Un nuovo spread chiamato stato di diritto
L’economia italiana è ferma e da tempo il suo problema è anche la giustizia, con i suoi tempi dilatati, le sue inefficienze, la sua imprevedibilità e le incertezze normative che scoraggiano imprese e investimenti. Idee per invertire la rotta. Un girotondo
Sarebbe facile prendersela con il M5s che, da quando si è insediato al Mise seicento giorni or sono, con Di Maio prima e Patuanelli poi, non ha risolto neanche una delle centocinquanta crisi industriali in corso. Si deve tuttavia rifuggire dalla tentazione perché l’anemica crescita italiana – 0,3 percento, la più bassa a livello Ue – ha cause profonde. Un governo che non governa ma rinvia peggiora il quadro, certo, ma il vero spread che da tempo imprenditori e investitori scontano in Italia ha a che fare con la giustizia. Con i suoi tempi dilatati, con la sua insostenibile imprevedibilità. “Assistiamo a quella che potrebbe
Una fattore decisivo per la crescita e la fiducia
Per il direttore generale di Confindustria Marcella Panucci, “l’incertezza normativa e la continua introduzione di oneri e adempimenti a carico degli operatori economici sono tra i peggiori nemici della libertà d’impresa. Troppe regole, spesso mal
Nella vicenda Ilva, la clausola di immunità penale, il cosiddetto “scudo”, ha influito nella trattativa tra ArcelorMittal e il governo? “Bisognerebbe riflettere sul perché i commissari straordinari del tempo e, successivamente, ArcelorMittal abbiano ritenuto di chiedere uno scudo penale prima di assumere determinati impegni gestionali e contrattuali. Il confronto sullo scudo penale si inserisce in un contesto di incertezza più ampio, frutto anche di uno scontro tra politica e magistratura che ha avuto effetti molto pesanti su Ilva, un’impresa strategica per l’economia nazionale. Ora la priorità è continuare a garantire la gestione dello stabilimento, i livelli occupazionali e il completamento della riqualificazione ambientale, evitando ulteriori interventi estemporanei su un asset fondamentale per il paese”. Anche sulle concessioni autostradali il governo Conte bis galleggia. “Sono convinta che occorra sempre distinguere le responsabilità economiche e sociali da quelle giudiziarie. Gli interventi unilaterali su contratti in essere tra lo stato e i concessionari autostradali, come quelli previsti nel recente decreto Milleproroghe, modificano l’equilibrio economico e negoziale stabilito dalle parti nelle convenzioni. Così come trasformare la questione della revoca in uno scontro ideologico non aiuta ad affrontare i problemi. Le contestazioni contrattuali così come gli illeciti penali vanno affrontati in sede giudiziaria, la definizione delle regole in sede legislativa. Cosa che non sta accadendo con riferimento al caso Autostrade. E questo mi porta a fare una riflessione di carattere più generale. In uno stato di diritto non si possono scaricare sui giudici responsabilità e mancate scelte della politica e, invece, assumere in capo alla politica compiti che sono propri della magistratura”. Come replica a chi sostiene che la voce di Confindustria sia troppo debole in un momento economico così negativo? “Confindustria non è mai stata silente davanti alle grandi crisi industriali. Partecipiamo a tutti i tavoli di confronto con il governo e veniamo auditi costantemente in Parlamento sui temi di maggiore interesse per le imprese. Il confronto è sempre leale e rispettoso, ma anche serrato come, ad esempio, nel caso Autostrade. In generale le crisi però dovrebbero essere prevenute piuttosto che affrontate in maniera emergenziale. Serve una visione moderna, duratura e credibile del paese”. Da giurista, considera un compromesso accettabile quello raggiunto sulla prescrizione? “Sono convinta che la disciplina in materia debba contemperare l’esercizio dell’azione punitiva da parte dello stato e il diritto dell’imputato a ottenere una sentenza in tempi ragionevoli. Allungare indefinitamente i tempi della prescrizione – come ha fatto la legge Spazzacorrotti – senza ridurre la durata dei processi finisce per abbandonare imprese e cittadini nell’incertezza per anni. La riforma della prescrizione non può rappresentare da sola il rimedio alla lentezza del processo. Occorre un più ampio disegno riformatore della giustizia penale, che sia in grado di abbatterne drasticamente la durata, attraverso interventi sulla normativa sostanziale, ad esempio iniziando a depenalizzare condotte non gravi ed evitando di introdurre nuove fattispecie di reato ogni volta che un fatto di cronaca suscita allarme sociale, e di carattere organizzativo, dotando i tribunali di risorse umane e tecnologie adeguate”.
