Europa Ore 7

Per riformare il Patto Gentiloni deve restaurare la fiducia

Von der Leyen minaccia sanzioni contro la Polonia e Morawiecki accusa l'Ue di ricatto. La Commissione ha un nuovo programma di lavoro e il francese Séjourné è il nuovo presidente di Renew Europe. Lettonia in lockdown mentre la Romania fa record di contagi e decessi

David Carretta

Il problema centrale nella revisione delle regole fiscali è “il livello di fiducia tra stati membri e tra gli stati membri e le istituzioni”, ci ha spiegato una fonte della Commissione

Valdis Dombrovskis e Paolo Gentiloni ieri hanno presentato la comunicazione con cui la Commissione ha dato avvio al processo di revisione delle regole fiscali dell'Unione europea. La rivoluzione può attendere. Nel documento di 18 pagine ci sono undici domande e alcune piste da seguire, ma “non abbiamo proposte da mettere sul tavolo”, ha ammesso lo stesso Gentiloni in conferenza stampa. Come spieghiamo sul Foglio, il commissario all'Economia è costretto ad andarci con i piedi di piomba per ragioni di realismo: i governi hanno deciso di procedere per “consenso” sul Patto di stabilità e crescita. In altre parole, serve una quasi unanimità per procedere alla revisione delle regole su debito e deficit. Il problema non è solo l'incertezza della linea che adotterà la prossima coalizione al governo in Germania. E' molto più profondo dell'eterno conflitto tra austerità e flessibilità. Ed è il risultato di un ventennio di pasticci con il Patto di stabilità. Molti governi che non lo hanno rispettato adducendo le ragioni più varie. Le diverse Commissioni che si sono succedute hanno privilegiato la politica alle regole quando si è trattato di chiedere sforzi aggiuntivi o imporre sanzioni. Più il Patto è stato riempito di regole, più si è svuotato di sostanza. Nel mondo dopo pandemia, il realista Gentiloni ha lanciato un appello al realismo: se la distanza tra le regole e la realtà economica sarà eccessiva, continuerà a essere impossibile applicare il Patto.

 

Il problema centrale nella revisione delle regole fiscali è “il livello di fiducia tra stati membri e tra gli stati membri e le istituzioni”, ci ha spiegato una fonte della Commissione. Perché le regole sono diventate così complesse, con diversi regolamenti associati al Patto e un vademecum di centinaia di pagine per interpretarli? A causa della mancanza di fiducia tra governi e nella Commissione “si è cercato di regolare tutte le incognite in anticipo”. Ma “ha senso cercare di regolare  in anticipo tutte le possibili situazioni dell'economia e prescrivere soluzioni per tutti gli scenari?”. La risposta del funzionario della Commissione, che ha vissuto la crisi finanziaria del 2008, la crisi del debito sovrano del 2010-12 e la crisi della pandemia di Covid-19, è abbastanza chiara: “La cosa che sappiamo di sicuro è che la realtà sarà sempre molto diversa da quello che abbiamo messo nelle regole”. Secondo il funzionario, “se ci fosse più fiducia nella Commissione nell'adottare l'approccio giusto, ci sarebbe meno da regolamentare fino all'ultimo dettaglio”.

 

La ricostruzione della fiducia è dunque il primo compito che attende Gentiloni. Pur facendo intendere quali sono le sue preferenze sulla necessità di spingere a favore degli investimenti pubblici e rallentare sulla riduzione del debito, il commissario all'Economia ieri ha tenuto una posizione equilibrata (al limite dell'equilibrismo). “Non dobbiamo vedere il fantasma del ritorno all'austerità e alle difficoltà delle precedenti crisi” perché “sappiamo di avere bisogno di crescita e investimenti”, ma “allo stesso tempo sappiamo che i livelli eccessivi di debito devono essere affrontati. E' quasi ovvio ed è il pilastro di una politica sulle finanze pubbliche solide”, ha spiegato Gentiloni. La Commissione ha scelto il metodo di un “approccio soft”, ci ha spiegato il funzionario: “Non mettere proposte sul tavolo ha molto a che fare con la necessità di arrivare al consenso. Quello che vogliamo è una consapevolezza condivisa tra gli stati membri sul tipo di misure che sono necessarie per il periodo che abbiamo di fronte. Se condividiamo la fotografia, allora mettiamola in pratica” cercando di evitare i dibattiti ideologici del passato.

