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il giorno del Cremlino

A Mosca una parata della vittoria senza vittorie

Micol Flammini

Putin nella Piazza Rossa dice che il futuro della Russia dipende dai soldati russi in Ucraina e che l'unica vera guerra è quella dell'occidente contro Mosca. I mezzi militari, i leader internazionali sugli spalti, il discorso del presidente: com'è stato il secondo 9 maggio dall'inizio dell'invasione

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Alla parata del 9 maggio, giorno in cui Mosca celebra la vittoria sulla Germania nazista, il Cremlino è arrivato lanciando 25 missili contro l’Ucraina. Alle nove in punto, sulla Piazza Rossa, è iniziata la sfilata di politici, propagandisti, veterani, mezzi militari – in misura ridotta rispetto agli altri anni: c’era un solo carro armato, un T-34 – e soldati. Il presidente russo è riuscito a raggruppare attorno a sé i leader dell’Asia centrale, anche il presidente kazaco, Qasym Jomart Toqaev, che dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina ha cercato di prendere le distanze dal Cremlino, era al fianco di Vladimir Putin; come il suo omologo uzbeco, Shavkat Mirziyoyev, e il premier armeno, Nikol Pashinyan, ha annunciato la sua presenza soltanto ieri. La Csto, l’organizzazione del trattato di sicurezza collettiva, era al completo a Mosca con i leader di Bielorussia, Kazakistan, Armenia, Korghizistan e Tagikistan tutti seduti sugli spalti disposti sotto la scritta 9 maggio e le bandiere russe. E’ questa la nota più significativa della parata, Putin ha voluto mostrare un’alleanza che si ricompone. Perché questi capi di stato e di governo, nonostante più volte abbiano preso le distanze dall’invasione e abbiano lasciato trapelare i timori che Mosca possa espandere la guerra nei loro paesi, erano vicini a Putin in un giorno tanto significativo per il conflitto, non si sa. 

 

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La guerra contro Kyiv è entrata nel suo secondo anno e questa è stata la seconda parata che si è tenuta da quando Mosca ha invaso l’Ucraina e come lo scorso anno, il Cremlino non aveva vittorie da rivendicare allora e non le ha adesso: attendeva la caduta di Bakhmut per mano della Wagner. Il 9 maggio è un giorno molto importante per Putin, lo ha riempito di simboli e avvertimenti. Da commemorazioni del passato, il presidente russo, ormai da anni, lo ha reso uno spettacolo di minacce, di promesse di guerra. Da anni il 9 maggio non è più il ricordo di una vittoria passata, ma la promessa di una guerra futura. 

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Ventiquattro città hanno cancellato la parata, ufficialmente per motivi legati alla sicurezza, probabilmente perché se Mosca era sguarnita di mezzi militari da esporre in piazza, difficilmente altre città avrebbero potuto fare di meglio. Nonostante i droni abbattuti sopra alla cupola del palazzo del Senato, nonostante non passi giorno che qualcosa non vada a fuoco in Russia, l’evento si è tenuto e Putin, che evita incontri pubblici soprattutto se fissati da tempo, posti all’aperto e con molta gente, non se l’è perso. Ha usato il suo discorso per ripercorrere la lista delle sue accuse: contro le “élite globaliste”, contro l’Ucraina “ostaggio di un regime”, contro la “russofobia” che ha spinto il mondo a dimenticare chi ha liberato l’Europa dal “male”: vogliamo vedere il mondo libero, ha detto il presidente russo. Ha ammesso che c’è una guerra, ma che la vera guerra non è certo l’operazione militare speciale in Ucraina, ma è “la guerra contro la Russia”. Ne sono colpevoli tutti, gli occidentali e gli ucraini che hanno dimenticato il passato, secondo Putin. “Una guerra è stata scatenata contro il popolo russo, l’obiettivo del nemico è la distruzione del nostro paese”. A muovere questo conflitto è l’occidente che “provoca scontri e colpi di stato, distrugge i valori tradizionali per continuare a dettare le proprie regole” e Kyiv ormai “è merce di scambio nelle sue mani”. Ha ricordato chi combatte, chi è morto combattendo, ha ricordato i soldati di professione e i mobilitati, che difendono quello che è più importante per la Russia: “La sicurezza, la nostra nazione dipende da voi” e anche il futuro della Russia. Non era questa la premessa iniziale, quando Putin dichiarò l’inizio dell’invasione, lasciò intendere che Mosca non sarebbe stata coinvolta, che il compito dei soldati russi era “liberare”, “denazificare”, in ballo c’era il futuro di Kyiv e quello della memoria della Seconda guerra mondiale. Ora, lo ammette lui stesso, in ballo c’è il futuro della Russia. L’idea della guerra di difesa serve a Putin per convincere i russi che i sacrifici che stanno facendo sono indispensabili, vitali, anche una nuova mobilitazione potrebbe esserlo.

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