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L’insospettabile successo della presidenza francese dell’Ue

David Carretta

Macron ha ottenuto buona parte degli obiettivi prefissati e ha pure cambiato idea sull’Ucraina

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Bruxelles. La guerra della Russia contro l’Ucraina, un’elezione presidenziale e un’elezione legislativa a casa non hanno distratto la Francia dalle priorità che si era data per la presidenza del Consiglio dell’Ue. Il semestre si conclude oggi. Domani la campanella delle riunioni dei rappresentanti dei governi passerà alla Repubblica ceca. Se il presidente Emmanuel Macron non è riuscito a convincere i francesi a dargli la maggioranza assoluta all’Assemblea nazionale, con la presidenza francese dell’Ue può rivendicare un bilancio solido, perfino superiore alle aspettative. Al di là dei suoi due grandi discorsi di Macron (al Parlamento europeo a gennaio e alla Conferenza sul futuro dell’Europa a maggio) carichi di retorica e progetti visionari (come la Comunità politica europea), per una presidenza del Consiglio dell’Ue ciò che conta sono i risultati. Fino all’ultimo i membri del governo e i diplomatici francesi hanno macinato accordi su provvedimenti legislativi chiave per la legislatura. L’ultimo ieri alle due del mattino, quando i ministri dell’Energia hanno trovato un’intesa sul pacchetto “Fit for 55” per realizzare gli obiettivi climatici. Estensione del sistema Ets a trasporti e immobili privati, fine dei veicoli con motore a combustione nel 2035 e creazione di un Fondo sociale climatico da 59 miliardi: presentato dalla Commissione meno di un anno fa, “Fit for 55” sembrava un rompicapo impossibile da risolvere, tanto gli interessi divergevano. Anche se l’accordo ora deve essere negoziato con il Parlamento europeo, la Francia è riuscita ad allineare i ventisette.

   

Macron aveva indicato tre obiettivi attorno al tema di un’Europa più sovrana. Sul primo, il controllo delle frontiere dell’Ue, la Francia ha ottenuto la creazione di un Consiglio Schengen e un accordo su una parte del nuovo Patto su migrazione e asilo (compreso un meccanismo di solidarietà con una ridistribuzione minima di migranti). Sul secondo, la politica di difesa europea, il Consiglio ha adottato la “Bussola strategica” e il vertice di Versailles ha rilanciato i progetti industriali comuni. Sul terzo, fare dell’Ue una potenza digitale, sono stati adottati il Digital Markets Act e il Digital Services Act, i due regolamenti destinati a inquadrare il settore (e i colossi americani) per i decenni a venire. In totale ci sono stati 33 accordi con il Parlamento europeo e 55 dentro il Consiglio: strumento di reciprocità negli appalti pubblici, caricatore unico, inquadramento dei crypto-asset, salario minimo, donne nei consigli di amministrazione.

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Non tutto è stato realizzato. Un veto a sorpresa dell’Ungheria all’ultimo Ecofin ha impedito l’adozione della direttiva sulla tassazione minima delle multinazionali. Ovviamente la guerra della Russia contro l’Ucraina ha scandito la presidenza francese. Per mettere in opera sei pacchetti di sanzioni sono state necessarie decine di riunioni degli ambasciatori su 42 testi. Ma in sei mesi Macron è riuscito perfino a cambiare alcune delle sue convinzioni più radicate. Accettando lo status di candidato per l’Ucraina e la complementarietà tra la difesa dell’Ue e la Nato, il presidente è diventato un po’ meno francese e un po’ più europeo.

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