Aumentare la potenza della macchina giudiziaria
A sentire l’avvocato Michele Briamonte, managing partner dello Studio legale Grande Stevens, “la correlazione tra efficienza del sistema giudiziario e propensione agli investimenti è un fatto matematico, non è un’opinione. Già nel 1651, nel ‘Leviatano’, il grande filosofo Thomas Hobbes afferma che la sola parola data è un elemento troppo debole per mettere al riparo dalle passioni umane come avarizia, cupidigia, rabbia… Chi adempie a una obbligazione preferisce affidarsi a una forza coercitiva terza per
Come si conferisce efficienza al sistema giustizia? “Ci sono due equazioni con cui fare i conti. La prima riguarda la matematica per smaltire il carico pendente, in inglese ‘backlog’. Devi superare l’ingolfamento, e per farlo devi agire sulla prima variabile dell’equazione, la cosiddetta Size of Courts. Devi aumentare la potenza della macchina giudiziaria: il numero dei magistrati, i mezzi e le risorse organizzative, la quantità di distretti in relazione alla popolazione. Il secondo elemento, ossia la seconda variabile dell’equazione, è il litigation ratio, vale a dire la propensione a ricorrere alla giurisdizione. Nel 2019 la Corte suprema Usa ha dato accesso a 73 casi, la Corte di Cassazione italiana invece ha 38.725 ricorsi iscritti e pendenti. Occorre quindi ridurre il secondo fattore dell’equazione, ossia l’indice di litigiosità, prevedendo maggiori barriere all’ingresso. Si può intervenire in vari modi la cui definizione spetta alla politica e al legislatore: puoi aumentare i costi di accesso alla giustizia; puoi stabilire l’obbligo di pagare una percentuale significativa del valore di una causa (ad esempio il dieci per cento) per depositare la domanda giudiziale; puoi introdurre un vaglio preventivo giurisdizionale più severo. Una volta smaltito il backlog, per creare un sistema investment friendly viene la parte più complessa ed entra in gioco la seconda equazione. Serve un sistema affidabile, che garantisca la prevedibilità delle decisioni giudiziarie e un basso tasso di errore, accettabile come fisiologico in un sistema virtuoso. Le variabili di questa seconda equazione sono molteplici, vettoriali e contemplano anche indici idiosincratici peculiari, mi limiterei pertanto alle principali due. La prima è che la magistratura deve essere indipendente: in Cina e in diversi paesi africani un investitore è più cauto perché sa di avere a che fare con regimi che non rispettano l’indipendenza della giurisdizione che può dunque essere indotta o forzata a decisioni tecnicamente non consequenziali, imprevedibili o inique. La seconda variabile fondamentale è la competenza tecnica: in sistemi virtuosi e invidiabili come gli Usa esistono meccanismi che consentono elevati gradi di specializzazione e interscambio tra eccellenze professionali: avvocati e professori del diritto, a carriera avanzata, possono diventare magistrati e dunque portare le proprie competenze specialistiche nei tribunali. Per avviarsi alla carriera nella magistratura è proficuo un periodo di tirocinio in istituzioni finanziarie o agenzie governative di eccellenza”. In Italia si è discusso a lungo, nel caso Ilva, della clausola di esclusione penale, introdotta ai tempi del commissariamento e poi oggetto di un atteggiamento ondivago e contraddittorio da parte del governo. “Inutile prendersi in giro: una garanzia penale influisce eccome nella decisione di un investitore, tanto più se le clausole cambiano più volte a seconda del ministro di turno in un paese dove i governi durano circa dodici mesi. L’ex Ilva è uno dei casi pilota a cui si guarda con trepidazione. La certezza della continuità dei patti all’interno di un sistema legale è uno degli indicatori che incidono maggiormente sugli Investimenti diretti esteri (Ide). L’imprevedibilità, che è già di per sé un fattore di riduzione degli investimenti di medio e lungo periodo, tende per giunta ad aumentare quelli cosiddetti opportunistici o predatori”.
