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giustizia grottesca

Davigo vorrebbe essere sopra la legge. Tocca al Csm non permetterglielo

Ermes Antonucci

Lex pm di Mani pulite compirà 70 anni il 20 ottobre e sarà costretto per legge ad andare in pensione. Lui però non ha alcuna intenzione di lasciare l’incarico di consigliere

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Il Consiglio superiore della magistratura si appresta a decidere sul delicato “caso Davigo”. Com’è noto, il prossimo 20 ottobre l’ex pm di Mani pulite, oggi componente togato del Csm, compirà 70 anni e sarà costretto per legge ad andare in pensione. Davigo, però, non ha alcuna intenzione di lasciare l’incarico di consigliere del Csm, nella convinzione che si tratti di un mandato elettivo da portare a termine nonostante il suo collocamento in quiescenza. Lunedì prossimo, la commissione verifica titoli del Csm fornirà un parere preliminare sulla questione. Due giorni dopo, il plenum prenderà la decisione finale.

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Il Consiglio superiore della magistratura si appresta a decidere sul delicato “caso Davigo”. Com’è noto, il prossimo 20 ottobre l’ex pm di Mani pulite, oggi componente togato del Csm, compirà 70 anni e sarà costretto per legge ad andare in pensione. Davigo, però, non ha alcuna intenzione di lasciare l’incarico di consigliere del Csm, nella convinzione che si tratti di un mandato elettivo da portare a termine nonostante il suo collocamento in quiescenza. Lunedì prossimo, la commissione verifica titoli del Csm fornirà un parere preliminare sulla questione. Due giorni dopo, il plenum prenderà la decisione finale.

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Se la richiesta di Davigo venisse accolta, si tratterebbe del primo caso di componente togato dell’organo di autogoverno della magistratura a non possedere più lo status di magistrato, con conseguenze veramente paradossali.

 

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Come evidenziato lo scorso luglio da Nello Rossi su “Questione giustizia”, la rivista di Magistratura democratica (sulla vicenda fortemente critica nei confronti di Davigo), la permanenza in carica dell’ex pm di Mani pulite non solo sarebbe contraria alle norme contenute nella legge istitutiva del Csm, ma determinerebbe anche uno scenario anomalo e del tutto illogico: da ex magistrato, Davigo non sarebbe più soggetto alla giustizia disciplinare del Csm, in altre parole godrebbe di una sorta di immunità totale per violazione del codice disciplinare delle toghe, ma allo stesso tempo, in quanto consigliere del Csm, sarebbe chiamato a esercitare l’azione disciplinare nei confronti dei suoi (ex) colleghi. Primo fra tutti, il pm romano (ora sospeso) Luca Palamara, al centro dello scandalo sulle cosiddette nomine pilotate al Csm. Nonostante l’imminente pensionamento, infatti, Davigo ha deciso di non astenersi come giudice disciplinare nel procedimento nei confronti di Palamara.

 

Insomma, l’immagine complessiva è a dir poco grottesca: uno dei simboli più celebri del fronte giustizialista e anti-leggi ad personam (remember Berlusconi?) oggi pretende di restare in carica attraverso una sorta di trattamento ad personam, secondo i critici contrario alle norme in vigore. Non solo: uno dei principali punti di riferimento dell’antipolitica, da sempre in prima fila nel denunciare il malaffare diffuso nella classe dirigente “abbarbicata alle poltrone”, oggi appare improvvisamente incapace di lasciare la propria poltrona.

 

Come se ciò non bastasse, nell’attesa Davigo ha deciso di presentare il conto a Palazzo dei Marescialli per una mancata nomina di due anni fa. Nel 2018, il Csm bocciò la sua candidatura a presidente aggiunto della Cassazione, preferendogli Domenico Carcano, già capo dell’ufficio legislativo del ministero della Giustizia. Forte di una pronuncia del Consiglio di Stato, ora Davigo vuole che l’incarico gli venga attribuito a posteriori, a pochi giorni dalla pensione, con conseguente aumento della retribuzione e risarcimento per “perdita di chance”.

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A turbare i suoi sogni di rimanere in carica al Csm nonostante il pensionamento è giunto un parere dell’Avvocatura dello Stato, chiesto nei giorni scorsi proprio dalla commissione verifica titoli del Csm. Il parere inizialmente era stato secretato, ma si sa che in Italia in fatti giudiziari non ci sia segreto che tenga. Così, giovedì “La Stampa” ha rivelato il contenuto del documento inviato dall’Avvocatura dello Stato: Davigo dovrà lasciare il posto al Csm. La decadenza dell’ex pm di Mani pulite sarebbe infatti “scontata” sulla base di una lettura sistematica del ruolo del Csm nell’assetto costituzionale e della rigida ripartizione dei suoi membri tra togati e laici, che sarebbe alternata dalla presenza di un magistrato in pensione.

 

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Insomma, nonostante il sostegno mediatico ricevuto negli ultimi giorni dal Fatto quotidiano (altro punto di riferimento storico della battaglia anti-leggi ad personam), la richiesta di Davigo rischia di essere bocciata. A decidere alla fine saranno comunque le correnti presenti nel Csm, quelle stesse correnti che Davigo criticò per tanto tempo, prima di fondarne una.

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