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Più che la California, a far riflettere il Gop sull’aborto è il Kentucky

Matteo Matzuzzi

Tutti i risultati delle midterm dimostrano che a prevalere è una posizione moderata: nell’elettorato americano, quando si parla d’aborto, a vincere non sono le opzioni estreme. Anche tra Louisville e Lexington

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La Corte suprema, ribaltando a fine giugno la sentenza Roe vs Wade, aveva rimesso in capo agli stati la facoltà di decidere cosa fare in materia di aborto: vietarlo, limitarlo nei tempi, liberalizzarlo integralmente. In estate, come i prevedibile la questione è diventata centrale nella campagna elettorale verso il voto di metà mandato, con i democratici che hanno cercato di mobilitare la base proprio in nome del diritto d’aborto che la Corte a netta maggioranza repubblicana aveva limitato. “Votate democratico e faremo una legge federale sull’aborto”, aveva assicurato Joe Biden. Il voto d’agosto in Kansas, stato conservatore dove gli elettori con il 59 per cento dei consensi hanno respinto la norma che voleva inserire nella Costituzione locale il divieto di accesso all’interruzione di gravidanza, aveva messo in allerta i repubblicani.

 

Così, dopo mesi in cui parecchi spot a sostegno dei candidati del Gop erano prodotti sfruttando slogan cari ai settori pro life, il segnale giunto dal Kansas riorientava le campagne elettorali all’insegna di più moderazione. Gli americani, anche quelli residenti in stati conservatori o con forte presenza evangelica, non si mostravano impazienti di sovvertire una legislazione che consideravano ormai acquisita nella società americana da più di mezzo secolo.

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I referendum che si sono tenuti martedì in cinque stati hanno confermato tale assunto: la possibilità di ricorrere all’aborto legale non deve essere in discussione. In Michigan, California e Vermont i sì all’introduzione di misure che tutelano in Costituzione l’interruzione di gravidanza hanno superato di gran lunga i contrari. In Vermont, dove i sì hanno prevalso con il 77 per cento, neanche il governatore repubblicano si è opposto alla misura. Qui nella Costituzione statale sarà sancito che “il diritto all’autonomia riproduttiva è fondamentale per la libertà e la dignità nel determinare la propria vita”. Scontato anche il via libera in California, dove viene sancito che la decisione su un’eventuale interruzione di gravidanza è affare intimo e privato. L’intento è di rendere di fatto impossibile (o quantomeno assai complicato) inserire in futuro norme restrittive nella legislazione dei singoli stati. Molto meno scontato, invece, il risultato del referendum in Kentucky, stato assai simile al Kansas per quanto attiene alla composizione sociale e demografica: qui il 52,5 dei votanti ha respinto l’emendamento che avrebbe reso incostituzionale il diritto all’aborto. Un caso a parte è il Montana, dove ai voti era stato messo un progetto di legge che imporrebbe, se approvato, sanzioni penali ai sanitari che non fanno il possibile per preservare la vita dei bambini nati in qualunque fase della gravidanza, comprese dunque le gravidanze interrotte al quinto mese: si tratta dei cosiddetti “aborti falliti”, casi molto rari.

 

In generale, tutti i risultati delle midterm dimostrano che a prevalere è una posizione moderata: nell’elettorato americano, quando si parla d’aborto, a vincere non sono le opzioni estreme. Soprattutto, al di là delle battaglie nelle aule giudiziarie e sui media, pochi hanno voglia di tornare al mondo che precedette la sentenza Roe vs Wade del 1973 che segnò uno spartiacque nella storia e nella cultura americane.

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