Che pensa della possibile revoca delle concessioni ad Aspi? “Nel caso specifico, per come è stata posta, la revoca è un tema di valutazione dell’inadempimento di una delle parti. Il rapporto tra concedente e concessionario è regolato da un contratto, e in uno stato di diritto si accerta l’inadempimento nelle sedi giurisdizionali deputate. L’accertamento di presunti inadempimenti richiede approfondimenti tecnici, ed ecco allora che ritorna il tema dei tempi processuali: se devi aspettare cinque anni per conoscerne l’esito, aggiungi alle variabili una esternalità negativa non indifferente e così qualcuno si può sentire autorizzato a valutare eventuali scorciatoie. E’ una questione cruciale per la salute economica di un paese, da affrontare con la dovuta serietà. In Francia si sono verificati, anche di recente, alcuni ‘tentativi di scorciatoie’ e gli esiti giurisdizionali hanno penalizzato chi ha tentato di percorrerle”.
La ricorsite e la certezza del contenzioso
“Io dico che viviamo in una Repubblica antindustriale fondata sull’inaffidabilità politica, sulla ricorsite e sulla certezza del contenzioso”, la tocca piano il segretario della Fim Cisl Marco Bentivogli. “Quando un’impresa, un fondo finanziario o un qualsiasi operatore economico pianifica le sue scelte di investimento, prende in considerazione alcune variabili fondamentali. Gli investimenti industriali che interessano la fascia alta del mercato considerano sempre di più tra i vantaggi competitivi di
Lei sostiene che l’Italia è la Repubblica fondata sulla “certezza del contenzioso”. “La vicenda Ilva è emblematica di un paese antindustriale che usa la via giudiziaria per demolire tutto. Il terreno ambientale è uno dei campi di battaglia più forti per cacciare le imprese. La vicenda è un grande cartello sul nostro paese che dice: se volete investire, state alla larga dall’Italia. La Puglia di Michele Emiliano è una fabbrica di ricorsi e denunce. Pensiamo all’Aia, l’autorizzazione integrata ambientale per Ilva: io non ho partecipato alla elaborazione e alla sottoscrizione dell’Aia, ma non è singolare che ne chiedano la revisione coloro che l’hanno condivisa e sottoscritta come comuni e regione? E pensate che è l’Aia più restrittiva d’Europa. Può passare tutto da Tar e Consiglio di Stato? Il culmine si è raggiunto con la vicenda relativa allo scudo penale. Ilva ha 55 anni di storia, solo 17 anni di gestione privata. Dal 2015 i commissari ministeriali hanno chiesto proprio lo scudo penale come garanzia per accettare l’incarico. ArcelorMittal è arrivata a fine 2018 e pienamente operativa da gennaio 2019. In trattativa disse: ‘Vogliamo almeno le stesse condizioni dei commissari. L’area a caldo di Taranto non è a norma, serve del tempo e siamo sicuri di riuscirci ma non possiamo rischiare la galera per metterla a norma’. Vi sembra normale rischiare la galera nell’atto di applicazione di una legge? Ma peggio furono alcuni importanti esponenti del Pd che dicevano che non servisse lo scudo. Lo spieghino a galantuomini come il commissario Bondi e l’ex prefetto Ferrante finiti sotto processo proprio perché tra 2012 e 2015 non vi era lo scudo”. Una garanzia legale minima per chi realizza un piano di bonifica. “Lo scudo penale non garantisce la totale immunità ma solo quella in applicazione del piano ambientale e per la sua durata. Come se non bastasse, la tattica ‘metti lo scudo, togli lo scudo’ è stata la vera motivazione per cui oggi Ilva è un guscio sempre più vuoto, da cui ArcelorMittal ha deciso di disimpegnarsi. Qualcuno preferisce che gli errori politici si paghino con denaro pubblico, con le tasse di lavoratori e pensionati, mentre l’accordo prevedeva che a pagare fosse Laksimi Mittal”. Sull’altoforno 2 si sono alternate pronunce giudiziarie spesso in contrasto tra loro. “Un autentico flipper