 

E allora verso quali piste Gentiloni vuole indirizzare il dibattito tra ministri, istituzioni ed esperti per arrivare a un consenso? La prima pista riguarda il debito. La pandemia ha peggiorato la ratio tra debito e Pil di tutti i paesi, con alcuni – come l'Italia – a livelli pericolosamente alti. La regola della riduzione di un ventesimo l'anno per la quota superiore al 60 per cento del Pil non è sostenibile. “La discussione non sarà sulla necessità di abbassare il livello di debito, ma la velocità con cui farlo. Non abbiamo interesse a uccidere la crescita, ma vogliamo assicurare che il debito sia sostenibile”, ci ha spiegato la fonte. La seconda pista riguarda gli investimenti, in particolare le transizioni climatica e digitale, per cui servono 650 miliardi di investimenti pubblici e privati l'anno (520 miliardi solo per il Green deal). “Ci sono molte poche persone che dicono che questi investimenti non sono necessari. Questi investimenti sono necessari e sono enormi. Dobbiamo trovare un modo per farlo”, ha detto la fonte. La terza pista riguarda la semplificazione e l'abbandono del deficit strutturale. “Non conosco nessun ministro che dica che queste regole sono perfette e semplici. E' un altro tema su cui possiamo trovare consenso”, ha spiegato al fonte.

 

Resta il problema del se, come e quando riformare il Patto. Un'ipotesi è di modificare i regolamenti del Six Pack e Two Pack, che costituiscono l'ossatura del Patto dopo la riforma adottata durante la crisi del debito sovrano del 2010-12. Sarebbe la via più solida. Tuttavia è anche la più complicata perché serve un accordo non solo tra governi, ma anche con il Parlamento europeo. Un'altra è di limitarsi a un'interpretazione delle regole come quella della Commissione Juncker nel 2015 per introdurre flessibilità. E' il percorso più facile, ma anche quello più fragile dato il precedente negativo in termini di fiducia. Non è escluso che si utilizzino entrambe le ipotesi. Perché, mentre la Commissione prende tempo alla ricerca del consenso, il tempo stringe: nel 2023 sarà disattivata la clausola di salvaguardia generale che ha portato alla sospensione del Patto a causa del Covid-19. L'Ue rischia di ritrovarsi con le vecchie regole e un mondo completamente diverso causa pandemia e transizioni climatica e digitale. Come soluzione ponte, a inizio 2022 la Commissione presenterà linee guida sulla politica fiscale che gli stati membri saranno chiamati a seguire l'anno successivo. E' il prossimo appuntamento da tenere sottocchio.

 


Buongiorno! Sono David Carretta e questa è Europa Ore 7 di mercoledì 20 ottobre, realizzato con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo.


 

Von der Leyen minaccia sanzioni contro la Polonia - Nel dibattito di ieri al Parlamento europeo sulla Polonia, la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha minacciato sanzioni contro il governo di Varsavia accusandolo di “mettere in discussione le fondamenta dell'Ue” dopo la sentenza del Tribunale costituzionale polacco che contesta due articoli del trattato. Von der Leyen ha parlato della possibilità di lanciare procedure di infrazione, di attivare il meccanismo di condizionalità sullo stato di diritto e di rilanciare la procedura dell'articolo 7 del trattato sulle violazioni sistematiche ai principi fondamentali. La presidente ha anche ricordato che la Commissione non darà il via libera al piano di Recovery della Polonia da 36 miliardi se Varsavia non accetterà le raccomandazioni sull'indipendenza della giustizia. “Non permetteremo che i nostri valori comuni siano messi a rischio. La Commissione agirà”, ha detto von der Leyen.

 

Morawiecki accusa l'Ue di ricatto - “Non è accettabile imporre ad altri decisioni che non hanno basi giuridiche. Ed è ancor meno accettabile l'uso del linguaggio del ricatto finanziario e delle multe”, ha risposto il premier polacco, Mateusz Morawiecki, nel dibattito al Parlamento europeo: “Rigetto il linguaggio delle minacce”. In sostanza Morawiecki ha usato le stesse argomentazioni della lettera che aveva inviato lunedì ai presidenti di Consiglio europeo, Commissione e Parlamento europeo per difendere la supremazia del diritto nazionale su quello europeo. Il premier polacco ha anche accusato l'Ue di occuparsi della Polonia, nel momento in cui si moltiplicano le crisi (disuguaglianze sociali, inflazione, aumento costo della vita, minacce esterne, aumento del debito pubblico, immigrazione illegale e crisi energetica) che si “tradurranno in disordini sociali”. Sul Foglio Micol Flammini spiega che tra la Polonia e l'Ue va sempre peggio (anche a causa dello zampino del ministro della Giusizia, Zbigniew Ziobro).

