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editoriali

No alla politicizzazione del caso Davigo

redazione

Il futuro dell’ex pm di Mani pulite al Csm è un tema di logica, non di politica

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Che l’espulsione di Luca Palamara dall’ordine giudiziario fosse per la magistratura solo un modo per nascondere sotto al tappeto i problemi relativi alle degenerazioni delle correnti era chiaro fin dall’inizio. A dimostrarlo sono le modalità con cui i vari gruppi associativi al Csm hanno continuato, anche in seguito allo scandalo, a dominare le procedure di nomina dei dirigenti dei vari uffici giudiziari. A confermarlo ora è anche il modo con cui il Csm sta affrontando il “caso Davigo”. Come è ormai noto, pur compiendo 70 anni il prossimo 20 ottobre, e pur essendo quindi costretto ad andare in pensione, l’ex pm di Mani pulite non ha alcuna intenzione di lasciare l’incarico di membro togato del Csm. Se la richiesta di Davigo venisse accolta, si tratterebbe del primo caso di componente togato dell’organo di autogoverno della magistratura a non possedere più lo status di magistrato.

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Che l’espulsione di Luca Palamara dall’ordine giudiziario fosse per la magistratura solo un modo per nascondere sotto al tappeto i problemi relativi alle degenerazioni delle correnti era chiaro fin dall’inizio. A dimostrarlo sono le modalità con cui i vari gruppi associativi al Csm hanno continuato, anche in seguito allo scandalo, a dominare le procedure di nomina dei dirigenti dei vari uffici giudiziari. A confermarlo ora è anche il modo con cui il Csm sta affrontando il “caso Davigo”. Come è ormai noto, pur compiendo 70 anni il prossimo 20 ottobre, e pur essendo quindi costretto ad andare in pensione, l’ex pm di Mani pulite non ha alcuna intenzione di lasciare l’incarico di membro togato del Csm. Se la richiesta di Davigo venisse accolta, si tratterebbe del primo caso di componente togato dell’organo di autogoverno della magistratura a non possedere più lo status di magistrato.

 

A livello tecnico, tutti i precedenti e i pareri degli esperti danno torto a Davigo: con una sentenza del 2011 (la numero 3182), il Consiglio di stato ha detto chiaro e tondo che un magistrato che va in pensione non può più far parte del Csm. Alle medesime conclusioni è giunta l’Avvocatura dello stato, che nei giorni scorsi ha fornito un parere al Csm. Anche Questione giustizia, la rivista di Magistratura democratica, ha sottolineato le conseguenze paradossali che avrebbe la permanenza di Davigo al Consiglio superiore (prima fra tutte, la sua immunità da ogni sanzione disciplinare, con la possibilità però di esercitare l’azione disciplinare nei confronti dei suoi ex colleghi). Tutti questi aspetti tecnici, però, sembrano non interessare il Csm. Il parere chiesto all’Avvocatura dello stato è stato secretato, e solo una fuga di notizie ne ha rivelato il contenuto. Lunedì la questione arriverà al plenum del Csm, ma nessuna corrente ha espresso la propria posizione in merito alla vicenda, tanto che è partito il solito balletto dei numeri per capire quali consiglieri, per ragioni esclusivamente politiche e ideologiche, sosterranno la causa di Davigo e quali no. Insomma, nonostante lo scandalo Palamara, le correnti sono vive e vegete. Anzi, proprio dal bilancino correntizio dipenderà il destino di Davigo.

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