giudiziario! La magistratura fa bene a condannare chi produce inquinando ma i processi vanno istruiti e celebrati in tempi degni di un paese civile. Nessuno è disposto a investire in un contesto dove i poteri dello stato si scontrano tra loro e uno dei tre è più potere degli altri. Si pensi alle cause di lavoro, alle vittime di reati ambientali: la giustizia deve assicurare un responso che tuteli tutte le persone danneggiate, incluse le 1.013 persone che finiscono ogni anno in cella da innocenti. Taranto poteva essere il più grande piano di transizione alla sostenibilità d’Europa. Vi sembra normale che l’udienza di un tribunale scandisca il futuro della produzione siderurgica nazionale?”. Nel 2017 Banca d’Italia stimò in un punto di pil la perdita netta dovuta a una giustizia civile inefficiente. “Io parlerei anche di quella amministrativa. Una volta Romano Prodi sostenne, tra il serio e il faceto, che abolire Tar e Consiglio di Stato darebbe un contributo alla ricchezza nazionale. Nel 2015 si stimava che solo al Tar arrivano 174 ricorsi al giorno, più di 1.200 a settimana, 64 mila l’anno… La ricorsite è ormai endemica e, a quanto pare, non debellabile”.
Una cornice legale per un mondo che non esiste più
Efficienza, investimenti, startup. A Tel Aviv Jonathan Pacifici è tra i primi investitori di Shoptagr.com, un sito di smart shopping assistant per il quale le ragazze americane vanno letteralmente pazze. “I millennial comprano in micromomenti – ci spiega l’imprenditore italo-israeliano, presidente del Jewish Economic Forum –. I millennial non sono solo la generazione dell’instant messaging, ormai vivono nell’èra dell’instant tutto. La rivoluzione digitale, che ha mutato la stessa percezione del tempo, sta modificando nel profondo il modo di fare impresa. In molti paesi, la cornice legale e la giustizia rappresentano universi paralleli pensati, disegnati e realizzati per un mondo che non esiste più. Nel campo degli acquisti online, l’intero processo, dalla scelta del
Insomma, la concorrenza si gioca sul tempo. “Nella difesa della proprietà intellettuale, questione centrale per chi fa innovazione, molto spesso la strategia vincente è quella che garantisce un vantaggio temporale rispetto ai competitor. Sii saggio, non voler aver ragione, insegna un azzeccatissimo proverbio ebraico. All’estero l’Italia è percepita come macchinosa, lenta e soprattutto imprevedibile, il che rappresenta un peccato mortale nel business”. Un esempio? “Penso allo zigzagare del governo sullo scudo penale o alla più volte ventilata revoca unilaterale delle concessioni autostradali. La mia non è un’arringa contro le regole: se il framework è giusto, è sano ed è riconosciuto come best practice, state sicuri che il mercato si adeguerà alle regole vigenti, per quanto complesse. Posti civilissimi come la Germania e i paesi scandinavi vivono benissimo con un’esigua frazione del nostro eccessivo carico normativo, riuscendo così a far rispettare le regole con maggiore efficacia e celerità; il risultato è che alla fine le loro società funzionano meglio, sono più sane, più ricche e non per questo meno giuste. Francamente, si fatica a comprendere perché le ricette che danno ottimi risultati in altri paesi europei non possano essere applicate anche da noi”.
Lo scudo che va e viene
Per Marcello Messori, professore di Economia alla Luiss Guido Carli di Roma, “l’Italia vive già una situazione di scarsa propensione all’investimento perché il nostro sistema industriale non è riuscito ad agganciare la nuova traiettoria tecnologica ‘intangibile’, quella avviata a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta con la rivoluzione dell’Information communication technology negli Usa. Da noi siamo rimasti piccoli di dimensioni e, salvo pochissime eccezioni, siamo perlopiù incapaci di cogliere