleanza latina, artefice del “patto del sombrero”, per piegare i diavolacci del rigore.

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E infatti, distinguendosi dai suoi predecessori che per accreditarsi all’estero e per mostrare affinità con la cancelliera (“Io e Angela siamo così”) si imbarcavano all’alba in direzione Berlino, a differenza di chi osservava il cielo francese e poi le nubi londinesi per darsi un tono, Conte parte in Erasmus nella penisola iberica che secondo un parlamentare del M5s ha la cucina migliore d’Europa, “niente a che vedere con i crauti”.

 

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Non è tanto il grasso ad avere scoraggiato Conte, del resto la tappa successiva è in Olanda che con il premier Mark Rutte offre ripetizioni gratuite all’Italia che, avvisa, “deve imparare a farcela da sola”. È questo olandese il maestro di frugalità, vero leader della “banda dei quattro”, Olanda, Svezia, Austria, Danimarca che, si sa, hanno l’idea dell’Italia paese pigro e spendaccione, non la nazione che “deve correre” come pretende l’avvocato che “semplifica”, “sburocratizza”, rivede il reato di abuso d’ufficio, ma “salvo intese”. Sarà dunque perché deve accelerare sul Mes, che per i 5s non è ancora “la soluzione”, sarà perché il governo vuole accettare i 36 miliardi che sono senza condizionalità, ma se Conte parte per la Spagna e si sposta in Portogallo è perché vuole mettere a entrambi la pulce nell’orecchio: “Ma non è che anche a voi, come a noi, fa gola quel tesoretto?”. Come sarebbe tutto più facile, e dantesco, fare ritorno in Italia e dare la notizia: “Non siamo i soli che accetteranno i soldi del Mes”. C'è di mezzo la famosa questione dello stigma: chi se lo prende per primo, il benedetto Mes, rimane marchiato d'infamia? Meglio, per l'Italia – pensa Conte –, non essere soli. 

    

Luigi Di Maio è un uomo che ormai conosce la complessità, un lettore attento dei classici francesi, e nel M5s, va bè, ovviamente non si può dire, ma se l’Italia non fosse la sola a ricorrere al Mes a quel punto come dire no? L’obiettivo rimane però il Recovery Fund, ben 172 miliardi da ottenere e che Conte ripete: “Non sarebbe una ripartenza, ma qualcosa di epocale”. Gli stava scappando “poderoso” ma poi si è frenato. Come i viaggiatori che aprivano i commerci e che per ingraziarsi i nuovi signori con cui poi avrebbero allacciato rapporti diplomatici, Conte, nel suo bagaglio a mano, ha inserito il Piano nazionale delle riforme e pazienza se è un po’ confuso, se le liberalizzazioni non catturano i liberali, pazienza se rimane il salvataggio ad Alitalia. Con il decreto semplificazioni è convinto di sbloccare addirittura 120 opere strategiche e prevede un codice degli appalti semplificato, la possibilità di nominare commissari “modello Genova. Che deve fare più di così?

 

Per Cristian Romaniello, un deputato competente del 5s e che siede in commissioni Affari Esteri, “le ambizioni di Conte sono interessanti. È giusto che si cominci facendo visita a Spagna e Portogallo”. E però, nel Pd, dove hanno frequentato le scuole alte e letto i libri giusti, dicono che è in realtà Conte dovrebbe persuadere la Francia, trovare un’intesa con Macron, pane italiano e borgogna francese, per stordire la Ue. E invece lui che fa? Alla Merkel fa il baciamano e quando occorre (ma era Conte uno) le fa qualche confidenza al bancone di Davos. Oggi che si è liberato di Matteo Salvini e che ha un gradimento altissimo, Paolo Gentiloni che da Bruxelles ammorbidisce la Commissione, si permette di dire come Don Quijote, esaltato dalle sue avventure, che “l’appuntamento è con la storia”. Ci sono premier che sognano la Casa Bianca e poi c’è Conte. Il premier delle azulejos.

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