Liti a Varsavia

Tra la Polonia e l'Ue va sempre peggio

Micol Flammini

Il  premier Morawiecki esaspera ancora di più lo scontro con Bruxelles e dice: “La legge più importante dentro all’Unione è la Costituzione di un paese”. Perché? Chiedete al ministro della Giustizia Ziobro, il regista delle provocazioni all’Ue e causa dei litigi nel governo polacco

Polexit, tra Polonia e Ue va sempre peggio

Il premier polacco Mateusz Morawiecki è arrivato a Strasburgo per inasprire ancora di più, se possibile, lo scontro con l’Unione europea. Ha accusato le istituzioni dell’Ue, con la presidente della Commissione Ursula von der Leyen in aula, di voler creare un superstato europeo al quale nessuno tra i paesi membri ha mai dato il suo consenso. Ha flirtato con il concetto bislacco di europeismo che coltivano tanti sovranisti: noi vogliamo stare nell’Ue,  ma è quest’Ue che non va bene, dobbiamo cambiarla. Ha ribadito che non c’è nulla di illecito nel dichiarare il primato del diritto nazionale su quello europeo e che Bruxelles è sempre pronta ad attaccare la Polonia mentre si mostra  blanda verso altre nazioni. “La legge più alta dentro all’Ue è la Costituzione di un paese”, ha sentenziato Morawiecki, il cui intervento è andato ben oltre gli orari fissati  per gli interventi. Prima di lui aveva parlato  von der Leyen che aveva fatto riferimento alla storia di Varsavia, al suo amore per la democrazia e alla sua lotta contro la dittatura comunista. “Questo è ciò che l’Europa rappresenta e la recente sentenza della Corte costituzionale polacca ne mette molto in discussione”, ha detto von der Leyen a Morawiecki.  Il problema è che la Commissione sa di avere poche risorse, che il meccanismo sullo stato di diritto per bloccare i fondi è complesso da utilizzare. Ma von der Leyen ha fissato un punto: una delle condizioni per sbloccare il piano di Recovery di Varsavia, che ancora deve essere approvato, sarà il ripristino dell’indipendenza della giustizia. 

Mateusz Morawiecki è stato insolitamente duro, il premier in molte occasioni ha rappresentato la parte più conciliante del governo, quella aperta al dialogo. Quando Polonia e Ungheria tenevano in ostaggio il Recovery fund, fu Morawiecki a convincere Orbán a smorzare i toni. Oggi, a Strasburgo, ha tirato e strapazzato i rapporti con l’Ue più di quello che ci si sarebbe aspettati. E’ andato dritto allo scontro, ha abusato del tempo che gli è stato concesso, ha messo l’asticella molto in alto. Questo spirito insolito con cui Morawiecki ha affrontato la giornata di martedì – ha anche annullato la conferenza stampa prevista dopo il dibattito senza dare spiegazioni – era  motivato  più da questioni interne che esterne. Non parlava soltanto agli eurodeputati, che lo attaccavano o lo difendevano a seconda dei credo politici, parlava a Varsavia, a Jaroslaw Kaczynski, il leader del  PiS, il principale partito di maggioranza, che ultimamente sembra dia più ascolto al ministro della Giustizia, Zbigniew Ziobro, leader del partito Polonia solidale, che ai suoi uomini. Morawiecki è in una posizione di difficoltà, viene accusato di debolezza, proprio per la sua capacità di dialogare, sa che rischia molto: Kaczynski ha annunciato le sue dimissioni da vicepremier perché deve prendersi cura della riorganizzazione del suo partito. Più che Kaczynski l’uomo che davvero ha portato la Polonia allo scontro con l’Ue è il ministro della Giustizia. Ziobro non soltanto continua a ricattare la coalizione di governo, minaccia di farla cadere, ma è anche l’architetto di tutte le riforme illiberali approvate finora in Polonia. Sua è la riforma della Giustizia che ha messo la magistratura sotto il controllo del governo, sua è stata l’epurazione dei giudici della Corte suprema  che non la pensavano come il governo. Sua è anche la legge che rende di fatto illegale l’aborto in Polonia. Ogni cosa Ziobro abbia chiesto al governo, anche la più controversa, Ziobro finora l’ha ottenuta. E a cedere al ricatto è spesso stato Kaczynski. 

Dentro al PiS dai primi anni del 2000, Ziobro è stato poi espulso dal partito, era considerato troppo estremista – un altro PiS, altri tempi – e ha fondato Polonia solidale, la sua arma per controllare di fatto il PiS. Kaczynski è un nazionalista, ma è da Ziobro che partono le battaglie contro l’Ue e lui contrariamente a Morawiecki non sembra neppure interessato ai ricatti economici della Commissione. 
Nello scontro tra Varsavia e Bruxelles le vicende interne della Polonia stanno iniziando ad avere un peso pericoloso. Morawiecki ha enunciato le crisi che i paesi dovranno affrontare, soprattutto quella energetica,  ma gli altri avranno i soldi del Recovery come sostegno, mentre la Polonia è intrappolata: le liti interne tengono in ostaggio il denaro europeo. E senza quel denaro, le prossime elezioni si svolgeranno nel bel mezzo di una crisi economica senza precedenti.    

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.