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Casaleggio virus

Luciano Capone

Farci uscire dalla crisi uscendo dalla democrazia? Ragioni per contrastare la ricetta del padrone del M5s

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Roma. Ogni epoca ha avuto i suoi ciarlatani, personaggi che giravano per le piazze delle città per attirare gente a cui vendere rimedi magici e unguenti miracolosi. Di fronte alla gravità del coronavirus, a parte qualche speculatore di mascherine e venditore di integratori farlocchi, si sono visti pochi sciacalli. Persino la Boiron, multinazionale dell’omeopatia, ha sconsigliato di utilizzare i propri inutili prodotti contro il virus suggerendo di seguire le indicazioni della medicina ufficiale. Tutti hanno fatto un passo indietro.

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Roma. Ogni epoca ha avuto i suoi ciarlatani, personaggi che giravano per le piazze delle città per attirare gente a cui vendere rimedi magici e unguenti miracolosi. Di fronte alla gravità del coronavirus, a parte qualche speculatore di mascherine e venditore di integratori farlocchi, si sono visti pochi sciacalli. Persino la Boiron, multinazionale dell’omeopatia, ha sconsigliato di utilizzare i propri inutili prodotti contro il virus suggerendo di seguire le indicazioni della medicina ufficiale. Tutti hanno fatto un passo indietro.

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O meglio, quasi tutti. Perché c’è chi, come Davide Casaleggio, il padre-padrone del M5s, ha approfittato di una grave crisi per rivendere al paese il suo mediocre rimedio digitale che si ispira alla sua idea omeopatica di democrazia. Il presidente della Casaleggio Associati, che è anche il capo eterno dell’Associazione Rousseau, nei giorni scorsi ha scritto un intervento sul Sole 24 Ore infarcito di banalità pseudo-tecnologiche e futuristiche sulle grandi crisi come grandi opportunità (non poteva mancare la logora parola magica “resilienza”). Ogni paese ha i suoi innovatori, visionari capaci di costruire il futuro: a noi però è toccato un personaggio divenuto popolare per essere l’erede di un imprenditore che ha dato il nome all’azienda di famiglia, quindi qualcosa che somiglia più a Paris Hilton che a Bill Gates o Steve Jobs. Dato il contesto non si comprende bene perché l’Italia, con tutte le intelligenze e competenze che ha a disposizione, debba prestare attenzione ai pensierini superficiali del figlio di Gianroberto Casaleggio. Se è per il suo potere politico – cosa evidente – non si capisce perché parli a nome della sua azienda privata, la Casaleggio Associati, e non sottoponga invece i suoi progetti al governo di cui il suo partito è azionista di maggioranza.

 

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In ogni caso, dell’articolo di Davide Casaleggio sul Sole 24 Ore, due aspetti sono particolarmente interessanti. Il primo è quando afferma che “investimenti sull’e-commerce potrebbero essere una soluzione per alcuni produttori e distributori che stanno subendo un rallentamento delle vendite nei negozi fisici”, perché l’e-commerce e il posizionamento in rete delle aziende sono proprio il business della Casaleggio Associati. Come al solito, non si distingue dove inizi il politico e dove l’imprenditore, se cioè Casaleggio offra soluzioni per il paese o per la sua azienda. È come se Silvio Berlusconi scrivesse apertamente su un quotidiano che durante il periodo di crisi e di quarantena causato dal coronavirus, con tutta la gente bloccata a casa a guardare la tv, puntare sugli spot televisivi sarebbe un ottimo investimento per le imprese.

 

Guardando l’altro lato della medaglia, quello del Casaleggio politico, c’è un passaggio del suo intervento che è davvero inquietante e che dovrebbe suscitare, in particolare tra le vestali della Costituzione, una reazione indignata. Ed è quando Casaleggio usa questa grave crisi sociale, che purtroppo limita per forza di cose la libertà di movimento delle persone, per rivendere alle istituzioni la sua piattaforma di voto online. Il presidente dell’Associazione Rousseau scrive infatti che la quarantena e le misure emergenziali per il contrasto dell’epidemia potrebbero “anche essere l’occasione di testare il voto online per i comuni dove non sarà possibile recarsi ai seggi per il referendum di fine marzo”. C’è innanzitutto un’impossibilità tecnica, in tempi così stretti, di una sperimentazione del genere, che tra l’altro non risolverebbe il problema dell’impossibilità di raggiungere il seggio, visto che in genere nelle democrazie in cui esiste il voto digitale è necessaria la presenza al seggio. A meno che il modello istituzionale di Casaleggio non sia la sua “piattaforma Rousseau”, un catorcio tecnologico che non è in grado di assicurare né la sicurezza né la correttezza del voto, come ha certificato il Garante per la Privacy sanzionando la gestione allegra dei dati e delle procedure del sistema privatistico messo in piedi da Casaleggio.

 

È preoccupante che ci siano disattenzione e silenzio su queste uscite del padre-padrone della prima forza parlamentare del paese, che peraltro ha esplicitamente teorizzato il superamento della democrazia rappresentativa con il suo surrogato digitale. E’ preoccupante perché, come scrive Casaleggio, “i cambiamenti in Italia solitamente avvengono solo per una di queste ragioni: per ispirazione o disperazione”. E spesso di fronte alla disperazione gli italiani si affidano ai ciarlatani, ai venditori di olio di serpente o alle pseudocure, come accaduto ai tempi del “metodo Di Bella”, proprio quello che Casaleggio propagandava sui suoi siti di fake news.

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