Foto di Gerald Herbert, via LaPresse 

l'erede

Kate Middleton, l'infaticabile impresaria di se stessa

Ester Viola

Autocontrollo e sorriso. La formula del successo della nostra signora candeggiata d’Inghilterra: è spietatatamente infallibile, e, per questo, è adatta  

Va bene, Carlo non è un fesso, ha humour, piace alla gente che piace, ma resta un interim, l’erede è quell’altra. Catherine, Kate. Nostra signora candeggiata d’Inghilterra. Avrà un ritratto di Dorian Gray che s’incazza e s’annoia al posto suo. 

 

Secca come una ballerina e vestita sempre alla Lucia Mondella, pudica come garbava a sua maestà buonanima, non ha manco mai cambiato pettinatura. Una tagliata ai capelli? Macché. Qualche arrembaggio biondino, un poco di botox, ma poca roba. Segno di grande stabilità. Noi infatti sappiamo solo che la dobbiamo ammirare perché la vita della carta da parati è dura.

 

Kate Middleton è un po’ come Chiara Ferragni e anche come Giorgia-fidanzata-del-Maneskin, inutile provare a distillare veleno o fare la pettegola di qualità. Queste son ragazze che devi almeno formalmente apprezzare in segno di appartenenza al nuovo mondo, alzare i te deum allo spirito d’imprenditoria. È nuova economia pure Kate. Mica come la principessa di burro, Diana, che non sapeva fare due più due, quando si trattava di badare all’utile.

 

Figli e autocontrollo. Ecco Kate. Ricorda certe amiche di provincia. Le Jack Frusciante che a sedici anni uscivano dal gruppo per mettersi col figlio dei ricchi del paese accanto. Il Brambilla con l’aziendina che va come un treno. Solitamente il ragazzo è un burino, o un cretino, o entrambe le cose. Più ragano che Adone.
Noialtre di terza liceo, dedicatissime invece all’arte di innamorarci di cuore e di schianto, le guardavamo con pietà. Ma con chi ti sei messa, ma se alle medie ti faceva schifo.

 

Continuavamo a collezionare lutti, e loro a stare col più burino, il più cretino. Perché è ricco. Ecco come riuscivamo a spiegarcelo. E ipso facto, chissà perché, ci faceva pena. Lei della nostra pena se ne fregava e ci restituiva gli sguardi di pietà già a venticinque anni, col suo trilogy sull’anulare, in attesa di immolarsi giovanissima all’altare. Il tempo di prendere una laurea che non avrebbe mai usato.
Ma non era invano, tutto quel sacrificio di devozione: il suocero le stava costruendo la villetta con piscina a Cervinara. L’amore, che attrezzo da fessi. A ventotto anni s’è sposata, a trentaquattro ha fatto il terzo figlio. 

 

Allorché tradita, la principessa di provincia non ha fatto una piega. Perfino quando cornuta, le corna non la riguardavano. 
Questa non è una favoletta morale e non serve trarre conclusioni sull’umana natura, come siamo e dove andiamo. Succede. Esistono vite non romantiche, non fragili. 
Kate era una probabilmente tagliata per riuscire e con una madre che era peggio di lei. Niente di grande si fa senza pianificazione: Mamma Carole – il nostro Churchill della storia – scelse per la figlia Storia dell’arte, St. Andrews University, la stessa di William. Tentò la lotteria, come tante altre brave signore, all’epoca. 

 

Ma Carole di più, lo faceva meglio. Kate è cresciuta col mental coach, sentite: “Carole è al suo fianco quando lei e Will si lasciano, nel 2007; comprende la frustrazione della figlia, stanca di aspettare un’investitura ufficiale da fidanzata, ma le chiede di provare a capire anche le ragioni di lui, stressato da un doppio pressing – suo e della stampa – perché si impegni con un anello. In quei giorni anche Pippa soffre per le sue pene d’amore, e la risoluta Carole non si dà per vinta: esaurita la fase ‘lacrime a pioggia sul divano’ rimette in piedi le sue ragazze e le spinge a imbellettarsi e a uscire. Alla sua Kate, consiglia di lasciar respirare William: ‘Tornerà’, le dice. ‘Tu divertiti, goditi la vita’.

 

Così, lei e Pippa fanno le valigie e si stabiliscono permanentemente nel pied-à-terre che papà Michael ha comprato per loro a Chelsea per due milioni di sterline, un bilocale con pareti a stucco, perché non manchino nemmeno un’occasione mondana. Escono tutte le sere, per farsi vedere nei locali più esclusivi di Londra, tiratissime e sempre bene accompagnate, eppure accorte nell’obbedire alle raccomandazioni di Carole, che alla figlia maggiore suggerisce cautela: ‘Fatti vedere e lasciati desiderare, ma senza comprometterti: perché farsi cogliere dai paparazzi tra le braccia di un ragazzo diverso da Will significherebbe dirgli addio per sempre’”, scrive Eva Grippa in “Kate” (DeAgostini).

 

Non tutte le mamme se ne fregano degli amori delle figlie.  Altro che leggere Barthes e Nick Hornby per medicarsi come facevamo noi. Altro che arrendersi e sospirare come sembrava normale. 
Kate tirò fuori il suo asso migliore: obbedire e resistere. Trascorse settimane a farsi fotografare nelle discoteche preferite di William. Manipolò la stampa a suo vantaggio: a Diana servirono quindici anni per imparare. 

 

Si fa gran fatica, a scrivere di Kate. L’unico tentativo di critica che si ricordi è un articolo su Tatler, prontamente denunciato dai Windsor, che fu una bella puntura di zanzara per Catherine nostra. In sintesi: una infaticabile impresaria di se stessa, una smile machine, più magra di una modella, famiglia arrivista, ambizioni napoleoniche e indecifrabilità.

 

“Per molti versi, è difficile avere una qualche impressione su chi sia la vera duchessa di Cambridge – così determinata com’è a proiettare un’aura di neutralità come parte dell’interpretazione del suo ruolo reale. Quando affronto l’argomento, è la stessa percezione di altri, dagli addetti ai lavori alle figure della società: ‘Proprio non si riesce a capire chi sia’. Racconta un membro del gruppo più giovane dei reali: ‘Ho passato parecchio tempo con Kate ed è impenetrabile. Non c’è niente di lei che possa piacere o non piacere’. Eppure, continua la fonte, è spietatamente infallibile, proprio come tutti i Windsor. È per questo che è adatta. Penso che tenga la testa bassa perché la ricompensa – poter essere regina – è notevole. Pare modellarsi sulla regina e ora parla, anche, come la regina”.

 

E alla fine questi sono i motivi per cui malignare – quello che provo a fare da quaranta righe – è un fallimento, non attacca. Quella neutralità è un verderame, la difende da tutto.
Eccola, Kate, indistinguibile dalla borghesia, dalle mogli perbene del bel mondo, dalla mia amica di Cervinara con la piscina. 
Vince chi finisce il gioco senza esaurimento nervoso. Ogni tanto guardo le foto sempre uguali di Kate, ora principessa del Galles, e mi chiedo: la calma è la virtù dei forti e poi? Di chi altro?

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