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Cesare Battisti diventa detenuto comune e i meloniani scatenano la forca

Ermes Antonucci

Il regime carcerario dell’ex terrorista rosso è stato declassificato da alta sicurezza a comune. Fratelli d’Italia attacca il Dap (“vergogna", "aberrazione"), ma nella decisione non c’è nulla di scandaloso

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Da alcuni giorni, il regime carcerario dell’ex terrorista rosso Cesare Battisti è stato declassificato da alta sicurezza a comune. L’ex leader dei Pac (Proletari armati per il comunismo), condannato all'ergastolo per quattro omicidi e altri gravi reati, si trova nel carcere di Ferrara, dopo aver trascorso parte della detenzione prima nel penitenziario di Oristano e poi in quello di Cosenza. Battisti venne arrestato il 13 gennaio 2019, dopo 37 anni di latitanza.

 

Era stato lo stesso Battisti a sollecitare il provvedimento di declassificazione del regime carcerario con diverse istanze, ribadendo ai magistrati la volontà “di scontare la pena positivamente e costruttivamente”. Ora dal carcere di Ferrara potrebbe essere trasferito in quello di Parma.

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La decisione del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) è stata immediatamente criticata da Fratelli d’Italia. Il responsabile giustizia del partito, Andrea Delmastro Delle Vedove, ha attaccato la decisione con queste parole: “Ultimo soccorso al terrorismo rosso. Il terrorista passerebbe dal regime ad alta sicurezza a quello comune, vedendo così la prospettiva di ottenere futuri benefici. Una aberrazione! Dopo anni di latitanza e di fuga dalle sue responsabilità penali, appena assaggiato il regime carcerario italiano il criminale terrorista ottiene la declassificazione a detenuto comune. Una vergogna! Ancora più una vergogna che il Dap stia prendendo questa gravissima e scellerata decisione a pochi giorni dal cambio del governo. L'impunità del terrorismo rosso non è certamente la politica che il governo di Centrodestra intende mettere in campo”. Un altro deputato di FdI, Galeazzi Bignami, ha annunciato un'interrogazione parlamentare.

 

In verità, come specificato dall’avvocato Davide Steccanella, difensore di Battisti, nella decisione del Dap non c’è nulla di scandaloso e, soprattutto, nulla che implicherebbe “l’impunità” dell’ex terrorista rosso: “Quella di prima era una decisione sbagliata: l'ultimo reato commesso da Cesare Battisti risale al 1979, non c'è nessun pericolo di un ritorno al terrorismo e declassificare il suo regime carcerario è la scelta corretta che nulla cambia rispetto alla pena che deve scontare e che non costituisce nessuna offesa alle vittime. E' una decisione interna al Dap e che non va strumentalizzata politicamente”.

 

In difesa del provvedimento è sceso in campo anche il garante dei detenuti dell’Emilia-Romagna, Roberto Cavalieri: “Per giudicare questi provvedimenti dell'amministrazione penitenziaria bisogna conoscere le norme e le leggi. Dire che non è accettabile vuol dire ammetterle di non conoscere – afferma Cavalieri – Questa persona ha seguito l'iter normativo in modo corretto, l'amministrazione penitenziaria ha riconosciuto quello che non poteva non riconoscergli. Declassificazione non significa che l'amministrazione penitenziaria cancella il fatto che ha fatto reati terroristici, ma è una questione gestionale e logistica. Non incide sul tipo di condanna che ha avuto. Vuol dire che diventa un detenuto comune”.

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Ancora una volta, come evidenziato anche dal presidente dell’Unione camere penali, Gian Domenico Caiazza, in un’intervista al Foglio, si conferma la tendenza di Fratelli d’Italia a concepire la fase dell’esecuzione della pena in chiave giustizialista. Eppure, il principio della finalità rieducativa della pena (oltre che del rispetto della dignità del detenuto) vale anche nei confronti di chi viene condannato all’ergastolo, soprattutto se si è chiamati a espiare la pena a distanza di quarant’anni dai fatti. La logica del “buttare via la chiave” non fa parte della nostra Costituzione.

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