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Regalare i nostri dati a Pechino è un pericolo per la democrazia. Un libro

Maurizio Stefanini

In questo momento è in corso nel mondo una battaglia per la sovranità dell’informazione e la Cina la sta vincendo grazie anche a popolari social network come Zoom o TikTok. Il saggio di Aynne Kokas

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Il 31 maggio di due anni fa gli attivisti del gruppo per i diritti umani con sede negli Stati Uniti “Humanitarian China” organizzarono un evento Zoom per commemorare la violenta repressione di piazza Tiananmen. Zoom rispose cancellando gli account degli organizzatori. E’ un evento emblematico per evidenziare il problema denunciato nel libro “Trafficking Data: How China Is Winning the Battle for Digital Sovereignty”, uscito da poco e già un caso editoriale. Pubblicato dalla Oxford University Press, l’autrice è Aynne Kokas, docente presso il Miller Center e professoressa associata per lo studio dei media all’Università della Virginia. “L’èra dell’esplorazione ha ridefinito i confini marittimi, aprendo la strada al colonialismo. L’aviazione ha dato origine al concetto di spazio aereo. L’esplorazione petrolifera ha segnato l’inizio dei diritti minerari. La corsa allo spazio ha creato una nuova competizione per l’esplorazione planetaria. Internet ha portato al concetto di sovranità dei dati”, spiega Kokas. In questo momento è in corso nel mondo una battaglia per la sovranità dell’informazione e la Cina la sta vincendo grazie anche a popolari social network come Zoom o TikTok.

 

Per la maggior parte delle persone il traffico dati fa ormai parte della vita moderna. Ma nulla di ciò che questi utenti sanno sul modo in cui i dati vengono raccolti, compilati, archiviati, elaborati, estratti e interpretati è trasparente. Quindi si trovano coinvolti in un ciclo transnazionale che non comprendono o non influenzano. Alcune aziende tecnologiche hanno sfruttato le politiche dei governi, e più spesso le loro mancanze, per raccogliere informazioni sui cittadini. E così si sono messe a rischio le persone, la competitività economica e la sicurezza nazionale – l’abbiamo visto soprattutto in questi giorni di proteste in Cina. 
L’industria tecnologica americana ha stabilito uno standard per lo sfruttamento dei dati degli utenti che rende difficile per la gente comune e i governi di tutto il mondo proteggersi dal data mining a favore della Cina. “Al contrario, la politica industriale sulla tecnologia del governo cinese ha obiettivi chiari (sebbene non sempre raggiunti) di utilizzare i dati raccolti dagli Stati Uniti. Questi obiettivi abbracciano lo sviluppo del prodotto, l’istruzione, la salute, la modernizzazione militare, la raccolta di informazioni e altro ancora”.

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“Dando priorità alla crescita, le autorità di regolamentazione americane hanno adottato un approccio laissez-faire alla sovranità digitale”. Al contrario, il governo cinese “si basa sulla lunga tradizione delle società tecnologiche con sede negli Stati Uniti a scopo di lucro e amplifica il proprio potere nazionale attraverso le società tecnologiche che dipendono dall’accesso al mercato cinese. Insieme, gli approcci alla sicurezza dei dati statunitensi e cinesi aumentano la probabilità che i dati dei cittadini vengano trasferiti oltre i confini nazionali senza il consenso di tali cittadini”.

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I livelli di rischio sono tre: sicurezza personale, economica e nazionale. Sia TikTok sia l’app cinese per eccellenza, quella “per tutto”, cioè WeChat, secondo Aynne Kokas hanno costruito il loro potere economico “operando su algoritmi opachi che possono alimentare la disinformazione e raccogliere grandi quantità di dati sui consumatori. Poiché le piattaforme sono essenziali per le comunicazioni odierne e amate da molti utenti, tali rischi stanno diventando sempre più pervasivi. Con ogni nuovo utente, le piattaforme diventano più attraenti. L’aumento della popolarità espande non solo la sua portata attuale, ma anche la sua crescente interdipendenza con i politici e le agenzie governative. Poiché le loro società madri hanno sede in Cina, le società rafforzano anche gli sforzi cinesi di raccolta di informazioni, censurano i contenuti ritenuti sensibili al governo cinese e migliorano non solo i propri algoritmi, ma anche il ricco mosaico di utenti accessibili al governo cinese”. 

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