 

Dentro il Parlamento una netta maggioranza per sanzionare Varsavia - Almeno per un giorno Morawiecki è diventato l'idolo delle varie destre euroscettiche o eurofobiche che siedono al Parlamento europeo. Il suo intervento è stato più volte applaudito dalla parte destra dell'emiciclo, dove siedono i deputati dei gruppi dei Conservatori e riformatori europei e di Identità e democrazia, oltre che quelli del Fidesz ungherese. “Resistete”, è stato l'appello lanciato da Nicolas Bay, il capodelegazione del Rassemblement National di Marine Le Pen. In realtà, gran parte dei deputati ha criticato pesantemente Morawiecki e chiesto di sanzionare la Polonia. Tra gli interventi, due hanno attratto la nostra attenzione. Il capogruppo del Ppe Manfred Weber ha spiegato che “chi rifiuta” la primazia del diritto europeo “di fatto si defila dall'Ue. Rifiutando tutto questo voi di fatto vi avvicinate alla Polexit”, ha detto Weber, chiedendo a Morawiecki di “scegliere”. Il liberale belga, Guy Verhofstadt, ha detto che il premier polacco si sta prestando a un “gioco cinico” che costituisce “una minaccia esistenziale suo suo paese e sui suoi cittadini”.

 

Tra i governi solo l'Ungheria difende la Polonia - Mentre era in corso il dibattito tra Morawiecki, von der Leyen e i deputati a Strasburgo, a duecento chilometri di distanza si sono riuniti ieri i ministri per gli Affari europei. A Lussemburgo, durante una riunione del Consiglio Affari generali, solo l'Ungheria ha preso le difese della Polonia. "Non vogliamo scortare nessuno fuori. Rispettiamo la volontà dei cittadini polacchi di essere dentro l'Ue e continuare come membri dell'Ue. Ma non faremo compromessi sui valori fondamentali dell'Ue", ha detto la finlandese Tytti Tuppurainen. “Lo stato di diritto è costitutivo dell'Europa”, ha spiegato il francese Clément Beaune: non si può “credere che sia un pezzo di carta che si può strappare o scegliere ciò che ci piace e ciò che no”. Secondo Beaune, “la solidarietà di bilancio non è un elemento solo contabile. Questa solidarietà non può funzionare a senso unico e non può continuare se non c'è rispetto dei diritti fondamentali previsti dai trattati”.

 

La Polonia irrompe al Consiglio europeo? - A Lussemburgo il Consiglio Affari generali doveva preparare il Vertice dei capi di stato e di governo di domani e venerdì. Il tema Polonia rischia di irrompere nell'agenda, malgrado il tentativo del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, di tenerlo il più lontano possibile. Il premier olandese, Mark Rutte, ha ricevuto mandato di sollevare il tema al Vertice. Il Benelux ieri a Lussemburgo ha fatto una dichiarazione comune, chiedendo alla Commissione “misure rapide e decise” e di non approvare il piano di Recovery della Polonia. Con la nuova coalizione semaforo a Berlino le cose potrebbero cambiare significativamente rispetto all'atteggiamento prudente di Angela Merkel. Il ministro per gli Affari europei, il socialdemocratico Michael Roth, ieri si è smarcato dalla cancelliera. “Dobbiamo parlare, ma non vedo alcun margine di manovra per compromessi. Alla fine di questo dialogo, ci deve essere un chiaro impegno per ciò a cui ci siamo tutti impegnati quando siamo entrati nell'Ue. Non ci possono essere sconti”, ha detto Roth.

 

Il pacchetto allargamento 2021 - La Commissione ieri ha presentato il pacchetto allargamento per il 2021, che dà conto dei progressi realizzati dai paesi candidati all'adesione. "La politica dell'allargamento è un investimento geostrategico nella pace, stabilità, sicurezza e crescita economica nel nostro continente europeo", ha detto il commissario responsabile, Olivér Várhelyi. Secondo la Commissione, il Montenegro e la Serbia hanno garantito un equilibrio complessivo tra i progressi nei capitoli sullo stato di diritto e quelli nei negoziati di adesione negli altri capitoli. Per la Serbia, tuttavia, "la normalizzazione delle relazioni con il Kosovo è essenziale e determinerà la velocità complessiva dei negoziati di adesione". Secondo la Commissione Albania e Macedonia del nord continuano a rispettare le condizioni per avviare i negoziati e il rinvio dovuto a un veto della Bulgaria "sta avendo un impatto negativo sulla credibilità dell'Ue". Nel caso della Bosnia-Herzegovina, l'obiettivo strategico dell'integrazione non si è trasformato in azione concreta". Per il Kosovo "sarà essenziale" mettere in pratica il piano di riforme concordato con l'Ue, oltre che la normalizzazione delle relazioni con la Serbia.

