(foto dal sito di Meetcenter)

Quelli che pensano al futuro. Ecco il Meet, centro di cultura digitale

Fabiana Giacomotti

Lì dove prima c'era lo spazio Oberdan ora ci sono installazioni e (presto) studenti di game design

Negli anni scorsi ci eravamo colpevolmente persi gli incontri con gli innovatori digitali, per cui l’altro pomeriggio, con congruo anticipo rispetto all’apertura ufficiale che è avvenuta ieri e che si protrarrà per due giorni al fine di scaglionare adeguatamente i visitatori (il bar, giurano, sarà attivo il 31 ottobre per i primi curiosi) siamo andati a vedere l’ex spazio Oberdan. In due anni di lavori e molti patemi, è diventato Meet, centro di cultura digitale patrocinato dalla Fondazione Cariplo che si prefigge di “abbattere il digital divide”, missione sostanzialmente abbandonata dal settore pubblico e forse non troppo condiviso anche a livello civico visto che, confessano candidamente, le pur molte migliaia di sottoscrittori della newsletter e membri della community sono localizzate in larghissima maggioranza a nord del Po.

 

L’edificio di millecinquecento metri quadrati primi Novecento, ceduto alla Fondazione dalla Città metropolitana di Milano e inevitabilmente elegante, visto che fino a tutti gli anni Dieci del Novecento vi si ritrovava la città per folleggiare fra mostre d’auto, cure delle acque (i celebri “bagni di Diana”) e le passeggiate al parco, è stato ristrutturato da Carlo Ratti con ampio uso del colore arancio e del potere centralizzante-catalizzante delle scale. L’ex sala cinema d’essai, dotata di triplo megaschermo e gran cabina di regia, molto si presta ai futuri convegni, di cui uno al debutto fra poche ore ovviamente in remoto con star del calibro del designer Daan Roosegaarde e il direttore dell’Ars Electronica Future Lab Hideaki Ogawa, mentre l’Immersive Room con i suoi quindici proiettori in 4k sarà luogo di sperimentazione ideale per gli studenti del master in game design che la presidente di Meet, Maria Grazia Mattei, ha sviluppato con il George Brown College di Toronto e che prenderà il via a breve.

 

Chi pensa che il game design equivalga a dotare un pubblico di smanettoni di nuove e infinite versioni del gameboy non ha evidentemente ben presente le meraviglie che la creatività umana, unita all’intelligenza artificiale, può fare per la cultura, intesa nel senso ampissimo di editoria, mostre, comunicazione, moda che, non a caso, è stata fra i primi settori a intuirne le potenzialità diffusionali e commerciali. Meet, dove lavorano già una ventina di persone, ha infatti l’obiettivo di diventare azienda indipendente a breve, entro un massimo di tre anni, quando cioè terminerà il sostegno della Fondazione. Fino a oggi, le iniziative, pur di grande valore (vedi il progetto realizzato per Malpensa) non hanno ancora permesso alla società di reggersi con le proprie gambe. Dovrebbe aiutarla a farlo la straordinaria installazione site specific “Renaissance dreams” realizzata dal media artist turco Refik Anadol con algoritmi specificamente sviluppati per generare una forma multidimensionale dinamica che interpreti, fondendole nelle loro armonie e disarmonie, migliaia di opere del Rinascimento italiano. L’opera “dura” venti minuti, ed è una vertigine di bellezza e di sensi nuovi del sapere.

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