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Gran milano

La città caduta due volte e la città bella. Spiegata da Angelo Orsi

Fabiana Giacomotti

Milano "capitale morale" è scomparsa, insieme alla settimana bianca e agli happy hour per cui sono in ansia i suoi eredi. Eppure tutti si chiedono: "Quando riapre Brera?"

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La voce di Carlo Orsi, antiquario extraordinaire e neo presidente della Amici di Brera onlus, arriva con la consueta, pacata chiarezza attraverso il telefono, media prediletto di chi considera Zoom una violazione del diritto alla privacy, ovvero di farsi una chiacchierata di prima mattina senza essere costretto a mettersi in ghingheri e poi finire per riprendersi con la telecamera da sotto in su. “Concordo. In questo momento Milano è una città morta, e questa è la seconda caduta in disgrazia in trent’anni dopo la lunga stagione di Tangentopoli. Ma sono certo che sarà in grado di recuperare anche stavolta, sebbene i valori di oggi siano molto diversi rispetto a quelli di allora”.

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La voce di Carlo Orsi, antiquario extraordinaire e neo presidente della Amici di Brera onlus, arriva con la consueta, pacata chiarezza attraverso il telefono, media prediletto di chi considera Zoom una violazione del diritto alla privacy, ovvero di farsi una chiacchierata di prima mattina senza essere costretto a mettersi in ghingheri e poi finire per riprendersi con la telecamera da sotto in su. “Concordo. In questo momento Milano è una città morta, e questa è la seconda caduta in disgrazia in trent’anni dopo la lunga stagione di Tangentopoli. Ma sono certo che sarà in grado di recuperare anche stavolta, sebbene i valori di oggi siano molto diversi rispetto a quelli di allora”.

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Ci tocca una digressione redazionale: nel corso di un caffè natalizio in piazza Farnese con Stefano Cingolani, pochi giorni fa, abbiamo dibattuto a lungo sulla diversa reazione della borghesia milanese dei tempi di Mani pulite (senso di colpa, reazione composta e umiliata, tendenza all’autodafé), e di questa stagione pandemica (scarso rispetto delle norme di sicurezza anti Covid, classe politica tendente all’autoassoluzione, solidarietà minimale, soprattutto rispetto alle altre città italiane, Fedez escluso, che è comunque un segnale di cambiamento). Scaldandoci al sole di Roma, siamo giunti alla desolata conclusione che il tessuto borghese sul quale Milano è diventata, nel corso di tre secoli, “capitale morale”, sia del tutto scomparso, e che i loro eredi giudichino la mancanza della sciatina a “Courma” o a Sankt Moritz, raggiungibile con pochissimi giri di “tic” modello Dogui vanziniano, una questione capitale.

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Per questo abbiamo girato la domanda a Orsi, trovandolo però concorde più per cortesia che per convinzione. In realtà, e pur riconoscendo gli errori di una classe politica “non all’altezza”, sulla città e le sue forze, questo uomo elegante che lo scorso anno ha riportato all’attenzione del mondo il “Ritratto di Michele Marullo” di Sandro Botticelli, si mantiene positivo. “Non abbiamo avuto una guida decisa, in grado di accompagnarci in questo difficile momento senza incertezze, ma non attribuirei colpe specifiche di questo a Milano. Quello che invece è risultato evidente è stata la risposta sanitaria (poco efficiente) della città all’emergenza”. Però, ribadisce, il tessuto della città “è ancora forte”, come le sue energie positive nella cultura: “Gallerie, musei, fiere sono un aspetto piacevole e direi fondamentale nella vita di tutti, ma se l’incertezza non ci consente di fare programmi a lungo termine, questo non significa che i programmi non ci siano o che l’attività non prosegua”.

 

Nella lettera che pochi giorni fa ha inviato ai potenziali sottoscrittori dell’associazione, una delle più antiche e prestigiose, Orsi ha evocato una lettera che Fernanda Wittgens, la sovrintendente forte e visionaria che guidò la ricostruzione di Brera e il recupero del Cenacolo vinciano nel Dopoguerra, inviò a Gian Luigi Ponti, presidente dell’Ente provinciale per il turismo: “Vorrei Ella sentisse ogni giorno la domanda dei turisti di fronte al portone chiuso: Quando riapre Brera?”. Ecco, osserva, questa è “la domanda che molti si fanno anche adesso, di fronte alle attività culturali chiuse: non critico le decisioni che sono state prese, mi rendo conto della contingenza, ma non credo che i musei aperti sarebbero stati luoghi di potenziale assembramento (come lo sono state altre attività, ndr). Però ci sono venuti a mancare punti di riferimento importanti: mai come in questi mesi abbiamo scoperto il valore dell’arte nella nostra vita”.

 

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Mentre va preparando nella propria galleria una mostra di dipinti e memorabilia del “Napoleone milanese” da collezioni private in occasione del bicentenario della morte, il prossimo maggio, Orsi racconta il grande successo delle visite online sviluppate in questi mesi a Brera, delle attività musicali in digitale, degli incontri guidati a distanza, “che non abbiamo mai sospeso, semmai rafforzato”, e anticipa che il digitale sarà una delle forme di coinvolgimento che verranno maggiormente sviluppate anche in futuro, a pandemia sperabilmente finita. “Con tempi di fruizione brevi e racconti coinvolgenti e mirati, il digitale è un supporto fondamentale alle attività in presenza”, spiega, evocando i due podcast – uno proprio dedicato a Wittgens – sviluppati di recente con lo storico dell’arte Leonardo Piccinini.

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Il programma del 2021 si articola lungo il Cortile di Brera, “fantastico museo di scultura” e include gli interventi a favore dei Monumenti a Tommaso Grossi e Gabrio Piola di Vincenzo Vela; quello a Luigi Cagnola, eseguito da Benedetto Cacciatori, e naturalmente le statue di due personaggi che da Milano hanno illuminato la storia dell’umanità: Cesare Beccaria e Giuseppe Parini. “Il nostro Pantheon”. Per fare tutto questo, e magari arricchire il patrimonio del museo, i settecento Amici di Brera sono una base interessante, ma non sufficiente. Troppo pochi. Se si pensa che il complesso di Brera, fra pinacoteca, biblioteca, osservatorio astronomico, accademia, è fra i più importanti al mondo, ma che i “member friends” della Academy of Arts di Londra, a dati ufficiosi, sono più di dieci volte tanto, si capisce per quale motivo Orsi abbia appena diramato la lettera di invito all’adesione, “anche solo con idee” a pubblici diversificati, a partire dagli stessi studenti dell’Accademia che, fino a oggi, non sono stati pressoché coinvolti.

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Per quanto antica e prestigiosa e insomma tutto quello che si scriveva poc’anzi, l’associazione fondata nel 1927 non ha un’immagine fresca, accattivante o coinvolgente: appare più che altro come un impegno per mecenati illuminati o dame senza scopo quotidiano. Cambiarne l’immagine, rafforzando il patto con il direttore James Bradburne e partendo davvero dai servizi minimi (lo splendido bar interno, per esempio, segue orari museali, che significa escludere migliaia di persone dal contatto post lavorativo col museo), sarà il primo grande impegno di Orsi. Dopotutto, “l’allodola” Wittgens portò a Brera esposizioni di fiori, sfilate di moda: organizzò aperture in notturna ancora nei primi Anni Cinquanta, rivolgendosi senza imbarazzo a chiunque potesse aiutarla a realizzare il suo sogno.

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