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Che ci facciamo con questo wallet? L’utopia crypto in El Salvador è un mezzo fallimento 

Pietro Minto

Il presidente Bukele vuole costruire una cripto-repubblica, ma nemmeno la “Bitcoin Beach” di uno straniero innamorato dell’idea ha convinto i salvadoregni

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E’ passato poco più di un anno dall’approvazione della legge con cui la Repubblica di El Salvador ha reso Bitcoin “valuta corrente senza limiti”, facilitandone l’adozione in qualsiasi tipo di transizione. Il provvedimento è stato voluto da Nayib Bukele, presidente quarantunenne del paese, che ha fatto dell’adozione di Bitcoin una missione politica, specie in un paese in cui il 70 per cento della popolazione non ha un conto in banca.

 

Anche per questo, El Salvador è considerato da buona parte del settore delle criptovalute un importante laboratorio politico. Peccato che la realtà dei fatti non somigli all’utopia promessa da Bukele: secondo una recente analisi del New York Times, il presidente avrebbe infatti “utilizzato Bitcoin come arma per coprire agli occhi del mondo il crescente dispotismo del suo governo”. Secondo El Faro, testata giornalistica investigativa del centro America, “Bukele vuole farci parlare di Bitcoin” per nascondere i suoi scandali, le sue violenze e l’impunità dilagante. Durante la campagna elettorale, l’attuale presidente aveva promesso di combattere la corruzione con slogan populisti contro i maggiori partiti del paese, come: “Ridateci quello che avete rubato” e “Se nessuno ruba ci sono soldi per tutti”.

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Il tono di Bukele è cambiato presto dopo la sua vittoria elettorale, nel 2019: da allora il suo governo è  uscito da un accordo internazionale voluto dall’Organizzazione degli Stati americani per indagare sulla corruzione nel paese (il cosiddetto International Commission against Impunity in El Salvador, o Cicies). L’uscita dal Cicies sembrava destinata a provocare scandalo ma è stata offuscata proprio dalla legge sul Bitcoin, approvata il giorno seguente.

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Un altro cavallo di battaglia elettorale di Bukele era la sicurezza e la lotta alla gang criminali locali. Sempre secondo El Faro, il presidente avrebbe cercato un accordo con Mara Salvatrucha (detto anche MS-13), un’organizzazione transazionale di bande criminali per ridurre le violenze. Una volta fallite le trattative, le gang si sono vendicate col regime, uccidendo 87 persone in due giorni, lo scorso marzo. Nelle ore successive, Bukele ha continuato a twittare su Bitcoin e le magnifiche sorti della sua crypto-repubblica. La nuova Corte costituzionale nominata dal governo ha inoltre aperto la strada a una sua ricandidatura nel 2024, anche se la Carta proibisce la rielezione consecutiva. Insomma, Bukele starebbe costruendo “un classico stato autoritario sotto mentite spoglie tecnologiche”.

 

Nonostante tutto, però, il presidente gode ancora di consensi ottimi e sembra apprezzato ancora di più da molte personalità del settore crypto, che vedono in questa piccola repubblica un esperimento fondamentale per il futuro. Tra queste, il californiano Mike Peterson, ex surfista che nel 2019, mentre si trovava a El Salvador per cavalcare le incredibili onde locali, fu convinto da “un anonimo investitore” a cambiare vita e trasformare il paesino di El Zonte nella prima località al mondo completamente basata su criptovalute: Bitcoin Beach. Fu l’inizio di un esperimento controverso e dagli scarsi risultati, che da allora non ha mai smesso di allargarsi, arrivando a conquistare il paese intero.

Derive autoritarie a parte, le politiche di Bukele in fatto di criptovalute non sembrano convincere i suoi cittadini: secondo alcuni sondaggi, il 71 per cento della popolazione non vedrebbe alcun beneficio diretto dall’adozione di Bitcoin; secondo un altro, solo due salvadoregni su dieci sarebbero a favore della decisione. Il tutto nonostante grandi investimenti governativi come i 200 milioni di dollari spesi per installare circa duecento “bancomat” per la criptovaluta e dotare ogni cittadino di un wallet – un portafoglio digitale per Bitcoin – con 30 dollari inclusi, in “regalo”. 

Ma soprattutto, Bukele sta comprando Bitcoin usando fondi pubblici. Secondo la stima più recente, il governo avrebbe acquistato in tutto 2.301 Bitcoin nell’arco di un anno, un patrimonio che, secondo la rivista Fortune, “oggi vale circa la metà dei 104 milioni di dollari investiti dal paese”. In questi casi, i più zelanti sostenitori delle criptovalute scelgono di seguire il motto “buy the dip”, che impone di comprare nei momenti di maggiore calo, sperando in un nuovo picco. E’ quello che El Salvador ha fatto a inizio maggio, in piena crisi del settore, quando ha acquistato 500 Bitcoin ad “appena” 30.744 dollari ciascuno, con annuncio trionfale del presidente Bukele su Twitter. A due mesi di distanza, l’investimento ha già perso un terzo del valore, ma poco importa: a pagare sono le casse dello stato.
 

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