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Oltre il centro c’è di più?

Carmelo Caruso

Dopo il primo passo di Assisi, chi c’è e dove vuole andare il partito di Conte (che però non è di Conte)

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Roma. Non si accontenta della parola “partito” che non può fare parte del suo lessico (“In politica si usa purtroppo un lessico abituale”) e dunque ha iniziato a chiamarla “area”, la superficie che per i Latini stava a indicare i luoghi liberi e piani della città e che per Giuseppe Conte è invece l’indefinito che vorrebbe definire: “Mi piacerebbe essere il punto di riferimento di un’area innovativa per lo sviluppo sostenibile”. E infatti, con l’aiuto maieutico di Lilli Gruber, che lo ha intervistato a Otto e Mezzo, il premier, che ha la qualità dell’elastico, ha detto che sì, è pronto a federare i sentimenti (“Nella mia area inclusiva ci potrebbe essere spazio per il M5s”), ma anche a scucire le identità perché “il nuovo spazio non può essere una camicia costrittiva”. Il nuovo spazio ha in realtà già un solido manifesto che ha tutte le caratteristiche care a Conte: ecologico, cattolico, ambientale. E’ stato presentato ad Assisi, lo scorso 24 gennaio, da Ermete Realacci e tra gli ospiti c’era proprio il premier che per essere presente ha rinunciato a essere a Davos perché qui, ad Assisi, “si parla della cura del pianeta e c’è attenzione verso tematiche che risalgono al Medioevo”. 

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Roma. Non si accontenta della parola “partito” che non può fare parte del suo lessico (“In politica si usa purtroppo un lessico abituale”) e dunque ha iniziato a chiamarla “area”, la superficie che per i Latini stava a indicare i luoghi liberi e piani della città e che per Giuseppe Conte è invece l’indefinito che vorrebbe definire: “Mi piacerebbe essere il punto di riferimento di un’area innovativa per lo sviluppo sostenibile”. E infatti, con l’aiuto maieutico di Lilli Gruber, che lo ha intervistato a Otto e Mezzo, il premier, che ha la qualità dell’elastico, ha detto che sì, è pronto a federare i sentimenti (“Nella mia area inclusiva ci potrebbe essere spazio per il M5s”), ma anche a scucire le identità perché “il nuovo spazio non può essere una camicia costrittiva”. Il nuovo spazio ha in realtà già un solido manifesto che ha tutte le caratteristiche care a Conte: ecologico, cattolico, ambientale. E’ stato presentato ad Assisi, lo scorso 24 gennaio, da Ermete Realacci e tra gli ospiti c’era proprio il premier che per essere presente ha rinunciato a essere a Davos perché qui, ad Assisi, “si parla della cura del pianeta e c’è attenzione verso tematiche che risalgono al Medioevo”. 

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Nei confronti di Conte c’è sicuramente l’attenzione dei cattolici, sociologi, economisti, storici, un mondo che in Italia si continua a chiamare, secondo Mauro Magatti, erroneamente centro “senza capire che il centro è invece la questione più che lo spazio”. La questione è tuttavia se Conte rifarà il partito dei cattolici… “Il partito dei cattolici non dovrebbe esistere. Già don Luigi Sturzo diceva che si tratta di un ossimoro” risponde Magatti, docente di Scienze sociali alla Cattolica di Milano, che ha sottoscritto il manifesto di Assisi, “ma non c’ero all’appuntamento per ragioni personali”. Ci sarà nel partito di Conte? “Una cosa è parlare dell’area dello sviluppo sostenibile, area che ritengo indispensabile, anzi, l’unica via, altra del leader. Di Conte penso che sia un uomo capace di fiutare il vento, ma che la sua nomina a presidente del Consiglio appartenga agli eventi sorprendenti. E’ abbastanza intelligente per comprendere che lui deve essere il tramite e preparare la classe dirigente di quella nuova area. Può aiutare a rinforzarla. Ma le facce sono irrilevanti”. Per Magatti la faccia dell’area Conte potrebbe anche avere la barba di Stefano Bonaccini che ha realizzato quanto Conte concerta. “In Emilia-Romagna, anche grazie alla spinta delle Sardine, Bonaccini ha mostrato che si possono intercettare i fenomeni di cui si è parlato ad Assisi”. Sono i fenomeni che riguardano la sostenibilità e il senso di comunità dato che per Magatti “tutto ormai si è slegato. Oggi la vera questione è la ‘rilegatura’. La vera domanda è come ci rimettiamo insieme”. E però, la domanda è se li mette insieme Conte. La rivolgiamo a Ermete Realacci, una vita a sinistra, a Legambiente (presidente onorario), oggi promotore del manifesto che ha folgorato il premier e altri 2.500 che lo hanno sottoscritto, (“C’è un’economia, un pezzo d’Italia in cerca d’autore”). E nelle 2.500 firme si segnalano quelle del senatore a vita Renzo Piano, di Stefano Zamagni, il padre del Terzo settore, presidente della Pontificia accademia delle Scienze sociali, ma ci sono anche rettori universitari, sindaci di piccoli comuni, quelli che Realacci chiama i corpi intermedi, “un aggregato diverso e originale. Lo so anche io che i temi di Assisi fanno parte dell’agenda del nostro premier e non posso che esserne felice. Ma ricordo che fanno parte dell’agenda di Nicola Zingaretti. Sono voci nella lista della spesa, ma alla fine si riducono a essere ‘cosine’ e non veri punti di programma. Non basta”.

 

 

Ad Assisi le frasi più ispirate le ha pronunciate il presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti che è sicuramente un riferimento per Conte che come Realacci è dell’opinione che esiste uno spazio non coperto, dove “è possibile allineare economia, scienza e società”. Ed è vero che il dibattito sulle persone non è mai stato gradito agli uomini che hanno inclinazioni, ma per il professore di Economia politica all’Università di Tor Vergata, Leonardo Becchetti, primo firmatario del manifesto di Assisi (“Sto collaborando anche con il ministro dell’Ambiente”) allinearsi a Conte, e certo non solo a Conte, è possibile: “Il premier è attento, estremamente sensibile al dibattito nato e sviluppatosi intorno al riformismo comunitario. La sua figura è centrale”.

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Come per Becchetti anche per Magatti si va ridefinendo l’asse destra-sinistra e la trasformazione interroga i cattolici: “C’è chi segue la via populista, ma ci sono quelli che cercano una nuova prospettiva”. Magatti li chiama i prudenti, quelli che “ascoltano la realtà e offrono soluzioni graduali, senza soffiare sulle paure”. Non è che il partito di Conte potrebbe chiamarsi il Partito della prudenza? “Messa così non prenderebbe molti voti. Ma la prudenza, come ho cercato di spiegare, è un valore da riscoprire” risponde ancora Magatti. E dunque si torna alla dialettica destra-sinistra che invece, per Becchetti, è ormai il derby inattuale fra lib e lab, socialisti e liberali. “Per troppo tempo si sono lasciate da parte le persone. Lo ha capito Matteo Salvini e se ne è appropriato. Non possiamo lasciarle a Salvini e al suo populismo”. Il compito lo lasciate a Conte? “Oltre Conte ci sono uomini come Graziano Delrio, Maurizio Martina. Lo dico ancora, non sono i nomi la priorità. Scopriremo chi è il più adatto”. Non esiste ancora un partito, ma si possono già fare le primarie.

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