Foto Ufficio Stampa Affari Esteri/LaPresse

GranMilano

Quartieri rinati nella pandemia. Viaggio a SoLo, South of Lodi

Cristina Giudici

Tra l'elegante Porta Romana e il piazzale-crocevia Corvetto è germogliata un'altra Milano: dinamica, a km zero, cosmopolita. Nonostante gli episodi di degrado e le ristrettezze del lockdown

"Ricevo persino richieste dal condominio, ora che siamo tutti più raccolti in quartiere”. Raffaella Tondelli, psicologa, accoglie i suoi pazienti in corso Lodi 59: un numero civico conosciuto per le nove torri che si trovano all’interno del condominio e per la sfilza di negozi all’esterno che non solo hanno retto l’impatto della pandemia, ma hanno rilanciato nuove attività commerciali. Quando non lavora in ospedale, lei offre supporto a studenti che hanno disertato la Dad, ex malati di Covid in balia di ansia e insonnia, familiari che devono elaborare il lutto di parenti portati via dal virus. Inizia qui il viaggio in un altro quartiere diventato a km zero, sebbene presenti una morfologia dispersiva. In tanti lo chiamano Solo, South of Lodi, per contrapporlo a Nolo, North of Loreto. Ma per chi vive nella parte più popolare e popolata di corso Lodi, fra la propaggine periferica del Corvetto e quella più chiccosa di Porta Romana, è una terra di mezzo in cui si mescola di tutto un po’: l’ex quartiere operaio della vecchia Milano dove oggi c’è anche la Fondazione Prada è diventato un arcipelago, con tante piccole isole urbane divise dalla linea retta della lunga pista ciclabile di corso Lodi che porta in campagna.

 

Nel parco ora gettonatissimo della Vettabbia su cui si staglia la sagoma dell’abbazia di Chiaravalle, diventato il rifugio nel weekend di tutte le anime disperse dal Covid. O nelle cascine nei dintorni in cui si trovano le agroforeste, che ora sono di tendenza. Non è facile capire quanto sia cambiato questo vasto e multietnico quartiere che in tanti chiamano anche Brenta per il nome della fermata della metropolitana, per quello di viale Brenta e anche per il gruppo nato su Nextdoor, il social network americano che ha creato tantissimi quartieri a Milano, sulla cartografia inesistenti. Un processo accelerato che ha spinto tutti i cittadini a riorganizzare la propria quotidianità e a ridisegnare le piccole isole urbane in base alla prossimità. Su Nextdoor Brenta o sul social street Corso Lodi e dintorni si mappa la disponibilità dei vicini ad aiutare gli anziani, si scambiano informazioni, si chiacchiera h24, sbocciano e muoiono nuovi amori; si pubblicizzano attività commerciali, si creano comunità.

 

    

 

L’ambasciatore di Nextdoor Brenta è Diego Biasi, ceo di un’agenzia di comunicazione. Tornato a vivere in corso Lodi, dove è cresciuto, osserva: “C’è pure un luogo di aggregazione sorto spontaneamente all’interno dell’Upim”, dice per sottolineare le bizzarrie della prossimità a km zero. Nella terra di mezzo si trova anche la storica cartoleria e tipografia dei fratelli Bonvini, nata all’inizio del secolo breve, ora promotrice di un progetto ambientale per piantumare il corso fino al Corvetto. Già, il Corvetto. Noto alle cronache per il degrado, ma per i residenti di Solo piazzale Corvetto è meta obbligatoria anche per le birre artigianali alla Casa di Giacomo: un chiosco dove quando si può si fanno reading e teatro di strada. Giacomo Sassari, ex agente commerciale, racconta come ha trovato la sua anima in questa piazza-crocevia. Il poeta Alessandro Magherini ci mostra il suo libro A Bordo Strada, in cui ha dedicato dei versi a piazza Bonomelli per parlare della Milano ritrovata, né vecchia né nuova. A poca distanza dal Corvetto ci sono Vladimir l’edicolante, Hossain il fiorista perché questa è una zona multietnica. Problematica, anche se non si contano i progetti sociali. Come quello di Dare, associazione nata proprio durante la pandemia per aiutare i ragazzi a superare le difficoltà della Dad attraverso dei tutor. “Stiamo costruendo anche la Corvetto digital school”, spiega entusiasta Alberto Sanna.

 

Anche se poi alla sera, a dispetto del coprifuoco, le bande giovanili si spingono fino alla Fondazione Prada per i regolamenti di conti: un cellulare rubato, uno sguardo di troppo alla fidanzatina di uno o di quell’altro perché è vero che tutti hanno voltato le spalle alla Milano che da centripeta è diventata centrifuga, ma qui i quartieri a Km zero si mescolano, dal Corvetto a Porta Romana dove la blogger Valentina Burlando spiega la vita che ora si articola fra tre, quattro strade perché ormai c’è il mondo intorno a casa. Giuseppe Roma, per tutti Pino, è un esuberante personaggio che a poca distanza dalla Fondazione Prada, in via Vallarsa, ha aperto i cancelli della sua serra per far entrare tutti a vedere le sue piante. E mentre mostra i trucchi per le scenografie che sta preparando per i teatri chiusi, col polline che vola a mezz’aria, indica a un cliente come raggiungere l’altro magazzino vicino a via Mecenate. “Puoi prendere la tangenziale”, gli dice, divertito, mentre l’avventore lo guarda, smarrito se non atterrito all’idea di andare dall’altra parte della città per comprare una pianta di agrumi.

 

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