PUBBLICITÁ

Il caso Palamara non è un caso

Redazione

La degenerazione correntizia della magistratura, un problema più ampio da sanare

PUBBLICITÁ

La questione della degenerazione correntizia della magistratura associata, che è una questione capitale, viene gradualmente sostituita dal “caso Palamara”. L’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati è accusato di corruzione, per un episodio tutto sommato secondario di favori accettati da un impresario edile, e questo diventa il tema centrale propinato all’opinione pubblica, mentre l’intreccio di influenze che ha governato per anni il sistema delle nomine e quindi del potere giudiziario, finisce sullo sfondo. Luca Palamara cerca di reagire facendo convocare dai suoi avvocati un centinaio abbondante di testimoni eccellenti per il procedimento disciplinare che lo coinvolge, ma questa linea difensiva viene considerata come sintomo di un atteggiamento ricattatorio (non senza argomenti). Nella storia non solo recente dei grandi scandali nazionali c’è una tendenza permanente a sottolineare le responsabilità individuali delle “mele marce” trascurando l’albero che le produce, cioè i difetti del sistema complessivo. Non è una novità, persino nel celebre scandalo della Banca romana, che fece tremare calibri politici del livello di Francesco Crispi e Giovanni Giolitti, alla fine tutta l’attenzione fu concentrata sulle malefatte di Bernardo Tanlongo, di cui ormai nessuno si ricorda più. D’altra parte anche vicende recenti, come quelle che hanno portato all’incriminazione di numerosi magistrati in Sicilia e a Trani, sono state trattate come casi di indegnità personale, nonostante evidenziassero una patologia sistemica. Quando Palamara sostiene di essere un “capro espiatorio” mente. A quel sistema ha collaborato con indefessa solerzia, non è affatto un inconsapevole tramite di manovre altrui. Ma non è l’unico responsabile della degenerazione correntizia della magistratura: ha gestito, mettendoci del suo, un sistema preesistente e tuttora perdurante. E’ su quel sistema che bisognerebbe accendere tutti i fari: la sanzione delle malefatte personali non può sostituire l’opera di risanamento necessaria per riportare la magistratura nel suo ambito costituzionale e ridarle così il necessario prestigio.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


La questione della degenerazione correntizia della magistratura associata, che è una questione capitale, viene gradualmente sostituita dal “caso Palamara”. L’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati è accusato di corruzione, per un episodio tutto sommato secondario di favori accettati da un impresario edile, e questo diventa il tema centrale propinato all’opinione pubblica, mentre l’intreccio di influenze che ha governato per anni il sistema delle nomine e quindi del potere giudiziario, finisce sullo sfondo. Luca Palamara cerca di reagire facendo convocare dai suoi avvocati un centinaio abbondante di testimoni eccellenti per il procedimento disciplinare che lo coinvolge, ma questa linea difensiva viene considerata come sintomo di un atteggiamento ricattatorio (non senza argomenti). Nella storia non solo recente dei grandi scandali nazionali c’è una tendenza permanente a sottolineare le responsabilità individuali delle “mele marce” trascurando l’albero che le produce, cioè i difetti del sistema complessivo. Non è una novità, persino nel celebre scandalo della Banca romana, che fece tremare calibri politici del livello di Francesco Crispi e Giovanni Giolitti, alla fine tutta l’attenzione fu concentrata sulle malefatte di Bernardo Tanlongo, di cui ormai nessuno si ricorda più. D’altra parte anche vicende recenti, come quelle che hanno portato all’incriminazione di numerosi magistrati in Sicilia e a Trani, sono state trattate come casi di indegnità personale, nonostante evidenziassero una patologia sistemica. Quando Palamara sostiene di essere un “capro espiatorio” mente. A quel sistema ha collaborato con indefessa solerzia, non è affatto un inconsapevole tramite di manovre altrui. Ma non è l’unico responsabile della degenerazione correntizia della magistratura: ha gestito, mettendoci del suo, un sistema preesistente e tuttora perdurante. E’ su quel sistema che bisognerebbe accendere tutti i fari: la sanzione delle malefatte personali non può sostituire l’opera di risanamento necessaria per riportare la magistratura nel suo ambito costituzionale e ridarle così il necessario prestigio.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