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Csm senza ipocrisia

Ermes Antonucci

Le idee di Luciano Violante su come aggiustare il Csm. Consiliatura di sei anni e rotazioni per sorteggio

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Roma.Il problema non è rappresentato dalla presenza delle correnti nella magistratura o dall’esistenza dell’Anm, che è una libera associazione di persone, bensì dal peso che le correnti hanno nel Consiglio superiore della magistratura. Di conseguenza, è sul Csm che bisognerebbe intervenire”. A dichiararlo, intervistato dal Foglio, è Luciano Violante, già presidente della Camera ed ex magistrato. Nel fine settimana, la ripresa del “caso Palamara” sulle cosiddette nomine pilotate al Csm ha travolto l’Associazione nazionale magistrati, portando alle dimissioni del presidente Luca Poniz e del segretario Giuliano Caputo e all’uscita delle rispettive correnti (Area e Unicost) dalla giunta del sindacato delle toghe, che così ora rischia di sciogliersi.

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Roma.Il problema non è rappresentato dalla presenza delle correnti nella magistratura o dall’esistenza dell’Anm, che è una libera associazione di persone, bensì dal peso che le correnti hanno nel Consiglio superiore della magistratura. Di conseguenza, è sul Csm che bisognerebbe intervenire”. A dichiararlo, intervistato dal Foglio, è Luciano Violante, già presidente della Camera ed ex magistrato. Nel fine settimana, la ripresa del “caso Palamara” sulle cosiddette nomine pilotate al Csm ha travolto l’Associazione nazionale magistrati, portando alle dimissioni del presidente Luca Poniz e del segretario Giuliano Caputo e all’uscita delle rispettive correnti (Area e Unicost) dalla giunta del sindacato delle toghe, che così ora rischia di sciogliersi.

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Il nuovo terremoto nella magistratura segue quello avvenuto soltanto un anno fa, quando ben cinque componenti togati del Csm si dimisero dopo la pubblicazione delle prime conversazioni intercettate dalla procura di Perugia attraverso il trojan inoculato nel telefono del magistrato Luca Palamara. “Più che a una nuova crisi – spiega Violante – siamo di fronte a un prolungamento della vecchia, determinato dal fatto che alcuni settori della magistratura sembrano contrari ad assumere posizioni drastiche su quanto accaduto. Sembra che ci siano nella magistratura componenti che vogliono un cambiamento e componenti che invece non lo vogliono”.

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Un cambiamento che, secondo Violante, dovrebbe riguardare soprattutto il meccanismo di funzionamento del Consiglio superiore della magistratura: “Bisognerebbe prolungare la durata della permanenza nel Csm da quattro a sei anni, in modo da aumentare la distanza tra eletti ed elettori. A metà consiliatura, poi, si potrebbe sorteggiare la metà dei componenti, sia laici che togati, come avvenne con la Corte costituzionale; i sorteggiati decadono”. I nuovi componenti sarebbero eletti quando i precedenti scadono. “Oggi inoltre – spiega l’ex magistrato – c’è uno scarto di conoscenza tra laici e togati. Il togato quando arriva nel Csm sa tutto, il laico non sa niente e ci mette almeno un anno per capire quali sono le regole e le prassi. Nel frattempo i togati hanno già organizzato tutti i passaggi. Se si allungasse la durata della consiliatura e si introducesse la rotazione dei componenti a metà mandato, i nuovi laici sarebbero ‘guidati’ dai laici che sono rimasti in carica, e ciò consentirebbe una loro conoscenza più rapida delle prassi del Consiglio”. Per Violante andrebbe anche aumentato il numero di componenti del Csm, mantenendo la proporzione esistente tra laici e togati, “in modo tale che le pratiche non finiscano per concentrarsi nelle mani di poche persone”.

 

Si devono prevedere altre misure? “Nelle attuali condizioni politiche non andrei oltre”, ribadisce Violante, anche perché “è impensabile eliminare del tutto il peso delle correnti: anche se le cancellassimo, come fece il fascismo – e si tratta di un precedente non positivo – i gruppi si riformerebbero, perché quando si vota ci si mette insieme per decidere chi sono i candidati”.

 

Per Violante bisognerebbe far cadere anche un altro velo di ipocrisia, che riguarda la rilevanza politica delle toghe all’interno della società italiana: “Il magistrato di oggi non è quello di cinquant’anni fa. Sulla magistratura si è riversato un carico di responsabilità che fuoriesce dagli ordinari binari della stretta applicazione della legge. Questo non è un problema solo italiano. Il giudice governa molta parte delle relazioni sociali, economiche e politiche. L’ordinamento giuridico ha avuto una espansione enorme nella disciplina di settori ai quali nel passato l’accesso del diritto era fortemente limitato”. A ciò, prosegue Violante. “si aggiungono i compiti di carattere politico-rappresentativo che la magistratura ha assunto nel decidere più sulla base di orientamenti di carattere ideale che sulla base della stretta applicazione delle norme. La magistratura è diventata, suo malgrado, una componente del sistema di governo del paese; conseguentemente magistrati meno responsabili sono caduti nelle logiche tipiche della politica meno rispettabile”. Insomma, conclude Violante, “è in relazione a questo modello di magistrato che bisogna pensare a come intervenire per risolvere le disfunzioni emerse negli ultimi mesi, senza credere che sia possibile riportare il magistrato alle dimensioni burocratico-funzionali di cinquant’anni fa”.

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