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Piani futuri

L’idea “Make Europe Great Again” a trazione francese non piacerà agli altri europei

David Carretta

La versione europea del Maga di Donald Trump, pur con le dovute differenze, non sarà accolta con favore in tutte le altri ventisei capitali. Gli ostacoli da superare

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Bruxelles. Il presidente francese, Emmanuel Macron, ieri ha proposto all’Unione europea il “Mega”: Make Europe Great Again. Ma la versione europea del Maga di Donald Trump – più umanista, ma non per questo meno protezionista e interventista – non sarà accolta con favore in tutte le altri ventisei capitali. Perché, al di là dell’avvertimento sull’Europa che rischia di morire e del senso d’urgenza per un cambio di paradigma di fronte al mondo che è completamente cambiato, le proposte illustrate nelle quasi due ore di discorso sono molto francesi. Equidistanza tra Stati Uniti e Cina, raddoppio del bilancio dell’Ue, debito comune per finanziare gli investimenti, ampliamento del mandato della Banca centrale europea, preferenza europea, deroghe alle regole sugli aiuti di stato per i settori strategici, chiusura commerciale, Europa dell’atomo: le idee di Macron per costruire l’“Europa potenza” vanno contro le posizioni di una maggioranza di governi, a partire dalla Germania di Olaf Scholz, senza la quale nulla nell’Ue si muove.

 

Secondo l’ex ambasciatore francese, Gérard Araud, “si può essere in disaccordo con Macron, ma difende un’ambizione europea fondata su un’analisi lucida dell’ambiente in cui stiamo progressivamente entrando. L’Ue deve essere una potenza che rivendica di esserlo e deve dotarsi dei mezzi”. E’ il Mega, fare di nuovo l’Europa grande. L’Eliseo ha spiegato che il discorso di Macron servirà ad alimentare l’agenda strategica della prossima legislatura, che i leader adotteranno al Consiglio europeo di fine giugno. Si infila in mezzo a due rapporti –  ripresi dal presidente francese – destinati a plasmare le scelte  dei prossimi cinque anni, ma che impongono decisioni difficili: quello di Enrico Letta sul mercato unico presentato la scorsa settimana e quello di Mario Draghi sulla competitività europea atteso per metà giugno. Basteranno i toni apocalittici di Macron – “la nostra Europa è mortale, può morire, e questo dipende unicamente dalle nostre scelte, e queste scelte devono essere fatte ora” – per convincere gli altri leader a uscire dai loro schemi tradizionali? Questa è la scommessa. L’esito è meno certo.

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Dopo il primo discorso della Sorbona nel 2017 ci sono volute la pandemia nel 2020 e la guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina del 2022 per far accettare ai tedeschi il principio della “sovranità europea” promosso da Macron. Ma i parametri della Germania non sono cambiati sulla politica economica da seguire e sull’apertura dei mercati. Una modifica dello statuto della Bce per mettere la crescita e il clima tra gli obiettivi della politica monetaria, oltre all’inflazione, è una linea rossa per qualsiasi governo tedesco. Altro debito comune è già stato escluso non solo da Scholz, ma anche dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen.
  
Secondo Daniela Schwarzer, della Bertelsmann Stiftung, rispetto al 2017 Macron aggiunge che “il sistema economico globale è cambiato radicalmente. L’Ue deve essere realistica e riprogettare il suo modello economico e la sua politica commerciale. Germania e Francia avranno molto da discutere su questo”. Poi ci sono i paesi nordici, che non vogliono  sentir parlare di altre deroghe sugli aiuti di stato, e i paesi dell’est, che rimangono scettici di fronte all’idea di un’Ue che non sceglie da che parte stare nella battaglia  tra Stati Uniti e Cina. L’Italia e altri paesi del sud sono i più facili da convincere. Giorgia Meloni avrà apprezzato il fatto che Macron ha indicato il Meccanismo europeo di stabilità (Mes) come potenziale strumento per il debito comune da destinare agli investimenti.

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