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I pm e la fiaba della nuova terzietà-tà-tà

Redazione

Di Matteo si candida al Csm con Davigo e moltiplica i guai del Csm

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Il magistrato Nino Di Matteo, sostituto procuratore nazionale antimafia e pm del processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia, ha annunciato la sua candidatura alle prossime elezioni suppletive del Csm, che si terranno il 6 e 7 ottobre, nelle file della corrente fondata da Piercamillo Davigo (Autonomia e Indipendenza). In un’intervista al Fatto, il pm palermitano ha motivato la sua decisione con l’esigenza di combattere le “deviazioni clientelari” che avrebbero travolto l’organo di autogoverno delle toghe e dare una “spallata” al sistema delle correnti. Auspici paradossali, se si considera che nel 2017 Di Matteo fu nominato alla Direzione nazionale antimafia (Dna) proprio da quel Csm governato dalle correnti e che ora ha deciso di presentarsi come candidato di una corrente (quella davighiana). Mai nessuno prima d’ora, inoltre, aveva deciso di tentare il salto in Csm sfruttando la notorietà dell’incarico rivestito nella Dna, segnato dalla gestione quotidiana di informazioni estremamente riservate che riguardano la vita (anche giudiziaria) del paese. Di Matteo ha anche affermato di volersi candidare in nome dell’autorevolezza (perduta) della magistratura. Proprio lui, finito nell’occhio del ciclone per aver dato credito, in qualità di pm, a due pataccari come Vincenzo Scarantino (autore del depistaggio nell’inchiesta sull’omicidio di Paolo Borsellino) e Massimo Ciancimino. Non solo. Pur di alimentare la sua immagine di “pm del cambiamento”, Di Matteo ha anche elogiato i “moltissimi magistrati che, in silenzio, ogni giorno, lavorano con dedizione e sacrificio”. Il pm parlava evidentemente di altre toghe, visto che di recente il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho ha deciso di estrometterlo dal pool che indaga sulle stragi proprio per aver parlato troppo in tv. Nei giorni scorsi, un appello rivolto al Csm per chiedere di reintegrare Di Matteo nel pool è stato sottoscritto da 118 magistrati di tutta Italia. Pochi, se si considera che saranno in 8.000 a votare alle suppletive del Csm. Certo è che, se Di Matteo dovesse essere eletto, ci ritroveremmo con un Csm ancor di più a trazione davighiana e grillina. Sempre, ovviamente, in nome di una ritrovata terzietà-tà-tà.

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