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Destra e centrodestra americana

I repubblicani hanno un problema con il miliardario Peter Thiel e i suoi due candidati

Giulio Silvano

Il libertario-conservatore ha investito su JD Vance in Ohio per costruire il post trumpismo. Ma non tutto va come sperato: il moderato Kelly cerca di contendersi il seggio di Black Masters, altro pupillo dell'imprenditore, in Arizona

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L’Ohio per molto tempo è stato considerato uno swing state ma in anni recenti si è spostato sempre di più verso destra. Solo tre presidenti hanno vinto le elezioni senza ottenere lo stato: FDR, JFK e Joe Biden. Era quindi dal 1960 che l’Ohio non andava al vincitore, così dal 2020 viene bollato come stato repubblicano, perdendo la condizione di “stato altalenante”. Ma le cose potrebbero cambiare con le elezioni di metà mandato, dove la lotta tra i due candidati senatori non è per nulla scontata.

 

Il democratico Tim Ryan viene dato dai sondaggi al 45 per cento, mentre il suo sfidante, il repubblicano J.D. Vance al 44,5. Ryan, per cambiare il colore dello stato, ha passato gli ultimi mesi a girare per le zone rurali, cercando di riguadagnare il voto liberal fuori delle Xtl con slogan semipopulisti. Sta cercando di mostrarsi come un moderato, attaccando la globalizzazione, la Cina e alcune vecchie politiche troppo “internazionaliste” di Barack Obama, sottolineando che, negli ultimi anni alla Camera, ha votato per alcune proposte di Donald Trump. Ha capito, come molti candidati, che nel mid-west l’unico modo per battere il populismo di ispirazione alt-right è piazzarsi al centro e recuperare i voti repubblicani dei neverTrump. 

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Ryan, quarantanovenne, rappresenta l’Ohio alla Camera da quasi vent’anni e negli spot elettorali parla soprattutto “ai lavoratori”. Il suo sfidante, invece, è un millennial, veterano dell’Iraq, laureato a Yale, che ha scritto il bestseller “Elegia americana” trasformato da Ron Howard in un film con Amy Adams e Glenn Close. La storia è quella della sua famiglia, emigrata dai monti Appalachi in Ohio, dove è cresciuto circondato da alcolismo, droghe, rancore verso Obama e previdenza sociale. Ex anti trumpiano, Vance ha cancellato i suoi tweet quando ha deciso di candidarsi in politica e ha accolto l’onda arancione surfandola per battere i repubblicani dell’establishment. “J.D. mi sta leccando il culo da quanto ha bisogno del mio appoggio”, ha detto alla folla dell’Ohio Trump, in un recente evento elettorale per Vance, sottolineando quanto i candidati del Partito repubblicano abbiano ancora bisogno di lui per vincere. 

 

J.D. Vance è uno dei candidati sponsorizzati da Peter Thiel, il miliardario libertario-conservatore che ha dato una spinta ad alcuni candidati con ingenti donazioni per le campagne, che però sono finite troppo in fretta. Thiel, che ha co-fondato PayPal, se n’è andato dal board di Facebook, di cui è stato uno dei primi investitori, quando ha deciso di intervenire nella politica nazionale per togliere il potere dall’élite tecnocratica liberal. Thiel ha detto che smetterà di dare soldi a Vance perché pensa che vincerà, e di concentrare i suoi milioni sul suo altro candidato, Blake Masters

 

In corsa per Senato in Arizona, altro stato ex swing spostatosi a destra, anche Masters ha avuto bisogno della presenza di Trump ai suoi eventi, per raccogliere il voto Maga (Make America Great Again) alle primarie contro i repubblicani vecchio stile. Anche lui millennial, anche lui ha lavorato in finanza con Thiel come suo dipendente, super fan dei blog e dei forum, con il miliardario ha anche scritto un libro, “Zero to One”, dove la globalizzazione viene vista come nemico numero uno dell’innovazione. Nel pieno spirito del tempo, da venture capitalist libertario, Masters per la campagna ha anche emesso degli Nft. Più di Vance, Masters ha più volte mostrato simpatie nazionaliste di stampo cospirazionista e razzista, dicendo per esempio che il problema delle armi riguarda soprattutto i neri nelle grandi città. Ha  attaccato le aziende Big Tech e in un’intervista ha citato Unabomber come il pensatore sovversivo più sottovalutato.

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Dopo esser salito sul carro di chi considera illegittima l’elezione di Joe Biden, nelle ultime settimane Masters, ottenuta la nomination del partito, si è ammorbidito per allargare la sua attenzione fuori dall’elettorato Maga. Sfiderà, a novembre, Mark Kelly, ex astronauta eletto al Senato due anni fa, primo democratico a vincere quello scranno dal 1962. Sua moglie, la deputata Gabby Giffords, in politica da ben più tempo di lui, nel 2011 è stata colpita alla testa da un proiettile mentre parlava ai suoi elettori in un centro commerciale di Tucson. Da allora Kelly è molto attivo anche sul controllo delle armi, mantenendo però sempre un posizionamento moderato su quasi tutti i temi.

 

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Più volte si è schierato contro il Green New Deal bideniano, e si posiziona più a destra del presidente sia rispetto alla difesa ambientale sia alle restrizioni sui confini e l’arrivo di immigrati da sud. Kelly dice di votare sempre leggi che possano migliorare la vita dei cittadini del suo stato; sul suo sito ufficiale la prima promessa elettorale che vediamo è: “Abbasseremo i costi per le famiglie dell’Arizona”. Grazie anche al suo posizionamento moderato, Kelly è dato per vincente secondo i sondaggi, con un 45,5 per cento contro il 41,6 di Masters. Con l’inflazione e l’aumento della benzina, venissero imputate a Biden, i candidati democratici tendono a prendere le distanze dalla Casa Bianca. 

 

“L’Ohio è l’ultima linea di difesa”, ha twittato Ryan. Ohio e Arizona sono i terreni di sfida che più preoccupano il Partito democratico, perché il rischio che il Senato passi ai repubblicani non è basso, e vorrebbe dire addio riforme per i prossimi due anni. È per questo che Ryan e Kelly cercano di corteggiare l’elettorato repubblicano non trumpiano e non thiellano, senza alienarsi i liberal.

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