Foto di Ebrahim Noroozi, AP Photo, via LaPresse 

contro le imposizioni

L'Afghanistan dei talebani e la rete delle scuole clandestine. “Hanno paura”, ci dice Aisha

Federico Lodoli

Mentre le donne protestano contro la chiusura dell’università, a Kabul si rincorrono i timori sulla possibile chiusura anche delle scuole elementari. Sarebbe la scure sull’educazione femminile

Martedì scorso, con una lettera indirizzata a tutti gli istituti pubblici e privati, il ministro per l’Educazione superiore dell’Emirato islamico dell’Afghanistan, Neda Mohammad Nadeem, ha ordinato di “sospendere l’educazione universitaria femminile fino ad ulteriori ordini”. La decisione ha provocato reazioni indignate della comunità internazionale ma soprattutto una serie di proteste in tutto il paese. Giovedì gruppi di attiviste, studentesse, insegnanti si è radunato per contestare la decisione. “Le proteste andranno avanti fino a quando il divieto non sarà ritirato”, dicono le ragazze in piazza. Alle proteste hanno fatto seguito alcuni arresti, tra cui tre giornalisti e cinque donne. Ma non sono solo le donne a contestare l’ordine dei talebani. Lo stesso giorno, circa cinquanta professori si sono dimessi dai loro incarichi mentre un gruppo di studenti di medicina si è rifiutato di sostenere gli esami, uscendo dall’aula in segno di solidarietà con le colleghe.

 

“Non so se la protesta durerà ma questa volta si vede che loro hanno più paura perché, sin da martedì, la città è ancora più militarizzata del solito. Ci sono blindati e soldati ovunque”, ci dice Aisha, una ragazza di 24 anni conosciuta lo scorso agosto a Kabul e che abbiamo raggiunto al telefono. “Me lo aspettavo prima o poi, ma sono ancora sotto choc. E non hanno chiuso solo le università ma tutte le istituzioni femminili, compreso il tutor center dove lavoro”. Aisha non è scesa in piazza perché si sente troppo esposta. “So che potrebbero arrestarmi in qualunque momento perché quello che faccio è illegale”.

 

Anche Aisha è uno pseudonimo, e il motivo è che da quasi un anno è a capo di una rete di scuole clandestine per le ragazze a cui l’educazione è stata vietata. Organizza i corsi in case private, con l’aiuto di volontari e il sostegno delle comunità locali. “E ben presto, purtroppo, avremo molti più studenti perché da tre giorni hanno iniziato a chiudere anche le scuole elementari. L’ho visto con i miei occhi. Nella mia comunità la scuola ha la porta sigillata ed è sorvegliata da due militari. Mercoledì mattina hanno mandato a casa sia gli insegnanti sia le bambine. Da allora è rimasta chiusa. E so di altre scuole in tutta la città”.

 

Giovedì sera il ministro dell’Educazione superiore ha spiegato alla tv di stato afghana i motivi dietro la chiusura delle università. Secondo il ministro, negli ultimi quattordici mesi l’Emirato avrebbe chiesto l’attuazione di una serie di riforme per adeguare l’educazione femminile ai precetti della sharia, ma tutte le richieste sarebbero state disattese: “Il fatto di non indossare il velo integrale, di andare all’università vestite come a un matrimonio, di arrivare dalle province senza essere accompagnate da un uomo o, addirittura, la presenza delle donne nei dormitori” sarebbero alcune tra le trasgressioni rilevate dal regime. “Per mesi abbiamo osservato e aspettato che tutti si adeguassero alle nuove regole, ma nulla è accaduto, obbligandoci a prendere questa decisione”. Il ministro non ha menzionato la possibilità di chiudere anche le scuole elementari che, quindi, teoricamente dovrebbero restare aperte. Almeno per ora. 

 

Aisha non è l’unica ad aver visto le porte delle elementari chiuse. Da mercoledì si rincorrono indiscrezioni su una possibile stretta sull’educazione femminile. Il primo a darne la notizia è stato il Wall Street Journal che, in un articolo del 21 dicembre, citava una riunione avvenuta a Kabul tra il ministro per la Promozione della virtù, ufficiali di polizia, direttori di scuole, esponenti religiosi e leader di comunità. All’incontro sarebbe stata presa la decisione di chiudere le scuole elementari e vietare alle donne di lavorare negli istituti scolastici, che insieme al lavoro negli ospedali era uno dei pochi ancora permessi. Non solo, sarebbero pronte anche una serie di restrizioni relative alla frequentazione delle madrase e delle moschee. 

 

Una chiusura totale che, insieme al divieto già esistente di accedere ai parchi pubblici, condannerebbe le donne alla segregazione. “Vedrai”, ci dice Aisha, “a breve ci sarà un altro ordine che vieterà alle donne di uscire di casa. In poche settimane nessuno sarà più in grado di vederne una per le strade di Kabul. Ricordi cosa ti ho detto ad agosto? In sei mesi le donne saranno completamente cancellate”.

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