Parigi, Stella Tennant sfila per Chanel (autunno-inverno 1999/00, foto LaPresse)

È morta Stella Tennant, icona del British style

Fabiana Giacomotti

Eleganza inarrivabile, capace di ricordare Veruschka e Napoleone insieme: la passerella perde una supermodella di culto

Stella Tennant non era solo la “prima top androgina”, come hanno scritto al primo annuncio della sua morta improvvisa, per cause dichiarate come naturali, a 50 anni, poche ore fa, e che è comunque un’informazione discutibile e confutabile, perché prima di lei, e facciamo un nome fra decine, ci fu Grace Jones. Stella Tennant, musa di Karl Lagerfeld e di Lee Alexander McQueen, era invece una delle poche modelle di quel genere che un tempo si sarebbe definito racé: di razza. Aristocratica.

  

  

Come era stata Veruschka, come sarebbe stata Cara Delevingne, come non sarà mai Kylie Jenner e per quanto ci provi. Sappiamo di essere classisti, snob e di scrivere cose che il politicamente corretto ha almeno ufficialmente cancellato, ma non c’era bisogno di sapere che Stella fosse nipote di Andrew Cavendish e di Deborah Mitford, duchessa di Devonshire, ultima delle leggendarie sorelle Mitford, per intuirne il tipo di educazione ricevuta. Bastava vederla incedere in passerella o sorridere, con quella eleganza quieta e sicura di sé. Non aveva la smania di arrivare di Kate Moss o di Naomi Campbell perché era già arrivata. Arrivata fin dalla nascita, che era avvenuta a Chatsworth, una di quelle stately homes di cui l’Inghilterra va fiera e che fino al Covid veniva visitata da migliaia di persone ogni anno, che poi ne uscivano comprando il libro di ricette di “Debbie”.

 

Era stata scoperta, non a caso, da una sua coetanea e connazionale divenuta famosa negli Stati Uniti, “Plum Sykes” nata Victoria Rowland, autrice di punta della cosiddetta “chick-lit” degli Anni Novanta, prediletta di Anna Wintour che, tutti tendono a dimenticarlo, è inglese fin nel profondo; insomma, il genere di scrittrice che disquisisce per ore di “limo shoes”, le scarpe così alte, scomode e stravaganti da poter essere indossate giusto per il tragitto dalla limousine al ristorante, ma che in Stella aveva visto il proprio omologo iconoclasta: altissima, magrissima, piercing al naso, acconciatura mullet cut,  il “taglio da triglia” reso famoso dai post punk inglesi alla fine degli Anni Ottanta. Quando diventò il nuovo darling della moda, Stella Tennant studiava arte alla Winchester. Era irresistibile, magnetica: la prima volta che la vedemmo sfilare per Gianfranco Ferrè, in quelle sue meravigliose e impossibili camicie bianche, i pantaloni di pelle aderenti, gli stivali alti, ci ricordò Napoleone nel ritratto di Antoine Jean Gros.

 

Arrivava da un altro mondo, semplicemente. Aveva debuttato nel 1994, ma dicono le cronache che “scandalizzò” il mondo con la propria magrezza nel 1996, sfilando in microbikini per Chanel. Non ricordiamo di aver ravvisato segni di denutrizione. Di certo, quando solo quattro anni dopo aveva annunciato l’addio alle passerelle perché incinta, felice, del fotografo David Lasnet, molti avevano rimpianto la sua presenza. Ormai era mamma di quattro bambini e di una famiglia bellissima che oggi ne ricorda “la grande capacità di ispirare”. Era ricomparsa accanto a Naomi Campbell e Kate Moss nel 2012 per la cerimonia di chiusura delle Olimpiadi di Londra come testimonial del British style, che nessuno possedeva in misura maggiore di lei, orgogliosamente scozzese. Vogue Uk le aveva dedicato una copertina nel dicembre 2018. Edward Enninful, il direttore che ha da poco assunto anche le funzioni di supervisore delle edizioni europee della testata, l’ha appena ripostata: “R.I.P. kind and wonderful Stella. My thoughts and prayers are with your family”.

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