Foto di Amr Nabil, via LaPresse 

tattiche di negoziazione a Bruxelles

L'accordo sul Patto di stabilità che vuole accontentare falchi e colombe d'Europa

David Carretta

La "misura pacchetto" è ispirata ai meccanismi dei Pnrr dei diversi stati e vedrà i paesi negoziare con la Commissione gli sforzi di bilancio da realizzare ogni anno. Ma la decisione comune non è scontata

Bruxelles. La Commissione europea domani presenterà una proposta per ritagliare il Patto di stabilità e crescita su misura delle esigenze di ciascuno stato membro della zona euro, mettendosi alle spalle le regole sull’austerità introdotte una decina di anni fa nel pieno della crisi del debito sovrano, ma che non hanno mai trovato vera applicazione. Senza abbandonare l’esigenza della sostenibilità del debito, l’obiettivo sarà di rendere il percorso di aggiustamento dei conti meno duro e consentire gli investimenti necessari a realizzare le transizioni climatica e digitale. La chiave per trovare un compromesso tra falchi e colombe fiscali sarà dare ai paesi ad alto debito più tempo e flessibilità in cambio di riforme strutturali, ma anche imporre sanzioni automatiche in caso di deviazioni degli obiettivi di deficit e debito concordati.

 

Il grande scambio possibile sul Patto di stabilità tra falchi e colombe è stato sintetizzato così ieri da Sigrid Kaag, il ministro delle Finanze dei Paesi Bassi (tradizionalmente un falco): “È un accordo pacchetto. Se creiamo più flessibilità, allora deve esserci spazio per un controllo efficace per assicurare il rispetto delle regole”. Per elaborare la sua proposta, la Commissione si è ispirata ai meccanismi del Recovery fund e dei Pnrr nazionali. Addio deficit strutturale su base annuale e regola per ridurre di un ventesimo l’anno il debito sopra il 60 per cento del pil: ci sarà un accordo tra la stessa Commissione e i singoli stati membri su un percorso di rientro del debito della durata di quattro anni, con la possibilità di estenderlo a sette anni in cambio di riforme strutturali. “Il taglio del vestito sarà deciso paese per paese, con la tecnica del Recovery fund”, spiega al Foglio una fonte dell’Ue. Un altro principio ispirato al Recovery fund è la “ownership” (titolarità) delle scelte economiche e finanziarie. Niente più decisioni imposte da Bruxelles: come con il Pnrr, toccherà a ogni singolo governo proporre e negoziare con la Commissione gli sforzi di bilancio da realizzare ogni anno, il calendario per il rientro del debito e le riforme che permetterebbero di ottenere flessibilità. La Commissione verificherà la compatibilità con il quadro di regole comuni e proporrà agli altri stati membri di approvare l’accordo. Il valore di riferimento del debito previsto dal Patto di stabilità rimarrà il 60 per cento del pil, ma dovrebbe esserci un trattamento differenziato tra paesi sopra il 90 per cento (considerati ad alto rischio) e sotto il 90 per cento (considerati a medio rischio). I paesi ad alto rischio sarebbero chiamati a fare sforzi maggiori. Una nuova regola su un tetto alla spesa dovrebbe evitare che singoli paesi approfittino della flessibilità per aumentare la spesa corrente a danno della sostenibilità dei conti pubblici.

 

La contropartita alla flessibilità nel nuovo Patto di stabilità saranno meccanismi più automatici per lanciare procedure per deficit eccessivo e comminare eventuali sanzioni. Se un governo devia dal percorso concordato, la Commissione sarà obbligata a far scattare la procedura per deficit eccessivo, imponendo sforzi minimi e scadenze specifiche per la riduzione del deficit. Se le finanze pubbliche non saranno corrette in tempo, dovrebbero scattare le sanzioni finanziarie. Quelle previste dal vecchio Patto potrebbero cambiare. Lo 0,2 per cento del pil è considerata una cifra troppo alta dal punto di vista politico. Dentro la Commissione c’è chi è convinto che il danno reputazionale e la reazione dei mercati siano più efficaci di una multa. Anche l’accesso al nuovo programma di acquisto titoli della Banca centrale europea, il Transmission Protection Instrument (Tpi), è condizionato al rispetto delle regole fiscali.

 

Un accordo tra falchi e colombe non è scontato. Il ministro tedesco delle Finanze, Christian Lindner, ha già detto di essere contrario ad accordi bilaterali tra le capitali e Bruxelles. La Commissione ha scelto una tattica negoziale prudente. Le sue proposte di domani saranno contenute in una semplice comunicazione, rinviando a più tardi i dettagli tecnici sulla riforma del Patto. Un’eventuale proposta legislativa arriverà a inizio 2023, a seguito del dibattito tra i ministri delle Finanze. Ieri all’Eurogruppo nessuno si è esposto. Per realizzare il grande scambio sul Patto di stabilità serve anche fiducia. Al suo primo Eurogruppo, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha illustrato i piani fiscali dell’Italia promettendo un “approccio prudente e realista”. Sul debito “l’Italia farà la sua parte”, ha detto Giorgetti. Sull’Italia “confido nel fatto che ci sia un atteggiamento di grande cautela come è necessario soprattutto per i paesi ad alto debito”, ha spiegato il commissario all’Economia, Paolo Gentiloni. Ci possono essere “eccezioni” per misure sull’emergenza energetica, ma devono essere “mirate”. Dal governo Meloni “ci aspettiamo una proposta di bilancio (…) che tenga conto di questi orientamenti. Non dubito che questo sarà”, ha detto Gentiloni. La valutazione della Commissione ci sarà in dicembre.