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La sberla generazionale di Renzi non si spiega solo con il fattore C

Il premier ha cambiato la sinistra, in un modo storico, come mai era successo prima. E’ una mutazione genetica della sinistra? Certo che lo è. E può piacere o no, ma oltre al culo c’è sostanza.
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Ha scritto Alessandro Sallusti venerdì scorso sulla prima pagina del Giornale che Matteo Renzi riesce ad avere successo in questa fase della vita politica e della legislatura per una ragione semplice e lineare che coincide con una parola secca: il culo. Renzi, sostiene Sallusti, funziona perché ha molta fortuna. Perché le condizioni economiche sono favorevoli. Perché c’è Draghi che aiuta con il suo alleggerimento quantitativo. Perché c’è l’euro basso che aiuta le esportazioni. Perché c’è il petrolio a livelli molto convenienti. Perché c’è l’Expo che dà una bella botta al paese. E così via.
 
Il fattore C di Renzi esiste, sarebbe sciocco negarlo, e lo abbiamo messo nero su bianco noi stessi su questo giornale qualche mese fa, con un magnifico paginone del nostro Stefano Di Michele. Ma continuare a osservare Renzi solo con questa lente di ingrandimento e continuare a ingabbiarlo solo raccontando che il segretario del Pd è un Dc 2.0 o un nuovo Berlusconi o un nuovo Craxi o un nuovo Fanfani è un modo astuto ma pigro per nascondere una verità che può piacere oppure no ma che comunque esiste e che non ha senso continuare a negare.
 
Renzi ha cambiato la sinistra, in un modo storico, come mai era successo prima. Ha sottratto agli avversari alcune storiche battaglie stupidamente regalate nel passato agli avversari della sinistra dai predecessori di Renzi. Ha mandato a quel paese i sindacati e ha costruito la sua scalata al più importante partito di sinistra d’Europa contrapponendo la sua visione a quella del segretario della Cgil, che non a caso oggi non vota più Pd. Ha scelto, seppure a fasi alterne, di prendere a sberle il circo mediatico giudiziario dei taglia polsi delle procure e dopo vent’anni è stato il primo presidente del Consiglio italiano a firmare una legge che ha riconosciuto un principio non male: i magistrati non sono intoccabili e se sbagliano devono pagare. E’ culo? Forse sì, perché i tempi erano maturi, e perché dopo vent’anni di dipietrismo solo gli scemi possono pensare che le guide morali del nostro paese debbano essere gli Ingroia e i Di Matteo.
 
E poi c’è la botta della riforma del lavoro, con l’abolizione parziale dell’articolo 18: che può piacere oppure no ma che è stata fatta ed è stata approvata da una direzione di un partito che non si chiama Pdl o Forza Italia ma si chiama Partito democratico. E poi c’è Marchionne, il capo della Fiat, trasformato in un’icona della sinistra, con il quale Renzi ha messo in campo lo stesso identico rapporto che all’inizio degli anni duemila aveva costruito Gerhard Schröder con l’ex capo del personale della Volkswagen Peter Hartz: flessibilità, contratti a tutele crescenti, valutazione del lavoro in base alla produttività. E poi le tasse che non sono belle, mi consenta, ma sono orrende, quando sono alte, e per questo ora bisogna abbassare, cribbio. E poi le intercettazioni che chissà se verranno mai riformate ma che intanto Renzi ha messo nero su bianco che devono essere messe a punto perché non è accettabile che ci sia una dittatura che in Italia ha la capacità indiscriminata di aprire il ventilatore e sputtanare potenzialmente chiunque abbia un telefono. E poi il bipolarismo imposto via legge elettorale. Certo: imposto anche per vantaggi personali, perché ovviamente è facile fare una legge elettorale che premi il primo partito se quel primo partito sei tu, ma che comunque è stata fatta, ha un senso forte, rotondo, e che potrà piacere o no ma indica una direzione: il tripolarismo non è il futuro dell’Italia ma lo si può correggere con una legge violentemente maggioritaria. E’ culo? Forse sì, perché anche qui i tempi erano maturi, perché solo chi ha piccole rendite da custodire, in Italia, ha paura che ci sia qualcuno che vince e che poi governa.
 
E infine la Costituzione, che non è più la più bella del mondo e che non è più un terreno sul quale hanno diritto di parola solo i giacobini della Carta, alla Settis e alla Rodotà, ma che semplicemente, come ha provato a fare nel passato anche Berlusconi, andava riformata e adattata alla modernità. E dunque stop bicameralismo perfetto. Addio, più o meno, al Senato. Addio, più o meno, a quel federalismo monco che ha tenuto in ostaggio per un decennio il nostro paese.
 
[**Video_box_2**]E’ una mutazione genetica della sinistra? Certo che lo è. E può piacere o no, ma oltre al culo c’è sostanza. E non capire questo fenomeno non significa non capire cos’è il Pd – che chissenefrega – ma significa non rendersi conto che c’è un pezzo d’Italia che sta cambiando, che s’è rotto gli zebedei dei Fazio e dei Saviano, e che non si può inquadrare in normali gabbie semantiche – la nuova Dc, il nuovo Psi, il nuovo Fanfani, il culo – e che va capito e studiato. E’ un modello che chi lo sa se avrà successo ma che a occhio e croce è destinato a durare e che per questo va capito, anche da destra. Non necessariamente per elogiarlo o per sposarlo ma per evitare di commettere lo stesso errore commesso nel passato dalla sinistra con Berlusconi: considerare quella che è una novità solo come un fenomeno di passaggio, autoconvincersi di questo, coprirsi gli occhi di fronte a una gustosa trasformazione generazionale e non comprendere invece che in realtà la politica spesso non rivoluziona il paese ma tende semplicemente a rappresentare un paese che cambia.
 
Il culo c’è, ovvio, ma non è l’unica chiave per spiegare il modo in cui Renzi è riuscito facilmente a trasformare gran parte dell’opposizione al suo governo in un piccolo succedaneo della retorica della Cgil. “I giornali delle ultime 48 ore – ha scritto sabato scorso sul nostro giornale in una lettera deliziosa l’ex parlamentare del Pdl Mario Landolfi – scrivono che Verdini è alle prese con il pallottoliere per mettere in sicurezza il governo, che il premier difenderà a Bruxelles l’abolizione della tassa sulla prima casa, che la maggioranza vuole asfaltare RaiTre, che il ddl sulle unioni gay è finito in un cassetto e che il ponte sullo Stretto si farà. Poi ho letto che il Cav ha annunciato opposizione dura. A chi?”. Già, a chi?
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