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Procure e giornali, giù la maschera

L’Anm, le intercettazioni, la pistola fumante del circo mediatico giudiziario. L’Anm che strepita e che si dispera e che si indigna all’idea che ai giornali potrebbe essere vietato pubblicare intercettazioni irrilevanti che riguardano persone estranee alle indagini è una certificazione plastica delle tragiche conseguenze provocate dalla grancassa del circo mediatico giudiziario.
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Fottuti, è questo il problema. Dietro le parole minacciose con cui il mondo dell’Anm ha scelto di commentare l’approvazione di una legge che offre al governo la delega per scrivere nuove regole sulle modalità di registrazione e di diffusione delle intercettazioni, esiste una questione centrale che spiega bene la disperazione dell’Associazione nazionale magistrati e delle Liana Milella di tutto il mondo rispetto all’idea che la politica possa intervenire non tanto sull’intercettazione come strumento di indagine ma quanto sull’intercettazione come strumento di pressione giudiziaria. In fondo ci si potrebbe chiedere che diavolo di problema c’è se il governo decide di modificare i criteri con cui possono essere diffuse registrazioni che riguardano fatti irrilevanti commessi da persone terze. Ma il fatto che sia necessario farsi questa domanda ci porta a riflettere su una serie di questioni non indifferenti che riguardano il rapporto perverso tra procure e giornali.

 

L’Anm che strepita e che si dispera e che si indigna all’idea che ai giornali potrebbe essere vietato pubblicare intercettazioni irrilevanti che riguardano persone estranee alle indagini è una certificazione plastica delle tragiche conseguenze provocate dalla grancassa del circo mediatico giudiziario. E in un’epoca in cui il magistrato non è più solo colui che fa rispettare la legge ma è anche colui che fa rispettare la morale, e che per far rispettare la morale deve offrire al giornalista non soltanto le prove dei reati ma anche dei peccati, si capisce bene la tragedia di osservare qualcuno che intende spingere il pulsante off del ventilatore di letame. Nell’èra del processo mediatico la triangolazione tra magistrati birichini e giornalisti velinari è diventata un ingrediente fondamentale del nostro sistema giudiziario. E non ci sfugge che per un magistrato abituato a cercare e a creare attorno alla propria indagine un consenso popolare, l’idea di dover farcire il proprio fascicolo giudiziario di prove e non di peccati provochi al circo mediatico giudiziario una sensazione non troppo differente – siamo fottuti – da quella che in questi giorni proveranno senz’altro i direttori di quei giornali che dopo essersi cibati a lungo di intercettazioni spazzatura e di post-it in difesa della libertà di sputtanare oggi fanno finta di nulla e dicono bravo Matteo: finalmente la facciamo finita con questa storia assurda della pubblicazione di intercettazioni spazzatura. Una delizia.

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