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Sono tutte emergenze tranne le chat dei padri sull’e-learning

Annalena Benini

In questa distanza di almeno un metro saremo capaci di allenarci a una nuova vicinanza?

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Dentro questo stato d’emergenza, con le scuole chiuse, lo sfacelo economico, la paura di prendere il treno per Milano, la necessità di prendere il treno per Milano, il bisogno di una baby sitter, la difficoltà di pagare una baby sitter, l’ipocondria della baby sitter, l’angoscia di chi deve partorire tra poco a Piacenza, la solitudine di chi ha più di settant’anni e non ha nessuno che possa aiutarlo a fare la spesa, a fare due chiacchiere, la quarantena di nonni altrimenti utilissimi ma forzatamente in isolamento perché hanno parlato una settimana fa al bar con un medico risultato positivo al coronavirus, c’è una sola possibilità di sintesi: ognuno è perso dentro i propri giorni impazziti, ognuno sta imparando a salvarsi da solo.

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Dentro questo stato d’emergenza, con le scuole chiuse, lo sfacelo economico, la paura di prendere il treno per Milano, la necessità di prendere il treno per Milano, il bisogno di una baby sitter, la difficoltà di pagare una baby sitter, l’ipocondria della baby sitter, l’angoscia di chi deve partorire tra poco a Piacenza, la solitudine di chi ha più di settant’anni e non ha nessuno che possa aiutarlo a fare la spesa, a fare due chiacchiere, la quarantena di nonni altrimenti utilissimi ma forzatamente in isolamento perché hanno parlato una settimana fa al bar con un medico risultato positivo al coronavirus, c’è una sola possibilità di sintesi: ognuno è perso dentro i propri giorni impazziti, ognuno sta imparando a salvarsi da solo.

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Ma, se è coraggioso, sta imparando a salvare quante più persone può. Offrendosi di ospitare durante il giorno ragazzini esultanti con genitori in difficoltà, perché devono necessariamente andare a pulire quella casa, consegnare quel lavoro, guidare quel camion. Aiutando chi non ha nessuno che lo aiuti. Ponendosi il problema di chi ha già tanti problemi.

 

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Per molti di noi era già difficile prima, in condizioni di normalità, ma per molti di noi c’è anche una fragilità più evidente, e ci sono insegnanti di sostegno, lotte quotidiane, ci sono spazi preziosi di vita durante l’orario scolastico: quell’orario scolastico diventa l’aria fresca e anche il tempo irrinunciabile di chi ha già sacrificato, con amore, quasi tutto il proprio spazio. E ci sono lavori nelle pizzerie e nei bar che davvero salvano la vita, non soltanto perché danno la possibilità di arrivare dignitosamente alla fine del mese. Ma perché costruiscono il senso di una giornata, di una settimana, di un anno. Offrono una prospettiva di altre settimane, altri mesi, altri anni. Una sicurezza, un modo più baldanzoso di camminare per strada tornando dal lavoro. L’idea che qualcuno finalmente si fidi di te, e, ancora più grande, l’enorme sollievo che qualcuno si stia fidando di tuo figlio, gli stia offrendo una possibilità, gli stia chiedendo di uscire di casa ogni mattina, per preparare panini e caffè. Da qualche settimana, non soltanto da ieri quando le scuole hanno chiuso, tutto questo è diventato più labile, più evanescente, e i primi a perdere la loro fortuna sono sempre i meno fortunati. Il dodicenne biondo, magro e disabile a cui ogni mattina splendono gli occhi perché vedrà i suoi compagni, adesso è più triste, e i suoi genitori con lui. Marilù, che sta per sposarsi e si torce le mani perché nessuno entra più nell’agenzia di viaggi in cui vogliono assumerla a tempo indeterminato. Sara che non può andare in Israele da sua madre che sta male.

 

È un’emergenza, ognuno ha le proprie e sono tutte rispettabili, sono tutte emergenze. Tutte, tranne la chat dei padri sull’importanza dell’e-learning. A cui i figli hanno già risposto: e che è. Tutte, tranne la noia delle madri afflitte perché costrette a rimanere in settimana bianca fino a nuovo ordine. E Arianna, quinto ginnasio, ha chiesto: regà, ma mica possono interrogare con la webcam? Tutti hanno risposto: sì possono, mortacci eccetera. Allora Arianna ha pensato di scriversi la lezione e appenderla dietro la webcam, e l’ha consigliato a tutti. Invece Andrea ha detto: io non c’ho la webcam, e l’emergenza è già risolta. Ognuno affronta l’emergenza come può. Ma in questa distanza di almeno un metro saremo capaci di allenarci a una nuova vicinanza? A rischiare qualcosa, a rischiare un contagio diverso, senza polmonite magari. Un altro tipo di febbre, di quelle che non finisci all’ospedale. Di quelle che mandi al diavolo i padri dell’e-learning, ma impari qualcosa di meglio.

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