Vladimir Putin (Ansa)

un'altra guerra fredda?

L'Ucraina è solo un ostaggio: l'ossessione del Cremlino è per la minaccia dell'occidente

Franco Debenedetti

Le concessioni che si immagina di dover dare a Putin perché “non perda la faccia”, le proposte per venirgli incontro sono irrilevanti: la Russia continuerà a combattere finché i paesi occiddentali non cambiernno il loro approccio al problema russo

Quando Svezia e Finlandia hanno dichiarato la loro volontà di aderire alla Nato, la Russia non ha protestato né posto veti, né d’altra parte avrebbe potuto farlo. Ha posto solo una condizione, che non venissero depositate testate atomiche in prossimità della lunghissima linea di confine con la Finlandia. Essendo escluso che gli americani, insieme alla bomba, forniscano anche il codice per attivarla, quale minor vantaggio avrebbe la Nato e quale minor rischio correrebbe la Russia se le testate fossero posizionate un centinaio di chilometri più a ovest? Più distante vuol dire più tempo per raggiungere il bersaglio, quindi maggiore possibilità di intercettare il vettore, e di abbatterlo in volo. Ma con i missili supersonici, che i russi vantano e gli americani o già hanno o presto avranno, il maggior tempo che impiegherebbe un missile che partisse cento chilometri più lontano sarebbe di pochi secondi: non ridurrebbe in modo significativo la capacità offensiva della Nato né quella difensiva della Russia.

Qualcosa di simile può dirsi per la guerra: davvero l’Ucraina, per  le azioni che avrebbe compiuto,  per le organizzazioni militari naziste che starebbe ospitando, per la lingua che parla, rappresenta il pericolo che la Russia con “l’operazione speciale” mira a neutralizzare? Se in Finlandia Putin si pone l’obbiettivo di fare arretrare il deposito di bombe, qual è l’obbiettivo che si pone in Ucraina? Se, come sempre, la guerra ha termine con un negoziato, è di fondamentale importanza saperlo prima di sedersi al tavolo. 

 

Da un punto di vista geopolitico, scrive Paul Berman su Foreign Affairs, “la Russia considera che sta combattendo una guerra contro l’occidente su suolo ucraino. Per il  Cremlino,  l’Ucraina è un’arma antirussa nelle mani dell’occidente: distruggerla non equivale alla vittoria della Russia nel gioco geopolitico. Per Putin, la guerra non è tra la Russia e l’Ucraina, e la leadership ucraina non è un attore indipendente, ma uno strumento dell’occidente che deve essere neutralizzato”. 

 

Questo significa che le concessioni che si immagina di dover dare a Putin perché “non perda la faccia”, le proposte per venirgli  incontro in quelli che si credono essere stati i pretesti della sua invasione, sono irrilevanti: Putin continuerà a combattere finché l’occidente non cambierà il suo approccio al problema russo. La vera radice dell’aggressione, è l’ossessione di Putin per la cosiddetta minaccia dell’occidente, la scarsa attenzione, anzi la trentennale indifferenza di Washington per le esigenze geopolitiche della Russia: che non vuole avere un paese liberaldemocratico ai suoi confini, proprio là dove  è nato il popolo slavo, che per Putin è come dire il popolo russo. A dire esplicitamente cosa pensa degli occidentali è stato, pochi giorni fa, chi lo ha preceduto nella carica, Medvedev: “Io li odio”, ha detto, “finché sono vivo, farò di tutto per farli sparire”. Espressioni che non ho sentito in bocca neppure agli anticomunisti più viscerali, nei tempi di maggiore tensione: questi, anzi, eran pronti a rendergli il compito più facile: “better dead than red”.

 

Se per le testate nucleari basta che indietreggino di 100 km, per la democrazia bisogna interporre un intero paese. E il livello dello scontro aumenterà finché l’occidente non avrà aperto un dialogo con la Russia nei termini che vuole: l’Ucraina è solo un ostaggio. Un accordo tra la Russia e l’Ucraina è solo possibile all’interno di un generale accordo tra la Russia e l’occidente. Oppure dopo la caduta del regime di Putin. La guerra? Può durare anni: non sarà la terza guerra mondiale, purtroppo è la seconda guerra fredda.
 

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