Una scena da "Sabato, domenica e lunedì" di Edoardo De Angelis, su RaiPlay 

piccola posta

L'epifania "sorrentiniana" del cammello nell'ultimo Eduardo televisivo

Adriano Sofri

Sarebbe un dromedario in realtà. I camelidi sono gli animali più eleganti e maestosi, e anche così, in Arabia Saudita gli fanno il lifting e il botox per gareggiare nei concorsi. La tracotanza dell'animale umano

Si dice: non ho letto il libro, e non l’ho nemmeno recensito. Io non ho visto una trasposizione televisiva di Eduardo ma ne trovo numerose recensioni (“la trasposizione intersemiotica non c’è”, scrive una brava specialista, mettendomi in soggezione): apprendo comunque di una scena in cui il protagonista appare su una terrazza napoletana in compagnia di “un cammello”, in realtà, mostrano le figure, un dromedario. Scena “sorrentiniana”. (Sorrentino saprebbe che cosa fare del Quirinale, e se non accettasse e si insistesse a cercarne uno maschio, allora Toni Servillo, e dico sul serio). Ora, io ho una passione per il dromedario, il più maestoso ed elegante degli animali, come sa chi abbia trascorso anche un solo giorno in Rajastan, e per i camelidi in genere. Non sono certo il solo: “Le chameau, que d’élégance!”, Maupassant. Mi sono ricordato (se fosse già citato nella fiction televisiva, scusatemi) del popolarissimo romanzo fantastico di Jacques Cazotte, “Il diavolo innamorato”, Le diable amoureux, “novella spagnola”, 1772. Che però uscì con la data del 1771 e il luogo di edizione: Napoli. Il venticinquenne protagonista, capitano spagnolo al servizio del re di Napoli, scettico appena iniziato alla cabala, sfida tra le rovine di Portici il diavolo a comparire, e Belzebù appare in forma di una spaventosa testa di cammello dalle orecchie smisurate, e chiede (in italiano nel testo): “Che vuoi?”. Domanda che risuona sulle volte e nelle grotte, e che avrà un formidabile destino psicoanalitico. Ma qui mi interessava il precedente napoletano, sorrentiniano, dell’epifania del cammello. Il Baudelaire posseduto, “Mio caro Belzebù, ti adoro”, avrebbe evocato “Il cammello di Cazotte, cammello, diavolo e donna”.

Il fatto è che alcuni dei più famosi amatori di cammelli – ce ne sono, come di donne – vengono periodicamente alla ribalta per la diabolica tentazione di rendere i nobili animali ancora più belli. Già nel 2018 all’annuale Festival del cammello di Re Abdulaziz, ad Al Dhana, 120 km da Riyad, Arabia Saudita, una dozzina di cammelli furono squalificati perché i loro allevatori avevano fatto ricorso alla chirurgia estetica, che provvidenzialmente il regolamento vieta. E di nuovo quest’anno al famoso Concorso di bellezza – migliaia di animali concorrenti, decine di milioni di dollari in palio – 43 cammelli ritoccati sono stati messi fuori per gli accertati interventi di “lifting facciali, botox eccetera” intesi a migliorarli esteticamente, muscolatura, naso, mascelle, rughe, e soprattutto le labbra. 

Quest’anno, per la prima volta, sono ammesse al Camel Festival le donne. Mi guardi il cielo dal toccare il tema delle labbra femminili umane: il mio rispetto per la libertà di disporre del proprio corpo va senza condizioni dal filler per le rughe al suicidio assistito. In occasione delle rinnovate notizie sul Festival del cammello si è ricordato che la Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia ha proibito ogni genere di intervento estetico, compreso il taglio di coda e orecchie ai cani – con un’eccezione per alcune specie da caccia, che sperabilmente finiranno, le eccezioni, quando finalmente finirà la caccia. Voler migliorare il cammello, e addirittura il dromedario (già quel rasarne il pelo per disegnarne figure seducenti) è una prova suprema della hybris dell’animale umano. Il creatore contemplò il dromedario, lo trovò perfetto, e decise di riposarsi.