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spending review

La manovra taglia i fondi alle carceri, ma il ministero della Giustizia non ne sa nulla

Ermes Antonucci

La legge di Bilancio prevede 36 milioni di euro in meno per i prossimi tre anni per l’amministrazione penitenziaria. Fonti vicine ai vertici di Via Arenula rivelano al Foglio che il ministero non è stato neanche consultato. Fiandaca: "Il rischio di suicidi fra i detenuti aumenterà"

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E’ stato confermato, con la bollinatura della Ragioneria dello stato, il taglio contenuto nella legge di Bilancio di 36 milioni di euro per i prossimi tre anni per l’amministrazione delle carceri italiane. Un paradosso, se si considera lo stato di emergenza vissuto dagli istituti di pena: da inizio anno, 80 detenuti si sono tolti la vita, la cifra più alta nella storia repubblicana. Oltre mille sono stati i tentativi di suicidio sventati grazie all’intervento degli agenti di polizia penitenziaria. Nonostante ciò, e nonostante il governo, con il ministro della Giustizia Carlo Nordio, abbia posto l’emergenza carceraria tra le “priorità” dell’azione dell’esecutivo, la legge di Bilancio sembra cancellare in un colpo solo tutti i buoni propositi.

 

All’articolo 153 della legge di Bilancio, infatti, si legge: “A decorrere dall’anno 2023, il ministero della Giustizia, Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, assicura, mediante la riorganizzazione e l’efficientamento dei servizi degli istituti penitenziari presenti su tutto il territorio nazionale, il conseguimento di risparmi di spesa non inferiori a 9.577.000 euro per l’anno 2023, 15.400.237 euro per l’anno 2024 e 10.968.518 euro annui a decorrere dall’anno 2025”. Non male per un governo a trazione Fratelli d’Italia, che ha sempre fatto della sicurezza uno dei suoi cavalli di battaglia. Ma forse, alla presidenza del Consiglio, qualcuno confonde la certezza della pena con l’abbandono dei detenuti in celle sovraffollate e degradanti.

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L’elemento ancor più clamoroso, secondo quanto rivelato al Foglio da fonti vicine ai vertici di via Arenula, è che il ministero della Giustizia sarebbe rimasto persino all’oscuro dei tagli decisi da Giorgia Meloni e dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, riguardanti l’amministrazione penitenziaria. L’ennesimo segnale di distanza tra la premier e il ministro Nordio.

 

Sorpresa e delusione vengono intanto espresse da Giovanni Fiandaca, emerito di Diritto penale all’università di Palermo e Garante dei diritti dei detenuti in Sicilia, che al Foglio dichiara: “Uno dei problemi fondamentali irrisolti che si trascinano da anni nell’ambito dell’amministrazione penitenziaria è proprio l’insufficienza di risorse destinate alle attività rieducative e di quelle finalizzate a un accettabile livello di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti. Gli aspetti problematici e critici dell’universo carcerario si sono andati ad aggravare nel corso degli anni e sono comprovati dall’elevato numero di atti autolesivi e di suicidi che si sono verificati nei mesi del 2022”.

 

Da questa situazione – prosegue il giurista – mi sarei aspettato scelte più responsabili e più avvedute, non solo con il mantenimento del livello di risorse già previste, ma anche con un incremento di quest’ultime”. “La diminuzione di risorse, invece, non solo lascia trasparire una diminuzione di attenzione verso l’universo penitenziario, ma contribuirà a peggiorare le condizioni di vita in diverse carceri italiane e quindi ad aumentare il rischio di atti autolesivi e di suicidi”, conclude Fiandaca.

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