Foto di Andreea Alexandru, via LaPresse 

Dopo la riunione Nato

Sulla Cina l'Unione europea vuole una linea sua, non quella di Biden

David Carretta

L’America chiede una posizione unita su Pechino. Gli europei: evitiamo un mondo diviso in campi e alcuni paesi guardano ancora all'appeasement. Domani Michel volerà da Xi Jinping

Bruxelles. Alla riunione della Nato di Bucarest, i ministri degli Esteri dell’Alleanza atlantica hanno ribadito la loro unità a sostegno dell’Ucraina nel momento in cui Vladimir Putin usa “l’inverno come arma” per piegare la resistenza del suo vicino. “Dobbiamo restare uniti perché è nell’interesse della nostra sicurezza garantire che il presidente Putin non vinca, perché questo invierebbe il messaggio che i leader autoritari possono prevalere usando la forza militare bruta”, ha detto il segretario generale, Jens Stoltenberg. Ma, dietro le quinte, alla Nato c’è stata un’altra discussione su altri leader autoritari, tentati dalla forza bruta, che mettono a repentaglio la sicurezza occidentale, ma su cui gli alleati sono meno uniti: la Cina di Xi Jinping.

 

Il rilancio della relazione transatlantica sotto la presidenza Biden e due anni di crescenti tensioni con Pechino a causa della sua politica sempre più aggressiva sulla scena mondiale avevano spinto la Nato, nel suo summit di giugno a Madrid, a riconoscere la “competizione sistemica” della Cina come sfida per “gli interessi, la sicurezza e i valori” degli Alleati. Eppure americani ed europei continuano a percepire la minaccia della Cina in modo molto diverso. Se l’Amministrazione Biden ha usato la riunione di Bucarest per chiedere agli europei di adottare una linea più dura con Pechino, una parte dell’Ue è ancora tentata dalla linea dell’appeasement. Stoltenberg ha trasmesso in pubblico i messaggi che gli americani avevano fatto pervenire agli europei in privato.

 

“La Cina sta accelerando la sua modernizzazione militare, aumentando la sua presenza dall’Artico ai Balcani occidentali, dallo spazio al cyber spazio”, ha detto il segretario generale della Nato. “La guerra in Ucraina ha dimostrato la nostra pericolosa dipendenza dal gas russo” e “dovrebbe spingerci a valutare le nostre dipendenze da altri stati autoritari, non ultimo la Cina”. La Nato non ha intenzione di diventare “un’alleanza militare globale”, ma “la Cina si sta avvicinando a noi”, ha spiegato Stoltenberg. Pechino è sempre più presente anche “dentro l’Europa”, per esempio, “cercando di controllare infrastrutture critiche”. Se “continueremo a commerciare e dialogare economicamente con la Cina”, è necessario “ridurre le nostre vulnerabilità e gestire i rischi”. Per Stoltenberg, è necessario “tenere conto degli aspetti di sicurezza delle decisioni economiche” sulla Cina. 

 

In vista di Bucarest, l’Amministrazione Biden ha chiesto agli europei di adottare una posizione unita sulla Cina. Il nuovo “concetto strategico” adottato a Madrid dalla Nato richiede di “affrontare le sfide sistemiche poste dalla Repubblica Popolare di Cina alla sicurezza euroatlantica”. Una parte degli alleati europei h iniziato a comportarsi di conseguenza. Il governo britannico ieri ha annunciato l’esclusione della società cinese China General Nuclear (Cgn) dalla costruzione della centrale nucleare Sizewell C nel Suffolk. La Lituania sta resistendo a una guerra commerciale lanciata da Pechino per la decisione di Vilnius di permettere l’apertura di un ufficio di rappresentanza di Taiwan. Ma altri leader europei non vogliono ritrovarsi con una nuova Guerra fredda, guardano con terrore al disaccoppiamento economico e sono ancora convinti di poter portare Xi Jinping a più miti consigli sugli affari globali.

 

All’inizio del mese il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, è stato il primo leader occidentale a rendere visita al presidente cinese dopo che il ventesimo Congresso del Partito comunista lo ha confermato leader assoluto, portandosi dietro la solita corte di manager dell’industria tedesca. Domani, il secondo leader occidentale a vedere faccia a faccia a Pechino Xi Jinping sarà il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. La sua speranza è di convincere il presidente cinese ad abbandonare la Russia a se stessa, o almeno a non sostenerla militarmente, e a cooperare in alcuni settori di interesse reciproco, come il cambiamento climatico.

 

In un discorso al Brussels Indo-Pacific Forum ieri, l’Alto rappresentante, Josep Borrell, ha fatto capire che l’Ue non intende assecondare l’Amministrazione Biden sulla Cina. Tra Washington e Pechino “non siamo equidistanti”, ha spiegato Borrell: “Politicamente condividiamo un sistema politico con gli Stati Uniti di democrazia, accountability, diritti individuali e mercati aperti”, mentre “la Cina sta indurendo la sua politica estera e c’è una maggiore componente ideologica”. Ma, secondo Borrell, “una vasta maggioranza dei paesi indopacifici ed europei non vuole essere intrappolata in una scelta impossibile. Non vogliono dovere scegliere tra gli Stati Uniti o la Cina. Non vuole un mondo che è diviso in due campi”. L’Ue vuole essere “un attore con un ruolo distinto”. Distinto dalla Cina, ma anche dagli Stati Uniti. 

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