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"Sì ai referendum sulla giustizia, per dire no agli ignavi": parla il giudice Savarese

Ermes Antonucci

Intervista a Eduardo Savarese, giudice del tribunale di Napoli, favorevole ai referendum. "Bisogna essere netti: occorre separare gli insofferenti, che non ne possono più, dagli ignavi acquattati beatamente nello status quo"

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Da magistrato sono favorevole al ‘sì’ ai referendum sulla giustizia per motivi ideologici, nel senso nobile del termine: i referendum vogliono essere un segnale di insofferenza per gli assetti della Costituzione materiale della magistratura, in sé e rispetto agli altri poteri dello stato. E qui bisogna essere netti: occorre separare gli insofferenti, che non ne possono più, dagli ignavi acquattati beatamente nello status quo”. A dirlo al Foglio è Eduardo Savarese, giudice del tribunale di Napoli. “Io sto cercando di non essere tra gli ignavi almeno da due anni  – aggiunge Savarese – cioè da quando ho dato le dimissioni dall’Anm, in polemica con l’assenza di  autocritica interna dopo lo scandalo delle correnti”.

 

Per il giudice napoletano “ciò che è  accaduto dopo il caso Palamara è stato il trionfo dell’ipocrisia: l’Anm avrebbe dovuto promuovere una seria analisi storica del fenomeno del correntismo, invece alla fine sono stati solo trovati alcuni capri espiatori”. L’insofferenza nei confronti della magistratura, così, anziché placarsi, è pure aumentata, non solo nell’opinione pubblica ma persino all’interno dello stesso mondo togato: “L’insofferenza la percepisco in tanti colleghi – dice Savarese – Basta vedere i tanti voti che ha avuto la proposta del sorteggio nel referendum interno all’Anm o i risultati deludenti dello sciopero. Spesso l’insofferenza può portare  a dire cose inesatte o superficiali, ma bollarla come mero populismo è sbagliato, perché in questo modo non si riesce a cogliere ciò che sta accadendo”.

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Ecco allora l’invito di Savarese ad andare a votare i referendum sulla giustizia per dare “una scossa” al sistema, nonostante le perplessità su alcuni aspetti. Il giudice si dice favorevole al primo quesito sull’abolizione della legge Severino, soprattutto perché eliminerebbe la sospensione degli amministratori locali per una sentenza di condanna soltanto di primo grado: “Tante sentenze vengono ribaltate dopo molti anni. Non si può consentire un effetto così pesante sulla vita politica del paese”. Dall’altro lato, Savarese nota “la contraddizione” prodotta dall’eliminazione anche della parte della legge che prevede l’incandidabilità dei politici condannati in via definitiva: “L’incandidabilità sarà stabilita caso per caso dal giudice, questo va in contrasto con l’orientamento che mira a limitare il potere della magistratura”.

 

Savarese comprende anche lo spirito del secondo quesito referendario, quello sulla limitazione delle misure cautelari: “Analizzando i dati, dobbiamo prendere atto che c’è tanta ingiusta detenzione e quindi che c’è un problema che riguarda il sistema delle misure cautelari. Certo, sono un po’ preoccupato per le ricadute che il quesito potrebbe avere sulla privazione di questo strumento per diversi reati sentiti a livello sociale, ma sono sicuro che il legislatore non lascerebbe lacune su questo fronte”.

 

Sulla separazione delle funzioni il discorso si fa più complesso. Per Savarese “il pubblico ministero sta diventando sempre di più un corpo estraneo alla giurisdizione. Fossi un politico lavorerei per riportarlo nell’alveo costituzionale. Il quesito però non prevede la separazione delle carriere. Al contrario, con la separazione delle funzioni il pm diventa sempre più acefalo, autoreferenziale e slegato da controlli”. Insomma, “non bisogna illudersi  che il quesito risolva il problema del ruolo del pubblico ministero e dei contrappesi al suo potere”.

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Savarese si dice non spaventato neanche dal quesito che apre al giudizio di avvocati e docenti universitari nei consigli giudiziari per la valutazione professionale dei magistrati (“Sia la magistratura che l’avvocatura hanno gli strumenti per controllare la correttezza di queste procedure”) e, infine, si dice favorevole al quinto quesito che elimina l’obbligo di raccolta firme per candidarsi alle elezioni del Csm: “Sappiamo bene che il problema non è tanto trovare le firme per candidarsi, ma farsi eleggere senza avere dietro le correnti, ma il quesito ha un importante valore simbolico”.

 

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Insomma, Savarese non vede affatto nei referendum un attentato all’indipendenza della magistratura: “Vorrei che i magistrati avessero il coraggio di dire che gli attentati più terribili alla nostra indipendenza e autonomia sono stati fatti da magistrati contro altri magistrati”.

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