 

La Commissione ha un nuovo programma di lavoro - Il collegio dei commissari ieri ha approvato il programma di lavoro della Commissione per il 2022, in cui vengono definite 42  nuove iniziative strategiche sui sei obiettivi indicati da Ursula von der Leyen nel suo discorso sullo Stato dell'Unione. Gli obiettivi prioritari sono Green deal europeo, un'Europa pronta per l'era digitale, un'economia al servizio delle persone, un'Europa più forte nel mondo, la promozione dello stile di vita europeo, e un nuovo slancio per la democrazia europea. La Commissione si è impegnata a utilizzare l'approccio "one-in, one-out": al momento di introdurre nuovi oneri inevitabili, l'esecutivo comunitario dovrebbe ridurre gli oneri legati alla legislazione dell'Ue in vigore nello stesso settore d'intervento. I costi previsti per conformarsi alla legislazione dell'Ue saranno quantificati in modo più trasparente e sistematico nelle valutazioni d'impatto, mentre i costi amministrativi saranno compensati. Per chi è interessato qui si trovano le 42 nuove iniziative strategiche (in 32 settori) con i provvedimenti legislativi e non legislativi che la Commissione presenterà nel corso del prossimo anno.

 

Il francese Séjourné nuovo presidente di Renew Europe - Il gruppo di Renew Europe al Parlamento europeo ieri ha eletto il francese Stéphane Séjourné come suo nuovo presidente a seguito delle dimissioni del rumeno Dacian Ciolos. Dopo il ritiro la scorsa settimana dell'olandese Sophie in't Veld, Séjourné era l'unico candidato e l'elezione è avvenuta per acclamazione. "Il nostro gruppo è diverso ma unito e forte per rispondere alle preoccupazioni dei nostri concittadini europei. Ho un'ambizione per la mia famiglia politica: quella di continuare a essere la forza pro-europea indispensabile in questo Parlamento", ha detto Séjourné: "nel momento in cui i governi illiberali mettono in discussione i fondamenti della costruzione europea, l'Europa ha più che mai bisogno di una voce liberale e centrista". Il primo incontro dopo l'elezione è stato con la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. "Mi rallegro di rafforzare la nostra cooperazione e di far avanzare le nostre grandi priorità europee", ha detto von der Leyen.

 

La Lettonia è il primo paese a tornare in lockdown - Il governo della Lettonia lunedì sera ha annunciato un lockdown di quattro settimane per frenare l'impennata di contagi di Covid-19. "Il nostro sistema sanitario è in pericolo", ha detto il primo ministro, Krisjanis Karins: "L'unico modo per uscire da questa crisi è farsi vaccinare". La Lettonia, che ha uno dei tassi di vaccinazione più bassi in Europa (54 per cento della popolazione adulta contro il 74 per cento della media dell'Ue), è il primo stato membro a tornare in lockdown dopo l'estate. I negoziati, i ristoranti, le scuole e le attività ricreative resteranno chiusi fino al 15 novembre. "Devo scusarmi con le persone già vaccinate", ha detto Karins.

 

In Romania record di contagi e morti (e non vaccinati) - La Romania ieri ha registrato il record di contagi e decessi dovuti al Covid-19 dall'inizio della pandemia. Le autorità di Bucarest hanno annunciato 18,863 nuovi casi e 574 morti in un solo giorno. La Romania è il paese con il più basso tasso di vaccinazione dell'Ue dopo la Bulgaria, con appena il 34 per cento di adulti completamente vaccinati. Il presidente rumeno, Klaus Iohannis, ha definito la situazione "un dramma nazionale di proporzioni terribili" ed ha annunciato che oggi potrebbero essere decise misure restrittive per la popolazione. La Romania sta ricevendo aiuti attraverso il meccanismo di protezione civile dell'Ue. Venti medici e infermieri dalla Moldavia sono stati inviati in un ospedale nel nord-est del paese.

 

 


Accade oggi in Europa

– Consiglio europeo: summit sociale tripartito con Michel, von der Leyen e i rappresentanti di imprese e sindacati

– Parlamento europeo: sessione plenaria (dibattiti su la preparazione del Consiglio europeo del 21 e 22 ottobre; la COP26 sul clima; la crescita dell'estrema destra e del razzismo in Europa alla luce dei recenti eventi a Roma; una strategia Ue per ridurre le emissioni di metano; l'anniversario del divieto di aborto in Polonia; gli sforzi per combattere il riciclaggio di denaro e l'accordo globale sulla tassazione; i respingimenti alla frontiera esterna dell'Ue)

– Parlamento europeo: conferenza stampa sul primo anniversario dal divieto dell'aborto in Polonia

– Commissione: visita del vicepresidente Timmermans in India

– Consiglio: riunione del Coreper

– Comitato economico e sociale: sessione plenaria

– Eurostat: dati sull'inflazione a settembre; dati sui prezzi dell'elettricità e del gas nel primo semestre del 2021

– Nato: conferenza stampa del segretario generale Stoltenberg prima della ministeriale Difesa