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escalation rinviata

Israele dimostra all’Iran dove può arrivare con un attacco che non punta a fare male

Cecilia Sala

Gli iraniani dicono: “Un attacco di zanzare”. Mentre lo stato ebraico non rivendica il raid per riportare il conflitto nell'ombra. Tutti minimizzano per evitare una guerra più grande 

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Prima dell’alba, nel giorno dell’ottantacinquesimo compleanno della Guida suprema Ali Khamenei, Israele ha lanciato, senza rivendicarlo, un attacco molto limitato contro la base più importante dell’aeronautica iraniana nella zona di Isfahan. Le difese aeree di Teheran sono entrate in funzione e nei cieli bui si è vista una breve sequenza di bagliori seguita dal rumore di tre esplosioni. Gli aeroporti del paese hanno chiuso soltanto per poche ore perché le autorità hanno rassicurato quasi subito: non ci sono danni, non ci sono vittime, l’attacco è finito. Da quel momento la televisione e le agenzie di stampa hanno fatto fronte comune per dimostrare che nelle zone colpite la vita procedeva tranquilla come in un giorno qualsiasi e per sostenere che l’attacco fosse stato condotto con droni quadricotteri talmente piccoli da stare in una mano. Il raid è stato soprannominato: “Un attacco di zanzare”. 

Le prime fonti anonime del Pentagono che questa mattina hanno confermato il raid ai giornalisti avevano parlato di missili, non di droni, e lo stesso hanno detto i funzionari israeliani (anche loro anonimi) precisando alla stampa: “Missili sparati dai nostri aerei”. L’ipotesi più quotata è che Tsahal abbia usato missili balistici Blue Sparrow lanciati dai suoi jet americani e spediti in Iran attraverso lo spazio aereo siriano e iracheno. Ma la versione dei droni quadricotteri piace alla Repubblica islamica perché permette di ridimensionare molto la portata del raid e, visto che i velivoli in questione hanno un motore minuscolo che non può coprire lunghe distanze, rende impossibile l’ipotesi di un attacco diretto partito dallo stato ebraico, che dista duemila chilometri da Isfahan. Parlare di quadricotteri permette di non perdere la faccia nel caso lo scambio di rappresaglie finisse qui dopo che Teheran aveva minacciato “una reazione ancora più dura” se fosse stato colpito il suo territorio.

Alcuni funzionari pasdaran hanno detto che l’attacco non c’è stato perché quello che si è visto alle quattro di mattina di venerdì non può essere definito tale. L’agenzia stampa vicina ai Guardiani della rivoluzione, Tasnim, ha tenuto la stessa linea. Alla domanda su quale sarebbe stata la risposta della Repubblica islamica al raid, il generale dell’esercito iraniano Mousavi ha replicato: “Avete già visto la risposta dell’Iran” – che tradotto significa: abbiamo già fatto tutto quello che dovevamo fare con il primo attacco diretto contro Israele della storia. Oggi “una fonte d’intelligence in medio oriente”, che la Cnn giudica ben informata sulla potenziale reazione dell’Iran, ha spiegato alla testata americana che ora gli attacchi diretti da stato a stato tra i due paesi nemici si possono considerare “finiti”. Tutte le reazioni iraniane fanno pensare che sia davvero così.

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Israeliani, americani e iraniani non sono d’accordo sul tipo di arma usata ma sono tutti d’accordo su un punto: l’attacco è stato molto limitato e studiato per non provocare una ulteriore escalation, anche se nessuno può verificare che i danni siano stati zero come sostiene Teheran. 

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La base militare a cui puntava il raid notturno è l’equivalente in Iran della base aerea israeliana di Nevatim, nel deserto del Negev, a cui avevano mirato i missili balistici di Teheran una settimana fa. La base dell’aeronautica è nella stessa regione che ospita una delle sedi del programma nucleare iraniano a Natanz, a centosessanta chilometri dalla città di Isfahan e, secondo fonti dell’Abc, uno degli obiettivi era un radar che è parte del sistema di protezione del sito atomico. Il messaggio di Israele è stato: ti faccio vedere che posso arrivare ovunque ma ti dico anche che questa volta non ho intenzione di fare male. Un attacco simbolico che allo stesso tempo risponde anche alla necessità di colpire l’Iran – non soltanto le sue milizie nella regione – per replicare alle centinaia di droni e missili lanciati dai pasdaran contro lo stato ebraico una settimana fa. Il fatto che Israele non abbia rivendicato il raid indica che vuole riportare la guerra con l’Iran dove era sempre rimasta per quarantacinque anni: nell’ombra.

 

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