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Basta con i falsi nemici dell’antisemitismo

Claudio Cerasa

Ipocriti no grazie. La guerra contro chi odia gli ebrei (e contro gli estremismi) si vince solo disarmando il sovranismo e la xenofobia. Il modo c’è: portare Israele in Europa. Il ministro per gli Affari europei Amendola dice al Foglio che è ora di farlo

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Tra gli effetti più suggestivi del dibattito relativo al voto sulla commissione straordinaria contro l’odio, il razzismo e l’antisemitismo proposta dalla senatrice a vita Liliana Segre e votata mercoledì scorso in Parlamento c’è un aspetto interessante che, al di là delle mille polemiche e delle mille strumentalizzazioni costruite su questo voto, vale forse la pena valorizzare.

 

Per la prima volta da molto tempo a questa parte il Parlamento italiano, pur dividendosi come sappiamo sul voto per l’istituzione della commissione, ha mostrato di avere a cuore il tema della guerra contro l’antisemitismo. Lo hanno mostrato a loro modo i partiti che hanno votato sì alla commissione Segre e il fatto che anche un partito come il M5s, che in passato ha spesso giocato con l’antisemitismo e con l’antisionismo – chiedere ad Alessandro Di Battista che negli scorsi anni è arrivato a considerare Israele responsabile di genocidi, sostenendo che “sono le azioni del governo israeliano la benzina gettata sul fuoco degli antisemiti nel mondo” – è una notizia oggettivamente positiva.

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Ma, se ci si pensa un istante, lo hanno mostrato nelle ore successive al voto sulla commissione anche i partiti che non hanno votato a favore e che, una volta compresa la trappola in cui si erano cacciati – come si fa a non votare a favore di una commissione contro l’antisemitismo proposta da una senatrice sopravvissuta all’Olocausto? – si sono tutti affannati per dimostrare di essere anche loro contro l’odio, la violenza e l’antisemitismo. E’ riuscito con facilità a Silvio Berlusconi, che tra tutti i politici italiani è quello che negli ultimi anni ha mostrato, con meno contraddizioni, vicinanze non strumentali al popolo ebraico; è riuscito invece con meno facilità agli altri partiti che fanno parte della coalizione di centrodestra. E questo non per ragioni legate a episodi spiacevoli registrati in Aula, come le urla “sionista-sionista” arrivate due giorni fa dai banchi di Fratelli d’Italia contro il deputato del Pd Emanuele Fiano, ma per ragioni legate all’identità più profonda del pensiero nazionalista e sovranista.

 

Papa Francesco, qualche settimana fa, in un intervento pronunciato nella Sala Clementina del Vaticano, ha sintetizzato bene la questione quando ha ricordato che “l’eccessiva rivendicazione di sovranità da parte degli stati” quando degenera in un “nazionalismo conflittuale” produce “razzismo o antisemitismo”. E il problema, per gli alleati di Berlusconi, in fondo è tutto qui ed è lo stesso che segnaliamo da mesi: un politico davvero interessato alla lotta contro l’antisemitismo può permettersi di giocare come se nulla fosse con gli istinti xenofobi, con la grammatica del fascismo, con le citazioni del duce, con la retorica nazionalista e persino con gli atteggiamenti aggressivi contro la comunità rom senza preoccuparsi del fatto che una volta che si accende il ventilatore dell’estremismo il vento di fango che si viene a generare rischia, semplicemente, di non essere più controllabile?

 

Barbara Pontecorvo, stimato avvocato romano, molto vicina alla comunità ebraica, ha scritto la scorsa settimana sul Foglio un piccolo saggio per spiegare la ragione per cui i sovranisti, per quanto possano essere vicini a Israele, non potranno mai essere fino in fondo contro l’antisemitismo per una ragione semplice: “Il messaggio sovranista e populista non rimette solo al centro l’uomo medio, ma risveglia anche, con l’uso di simboli (materiali e del linguaggio), con riferimenti al passato, tutti quei movimenti di richiamo al fascismo, al nazismo e al suprematismo che si ritrovano in una simile base ideologica e che ricevono un insperato beneficio di rappresentanza e di legittimazione”.

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L’antisemitismo, al contrario di quello che in molti sembrano sostenere, non è un problema che riguarda solo gli ebrei o i sopravvissuti all’Olocausto ma è la spia di quelli che sono gli effetti dell’estremismo di ogni genere. E che rischiano di diventare incontrollabili. Per questo vale la pena non sottovalutare, come test per la guerra contro l’antisemitismo, le parole che ieri mattina ha consegnato al Foglio il ministro per gli Affari europei Enzo Amendola, che ha confermato di voler far sua una battaglia pannelliana rilanciata poche settimane fa dal nostro giornale: sfidare gli estremismi portando Israele in Europa. “Dal 2005 tra Israele e l’Unione europea – ci ha detto ieri mattina Enzo Amendola – c’è un accordo di associazione sul commercio, sulla ricerca e sugli scambi economici. Il Foglio ha ragione: per avvicinare Israele all’Europa forse quell’accordo non basta più”. Per combattere davvero gli amici dell’antisemitismo non basta farlo a parole ma occorre farlo con i fatti. E i fatti ci dicono oggi che senza combattere ogni forma di xenofobia, di nazionalismo, di sovranismo e di odio per il diverso, cari Salvini e cara Meloni, non si potrà mai essere davvero schierati fino in fondo dalla parte giusta della storia e a favore della libertà. Sostenere l’ingresso di Israele in Europa, a suo modo, potrebbe essere un primo passo per dimostrare di essere contro gli estremismi. Vale la pena provarci.

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